“Nella malattia si realizza la vocazione del malato e di chi lo assiste”

«Così come per un malato la malattia è una condizione per realizzare la propria vocazione, così lo è anche per chi è al servizio delle persone malate. La condizione della malattia, sia per il malato che per chi si relaziona a lui, è una condizione per realizzare un processo di santificazione».
Lo ha affermato mercoledì pomeriggio la dottoressa Claudia Mancini, docente presso l’Istituto superiore di Scienze religiose Toniolo di Pescara, intervenendo mercoledì alle celebrazioni diocesane della ventitreesima Giornata mondiale del malato ospitate nella chiesa pescarese della Beata Vergine Maria del Rosario, gremita da malati nonché da volontari e operatori quotidianamente impegnati nell’assistenza, nel giorno in cui è stata ricordata la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes.
La relatrice, partendo dalla sua stessa condizione di disabilità, ha così offerto la propria testimonianza, diretta e concreta, approfondendo il tema della giornata “Sapientia cordis. «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo»”, scelto da Papa Francesco dal libro di Giobbe per intitolare il suo messaggio ufficiale: «Noi – premette la dottoressa Mancini – dobbiamo imparare a pensare la malattia, ad accettarla e ad agire nella malattia. Spesso, in televisione, le persone che soffrono vengono presentate sempre come figure eroiche, santini, felici della propria condizione a tal punto che non tornerebbero indietro, nel caso in passato non fossero state malate. Cose belle, vere, ma non tutti reagiscono così».
Molti, infatti, vivono momenti di sconforto e in una società che troppo spesso marginalizza i malati, mancando il giusto approccio nei confronti della sofferenza: «Dal punto di vista formativo – propone la docente -, a scuola, in parrocchia, bisognerebbe iniziare a educare i bambini al limite, alla noia, alla solitudine, a perdere. Tutti i bambini sono sempre impegnati, super indaffarati in molteplici attività nelle quali crescono con l’idea che, nella vita, bisogna vincere ed essere migliori fin quando non si confrontano con l’idea che esiste anche la sconfitta, il limite e le difficoltà. E l’intervento nei confronti delle persone con sofferenza, sarà sempre paternalista o un intervento di aiuto nel momento. Invece a questa cosa bisogna prepararsi: la sofferenza fa parte della vita».
Insomma, non basta aiutare una persona nell’esclusivo momento del bisogno: «Bisogna prepararla prima – precisa la Mancini – sia ad aiutare chi è in difficoltà, sia a viverla trovandosi essa stessa in condizione di difficoltà». Del resto, una persona che si trova improvvisamente ad affrontare la malattia, spesso, non riesce a comprendere il senso di ciò che gli è capitato: «Deve trovare – spiega Claudia Macini – la sapienza del cuore, questo atteggiamento diffuso dallo Spirito per cui con la volontà e con il cuore riesce a capire fino in fondo questa situazione».
Ma cos’è e dove trovare la sapienza del cuore?: «Papa Francesco – sottolinea la docente dell’Istituto Toniolo – lo dice chiaramente: per capire cos’è, basta che noi guardiamo a Cristo perché Lui è la sapienza del cuore incarnato». E l’esempio di Cristo, da questo punto di vista, diviene fondamentale essendo stato Christus medicus e Christus patiens: «Cristo – riflette la dottoressa Mancini – ha sofferto in prima persona e, al tempo stesso, è venuto in aiuto alle persone che soffrono. Allora una persona che soffre deve avere un unico modello, un’unica sapienza che è quella di Cristo: immaginare e agire come Cristo ha fatto».
Tra l’altro, la relazione sul tema della Giornata mondiale del malato ha ricevuto un consenso unanime dall’assemblea e del direttore della Pastorale sanitaria dell’arcidiocesi di Pescara-Penne, che ha sottolineato particolarmente il ruolo di chi è chiamato ad accudire i malati: «Se non abbiamo la fede – avverte don Giancarlo Mandelli – e la preghiera, con il tempo diventa una cosa stancante state accanto ai malati. E allora, questa giornata ci aiuta a riprendere a vivere la nostra vocazione, riunendoci nella preghiera affinché ognuno di noi si impegni a stare a fianco di chi soffre e dei malati».
Al termine della relazione, la riflessione ha lasciato il posto alla preghiera con un’adorazione eucaristica ed un rosario che hanno introdotto i partecipanti alla Santa Messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti: «Tornando col pensiero – conclude il presule, nell’omelia – e la nostalgia nella grotta di Massabielle a Lourdes, anche noi siamo chiamati ad onorare la Vergine affidandoci al suo amore e alla sua intercessione, che chiediamo particolarmente per tutti i fratelli che vivono l’esperienza della malattia, della difficoltà fisica e del dolore, sapendo molto bene che tutto può essere messo nel cuore di Dio. Qui trovano posto tutte le realtà umane, soprattutto quelle che vivono con maggiore difficoltà».
Sono felicissima e commossa potere leggere e condividere il cammino di fede che si svolge vicino ad un malato ”Servire Gesù” è bello sapere amare in questo modo chi ha bisogno delle nostre cure. La fede unita alla preghiera costante diviene una grande forza che dà coraggio e serenità, poi ancora meglio se ci affidiamo all’intercessione e all’amore della MAMMA CELESTE che non lascia solo nessuno sopratutto nei momenti più difficili.