Cei, Sanità: “Il suo primo compito è curare, non anticipare la morte”
"La legge sulle cure palliative non ha trovato ancora completa attuazione - ricorda la Presidenza Cei -. Queste devono essere garantite a tutti, in modo efficace e uniforme in ogni Regione, perché rappresentano un modo concreto per alleviare la sofferenza e per assicurare dignità fino alla fine, oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo"

In una riunione che si è svolta ieri a Roma, la Presidenza della Conferenza episcopale italiana è tornata ad esprimere le proprie preoccupazioni in seguito alle ultime iniziative legislative sul tema del fine vita: «Sulla vita – ammoniscono i vescovi italiani in una nota – non ci possono essere polarizzazioni o giochi al ribasso. Esprimiamo preoccupazione per recenti iniziative regionali sul tema del fine vita. Da ultimo, l’approvazione nei giorni scorsi della legge sul suicidio medicalmente assistito da parte del Consiglio regionale della Toscana».
La Cei – facendo riferimento ad alcuni pronunciamenti delle Conferenze episcopali del Triveneto, dell’Emila-Romagna, della Toscana e della Puglia – ha poi ricordato che «il primo compito della comunità civile e del sistema sanitario è assistere e curare, non anticipare la morte» e che «procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica».
I presuli invitano, inoltre, a non fare «di questo tema una questione di “schieramento”, ma un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana», auspicando «un ampio confronto parlamentare che rappresenti il Paese e le reali necessità dei suoi cittadini, scevro da logiche di parte e possibili strumentalizzazioni».
Quindi la Presidenza della Cei ha rimarcato che «la legge sulle cure palliative non ha trovato ancora completa attuazione» e che queste «devono essere garantite a tutti, in modo efficace e uniforme in ogni Regione, perché rappresentano un modo concreto per alleviare la sofferenza e per assicurare dignità fino alla fine, oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo».
Rispondi