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Chiesa sinodale: “È una Chiesa in ascolto. Serve il ministero dell’ascolto”

"Senza cambiamenti concreti – avverte il documento -, la visione di una Chiesa sinodale non sarà credibile e questo allontanerà quei membri del popolo di Dio che dal cammino sinodale hanno tratto forza e speranza. Questo vale in modo ancora più speciale per quanto riguarda l’effettiva partecipazione delle donne ai processi di elaborazione e alla presa di decisioni"

Lo ha affermato l’Instrumentum laboris della seconda sessione dei lavori sinodali, presentato ieri

I lavori della precedente sessione del Sinodo - Foto: Vatican media/Sir

È stato pubblicato ieri l’Instrumentum laboris per la seconda sessione del Sinodo dei vescovi, che si terrà dal 2 al 27 ottobre 2024: «Come l’identità di popolo di Dio sinodale in missione può prendere forma concreta nelle relazioni, percorsi e luoghi nel cui intreccio si svolge la vita della Chiesa?». È questa la domanda di fondo a cui intende rispondere il documento in vista della seconda sessione del Sinodo dei vescovi. “Andare oltre” la prima sessione, che si è svolta un anno fa, per rispondere alla domanda su “come essere Chiesa sinodale in missione”, è lo scopo del documento: «Su altre questioni emerse durante il cammino – si legge nel documento – il lavoro sta proseguendo con altre modalità, a livello delle Chiese locali così come nei dieci Gruppi di studio. Le due sessioni non possono essere separate, né tantomeno opposte: sono in continuità, e soprattutto fanno parte di un processo più ampio che, sulla base di quanto indicato dalla Costituzione apostolica Episcopalis communio, non terminerà alla fine di ottobre».

L’Instrumentum laboris inizia con una sezione dedicata ai Fondamenti della comprensione della sinodalità, che ripropone la consapevolezza maturata lungo il percorso definita dalla prima sessione. Seguono poi tre parti “strettamente intrecciate, che illuminano da prospettive diverse la vita sinodale missionaria della Chiesa”: la prospettiva delle relazioni – con il Signore, tra i fratelli e le sorelle e tra le Chieseche sostengono la vitalità della Chiesa ben più radicalmente delle sue strutture; la prospettiva dei percorsi che sorreggono e alimentano nella concretezza il dinamismo delle relazioni; la prospettiva dei luoghi che, «contro la tentazione di un universalismo astratto – precisa il documento -, parlano della concretezza dei contesti in cui si incarnano le relazioni, con la loro varietà, pluralità e interconnessione, e con il loro radicamento nel fondamento sorgivo della professione di fede».

Ognuna di queste sezioni sarà oggetto della preghiera, dello scambio e del discernimento in uno dei moduli che scandiranno i lavori della seconda sessione, in cui ciascuno sarà invitato a «offrire il proprio contributo come un dono per gli altri e non come una certezza assoluta», in un percorso che i membri dell’Assemblea sono chiamati a scrivere insieme. Sulla base di queste premesse, sarà scritto un Documento finale riferito a tutto il processo finora compiuto, che offrirà a Papa Francesco «orientamenti sui passi da compiere e sulle modalità concrete per farlo». Uno dei temi spiccati nella prima sessione del Sinodo dei vescovi, ripreso dall’Instrumentum laboris anche per la seconda sessione è quello del protagonismo delle donne: «Dare un riconoscimento più pieno ai carismi – si legge -, alla vocazione e al ruolo delle donne in tutti gli ambiti della vita della Chiesa, come passo indispensabile per promuovere questa reciprocità relazionale. Il tema – precisa lo scritto – non sarà oggetto dei lavori della seconda sessione, perché è bene che prosegua la riflessione teologica, con tempi e modalità adeguati».

Alla maturazione di questo percorso, contribuiranno i risultati del Gruppo di studio n° 5, il quale «prenderà in considerazione i risultati delle due Commissioni che si sono occupate della questione in passato – precisa il documento -. Il primo cambiamento da operare è quello della mentalità. Una conversione a una visione di relazionalità, interdipendenza e reciprocità tra donne e uomini, che sono sorelle e fratelli in Cristo, in vista della comune missione. I contributi delle Conferenze episcopali riconoscono che sono numerosi gli ambiti della vita della Chiesa aperti alla partecipazione delle donne, ma notano anche che queste possibilità di partecipazione rimangono spesso inutilizzate. Per questo suggeriscono che la Seconda Sessione ne promuova la consapevolezza e ne incoraggi l’ulteriore sviluppo nell’ambito delle parrocchie, delle diocesi e delle altre realtà ecclesiali, compresi gli incarichi di responsabilità. Chiedono inoltre di esplorare ulteriori forme ministeriali e pastorali, che dare migliore espressione ai carismi che lo Spirito effonde sulle donne in risposta alle esigenze pastorali del nostro tempo».

