“Papa Francesco ci ha mostrato che donarsi è la strada per seguire Gesù”
"Ci ricorda - afferma il cardinale Zuppi - di essere nella gioia, come nel suo ministero ha sempre indicato, e di non tornare ad Emmaus, alla sicurezza senza speranza, per camminare di nuovo insieme, per ritrovare i fratelli, per confermarci a vicenda, raccontando come l’abbiamo riconosciuto, testimoniando, riscostruendo quella fraternità e quella comunione che ci è chiesto di costruire nella società civile"

Affetto, stima e gratitudine. Questi i tre sentimenti dei quali era intrisa l’omelia pronunciata ieri sera dal cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi, nell’ambito della santa messa in suffragio di Papa Francesco da lui presieduta – con la partecipazione della Presidenza, di alcuni vescovi e del personale Cei (200 persone) – presso l’Altare della Cattedra della basilica di San Pietro.
Tutto questo dopo aver compiuto l’atto di devozione alla salma del Pontefice, collocata ai piedi dell’Altare della Confessione: «Ringraziamo per il dono di questo padre e pastore, fratello – esordisce il porporato -, che ha speso fino alla fine la sua vita, con tanta libertà evangelica, senza supponenza, scegliendo la semplicità e ricordando che questa è, nella tradizione francescana, sorella germana della povertà, il quale non approvava ogni tipo di semplicità, ma quella soltanto che, contenta del suo Dio, disprezza tutto il resto. La semplicità che esamina se stessa e non condanna nel suo giudizio nessuno, che non desidera per sé alcuna carica, ma la ritiene dovuta e la attribuisce al migliore. Semplice e normale, ma non per banalità o minimalismo, anzi, al contrario per comunicare ancora di più la grandezza di Dio, la gloria dell’umile che libera dalla tentazione di quella vuota dei farisei o dell’arrogante».
In seguito, il cardinale Zuppi non ha mancato di rifare alcuni riferimenti alla Parola di Dio, citandone un versetto “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do”: «È questa – sottolinea il presidente della Cei – l’unica forza che permette alla Chiesa di ridare speranza a chi l’ha persa. Siamo noi i due discepoli di Emmaus, stolti e tardi di cuore. Lo siamo nel comprendere come solo vivendo le sofferenze possiamo entrare nella sua gloria. È questo – con la sua vita, le sue parole, la sua testimonianza ancora più evidente quando risaltava la forza nella fragilità del corpo – che ci ha trasmesso Papa Francesco. Ha indicato la gioia e non la tristezza, ha messo al centro le parole di Gesù, il kerigma, liberando da tante glosse, personali e ecclesiastiche, che lo rendevano inefficace, tanto da non parlare più al cuore, quasi da pensare di non avere niente da dire a chi, invece, cercava proprio le parole di vita eterna che solo lui ha vere».
Un messaggio, quello del Santo Padre tornato alla casa del Padre, più vivo che mai: «Oggi – sottolinea il cardinale Matteo Zuppi – sentiamo Papa Francesco che si affianca, come ha fatto in maniera instancabile in questi anni del suo ministero, ai credenti spenti di entusiasmo e dalla paura. Ci ha fatto vedere, anche fino alla fine, come seguire la strada di Gesù è donarsi. E ci ricorda di essere nella gioia, come nel suo ministero ha sempre indicato, e di non tornare ad Emmaus, alla sicurezza senza speranza, per camminare di nuovo insieme, per ritrovare i fratelli, per confermarci a vicenda, raccontando come l’abbiamo riconosciuto, testimoniando, riscostruendo quella fraternità e quella comunione che ci è chiesto di costruire nella società civile».
Al termine dell’omelia, il presidente dei vescovi italiani ha citato una frase del “grande discorso” pronunciato da Papa Francesco al Convegno di Firenze della Chiesa italiana: «In cui – conclude il porporato – ci ha chiesto di essere “una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”. Sognate anche voi questa Chiesa».
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