Tra le proposte, «la promozione di spazi di dialogo nella Chiesa; una più ampia partecipazione delle donne nei processi di discernimento ecclesiale e a tutte le fasi dei processi decisionali; un più ampio accesso a posizioni di responsabilità nelle diocesi e nelle istituzioni ecclesiastiche; un maggiore riconoscimento e un più deciso sostegno alla vita e ai carismi delle consacrate e il loro impiego in posizioni di responsabilità; l’accesso delle donne a posizioni di responsabilità nei seminari, negli Istituti e nelle Facoltà teologiche; l’aumento del numero delle donne che svolgono il ruolo di giudice nei processi canonici».

Parlando poi di carismi e ministeri, nell’Instrumentum laboris si legge che essi sono espressione di una «corresponsabilità differenziata di tutti per la missione. I carismi sono spesso condivisi e danno origine alle diverse forme della vita consacrata e al pluralismo delle aggregazioni ecclesiali. La fecondità dei carismi, come quella dei ministeri, dipende dall’azione di Dio, dalla vocazione che egli rivolge a ciascuno, dalla generosa e sapiente accoglienza dei battezzati, e dal riconoscimento e accompagnamento da parte dell’autorità. In nessun modo possono quindi essere interpretati come proprietà di coloro che li ricevono e li esercitano, né destinati a loro esclusivo vantaggio. Nella Chiesa esiste una varietà di ministeri che possono essere esercitati da qualsiasi battezzato, uomo o donna. Si tratta di servizi non occasionali, riconosciuti dalla comunità e da chi ha il compito di guidarla, che possono essere chiamati ministeri battesimali, per distinguerli dai ministeri ordinati, radicati nel sacramento dell’Ordine. Ci sono, ad esempio, uomini e donne che esercitano il ministero del coordinamento di una piccola comunità ecclesiale, il ministero di guida di momenti di preghiera in occasione dei funerali o altro, il ministero straordinario della comunione, o altri servizi, non necessariamente di carattere liturgico».

Gli ordinamenti canonici latino e orientale, tra l’altro, già prevedono che, in alcuni casi, anche fedeli laici, uomini o donne, possano essere ministri straordinari del battesimo o, nell’ordinamento latino, possono assumere il compito di assistere ai matrimoni: «È utile continuare a riflettere su come affidare questi ministeri ai laici in forma più stabile», sostiene il testo che suggerisce anche di accompagnare questa riflessione con quella «sulla promozione di forme più numerose di ministerialità laicale, anche al di fuori dell’ambito liturgico». Di alcune questioni teologiche e canonistiche relative a particolari forme di ministerialità ecclesiale, soprattutto la questione della necessaria partecipazione delle donne alla vita e alla guida della Chiesa, è stato affidato l’approfondimento al Dicastero per la Dottrina della Fede, in dialogo con la Segreteria generale del Sinodo (Gruppo di studio n° 5).

L’Instrumentum laboris ha poi ribadito quello che è il principio base alla guida di tutto il percorso di riflessione: «Una Chiesa sinodale è una Chiesa che ascolta – rilancia il documento -, capace di accogliere e accompagnare, di essere percepita come casa e famiglia. Si tratta di un bisogno che emerge in tutti i continenti e riguarda persone che, per ragioni diverse, sono o si sentono escluse o ai margini della comunità ecclesiale, o faticano a trovare al suo interno un pieno riconoscimento della loro dignità e dei loro doni. Questa mancanza di accoglienza le respinge, ostacola il loro cammino di fede e di incontro con il Signore, e priva la Chiesa del loro contributo alla missione». Da qui la proposta: «Dar vita a un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento riconosciuto ed eventualmente istituito – si legge -, che renda concretamente sperimentabile un tratto così caratteristico di una Chiesa sinodale. Serve una porta aperta della comunità, attraverso cui le persone possano entrare senza sentirsi minacciate o giudicate. Le forme dell’esercizio di questo ministero dovranno essere adattate alle circostanze locali, in base alla diversità di esperienze, strutture, contesti sociali e risorse disponibili, mediante uno spazio di discernimento da articolare a livello locale, anche con il coinvolgimento delle Conferenze episcopali nazionali o continentali».

Ma l’Instrumentum laboris non ha tralasciato neanche le figure del diacono, del presbitero e del vescovo dalla sua analisi: «Favorire una rinnovata visione del ministero ordinato – propone il documento -, passando da un modo piramidale di esercitare l’autorità a un modo sinodale». Dunque, per la seconda sessione dei lavori del Sinodo dei vescovi, tra le altre cose, si auspica «una riallocazione dei compiti il cui svolgimento non richiede il sacramento dell’Ordine, in quanto una più articolata ripartizione delle responsabilità potrà indubbiamente favorire anche processi decisionali improntati a uno stile più chiaramente sinodale». Questo perché dal processo sinodale, «sono emersi – denota il documento – dati contrastanti riguardo all’esercizio del ministero ordinato all’interno del popolo di Dio. Da un lato è sottolineata la gioia, l’impegno e la dedizione dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nello svolgere il proprio servizio; dall’altro essi hanno manifestato una certa fatica, legata soprattutto a un senso di isolamento, di solitudine, di essere tagliati fuori da relazioni sane e sostenibili, e di essere sopraffatti dalla richiesta di fornire risposte a ogni necessità. Può essere uno degli effetti tossici del clericalismo».

Per questo nasce la necessità di una «conversione verso un nuovo modo di pensare e organizzare l’azione pastorale, che tenga conto della partecipazione di tutti i battezzati, uomini e donne, alla missione della Chiesa, puntando in particolare a far emergere, riconoscere e animare i diversi carismi e ministeri battesimali». Un altro tema importante, toccato dal documento e tra i più discussi durante la prima parte dei lavori sinodali, è quello della formazione: «Dare priorità alla predisposizione di percorsi formativi coerenti – si legge nel testo -, con particolare attenzione alla formazione permanente per tutti. La prima necessità è di una più approfondita formazione alla conoscenza del modo in cui lo Spirito agisce nella Chiesa e la guida nella storia. Non c’è missione senza contesto, non c’è Chiesa senza radicamento in un luogo preciso, con le sue specificità culturali e le sue contingenze storiche. Per questo non è possibile predisporre piani formativi in astratto, ma tenendo conto dei contesti, delle culture e delle tradizioni dei diversi luoghi».

Tra i metodi più apprezzati è stato indicato quello della conversazione nello Spirito, che ha contraddistinto i lavori sinodali. Molte Chiese, tra l’altro, segnalano di «sentirsi impreparate» all’ascolto delle persone «che sperimentano vari tipi di povertà ed emarginazione», chiedendo una formazione specifica a riguardo, di cui si occuperà il Gruppo di studio numero 2: «In una Chiesa sinodale – raccomanda l’Instrumentum laboris – la formazione deve essere integrale. Non punta infatti solo all’acquisizione di nozioni o di competenze, ma a promuovere la capacità di incontro, di condivisione e cooperazione, di discernimento in comune. Deve perciò interpellare tutte le dimensioni della persona: intellettuale, affettiva e spirituale. Non può essere una formazione unicamente teorica, ma comprende esperienze concrete opportunamente accompagnate».

Allo stesso modo, è importante favorire una conoscenza delle culture in cui le Chiese vivono e operano, «compresa la cultura digitale, oggi così pervasiva, soprattutto in ambito giovanile». Alla cultura digitale e alla promozione di una formazione adeguata in questo campo verrà rivolto il lavoro del Gruppo di studio n° 3, mentre della formazione dei candidati al sacerdozio si occuperà il Gruppo di studio n° 4. Una richiesta proveniente da tutti i continenti è stata poi quella di curare la formazione alla predicazione. Quindi l’Instrumentum laboris ha rivolto un monito: «Senza cambiamenti concreti – avverte il documento -, la visione di una Chiesa sinodale non sarà credibile e questo allontanerà quei membri del popolo di Dio che dal cammino sinodale hanno tratto forza e speranza. Questo vale in modo ancora più speciale per quanto riguarda l’effettiva partecipazione delle donne ai processi di elaborazione e alla presa di decisioni, come richiesto in molti dei contributi ricevuti dalle Conferenze episcopali».

Nel documento viene trattato anche il tema dell’esercizio dell’autorità, che nella Chiesa: «Non consiste nella imposizione di una volontà arbitraria – precisa il testo -. In una Chiesa sinodale, la competenza decisionale del vescovo, del Collegio episcopale e del Romano Pontefice è inalienabile, in quanto radicata nella struttura gerarchica della Chiesa stabilita da Cristo. Tuttavia, non è incondizionata: un orientamento che emerga nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione della Chiesa locale, non può essere ignorato». L’obiettivo del discernimento ecclesiale sinodale, non è infatti «far obbedire i vescovi alla voce del popolo – precisa il documento -, subordinando i primi al secondo, né offrire ai vescovi un espediente per rendere accettabili decisioni già prese, ma condurre a una decisione condivisa in obbedienza allo Spirito Santo». Quindi non dev’esserci una contrapposizione tra consultazione e deliberazione: «Nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti – sottolinea l’Instrumentum laboris -, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio». Per questo la formula di “voto solamente consultivo” sminuisce il valore della consultazione e va corretta.

E il documento parla anche di buona amministrazione: «Una Chiesa sinodale – sottolinea il documento – ha bisogno di cultura e pratica della trasparenza e del rendiconto (accountability), che sono indispensabili per promuovere la fiducia reciproca necessaria per camminare insieme ed esercitare la corresponsabilità per la comune missione. Nel nostro tempo, la richiesta di trasparenza e rendiconto nella Chiesa e da parte della Chiesa si è imposta a seguito della perdita di credibilità dovuta agli scandali finanziari e soprattutto agli abusi sessuali e di altro genere su minori e persone vulnerabili. La mancanza di trasparenza e di forme di rendiconto alimenta il clericalismo, che si fonda sull’assunto implicito che i ministri ordinati non debbano rendere conto a nessuno dell’esercizio dell’autorità loro conferita. Se la Chiesa sinodale vuole essere accogliente, allora rendiconto e trasparenza devono essere al centro della sua azione a tutti i livelli e non solo al livello dell’autorità. Chi ricopre ruoli di autorità ha una responsabilità maggiore a riguardo. Trasparenza e rendiconto non si limitano all’ambito degli abusi sessuali e finanziari. Devono riguardare anche i piani pastorali, i metodi di evangelizzazione e le modalità con cui la Chiesa rispetta la dignità della persona umana, ad esempio per quanto riguarda le condizioni di lavoro all’interno delle sue istituzioni. In sintesi, la trasparenza deve essere una caratteristica dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa».

Infine, l’Instrumentum laboris ha rimesso in discussione anche quella che è la gestione dei rapporti all’interno della Chiesa: «Rivisitare la dinamica che unisce sinodalità, collegialità e primato – chiede il documento -, perché possa innervare i rapporti tra le istituzioni attraverso cui trova concreta espressione». A tal proposito, il documento ha rilanciato la prospettiva della “salutare decentralizzazione” nell’esercizio del ministero petrino, sollecitata a Papa Francesco e richiesta da molte Conferenza episcopali: «Il vescovo di Roma – si legge nel testo -, in quanto principio visibile di unità della Chiesa tutta, è il garante della sinodalità».

Ma la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium consiglia «di lasciare alla competenza dei pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa». La Praedicate Evangelium ha inoltre inquadrato «in senso sinodale e missionario il servizio che la Curia Romana presta al Vescovo di Roma e al Collegio dei vescovi. Nella logica della trasparenza e del rendiconto, andranno previste forme di valutazione periodica del suo operato, affidate a un organo indipendente», che potrebbe essere il Consiglio dei cardinali o un consiglio di vescovi eletto dal Sinodo. Al ruolo dei rappresentanti pontifici in prospettiva sinodale missionaria e alle modalità di valutazione del loro operato, verrà dedicato il Gruppo di studio n° 8. La questione del primato petrino può essere affrontata anche sul piano ecumenico, affinché possa aprirsi «a una situazione nuova che porti a immaginare pratiche sinodali autenticamente ecumeniche, fino a forme di consultazione e discernimento su questioni di interesse condiviso e urgente».

About Davide De Amicis (4486 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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