Detenuti: “Sono degni di essere accompagnati, ascoltati e amati!”
"Ecco che cosa noi sperimentiamo questa sera - afferma l'arcivescovo Valentinetti -, la divina presenza in un linguaggio semplice e umanamente comprensibile, ma che si riempie di una logica divina. Il pane non è più pane, il vino non è più vino, ma è corpo e sangue di Cristo. Pane spezzato, vino versato, perché quello stesso corpo sulla croce diventa corpo spezzato e sangue versato per amore dell'umanità. E allora contempliamo il mistero, continuiamo a contemplare questo "squadernarsi" del mistero di Dio che vive in mezzo a noi"

Ieri sera è stata, come ogni anno, particolarmente significativa, toccante e suggestiva la Messa in Coena Domini presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti – nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara – il quale ha tra l’altro ripetuto il rito della lavanda dei piedi su 12 detenuti della Casa circondariale pescarese di San Donato.
Una celebrazione eucaristica, concelebrata dai sacerdoti del Capitolo metropolitano e animata dal Coro liturgico diocesano diretto da Roberta Fioravanti, che ha avuto inizio con un richiamo alla messa crismale del mercoledì santo: «Carissimi fratelli, carissime sorelle – esordisce il presule -, abbiamo accolto solennemente gli olii santi, il sacro Crisma consacrato ieri sera e l’olio dei catecumeni e degli infermi solennemente, perché siano – da oggi in poi – a servizio di questa comunità parrocchiale per i sacramenti. È la Chiesa diocesana che si prolunga simbolicamente nelle chiese particolari e comunità parrocchiali. Ma questa sera è il Giovedì Santo, memoria dell’istituzione dell’Eucarestia e memoria della lavanda dei piedi di Gesù ai suoi discepoli. Dobbiamo identificarci in queste due dimensioni della fede che Gesù ci dona».

Due dimensioni della fede, approfondite dall’arcivescovo Valentinetti nell’omelia: «Non so se mai vi siete chiesti – osserva l’arcivescovo di Pescara-Penne, rivolgendosi ai tanti fedeli presenti – perché il Padre Dio, ha mandato suo figlio nel mondo, il Verbo fatto carne. Qual è il motivo più recondito, il motivo più vero? Dio avrebbe potuto salvare l’umanità con un semplice soffio della sua bocca, ma non ha scelto questa modalità per parlare all’umanità e per salvare l’umanità. Per farlo ha scelto la modalità di mandare la seconda persona della Santissima Trinità, il Verbo di Dio, perché si facesse carne, perché parlasse lo stesso linguaggio degli uomini, perché avesse le stesse usanze degli uomini, perché si immergesse totalmente dentro una dimensione umana per far capire chi era veramente Dio. Un linguaggio umano per mostrare Dio in pienezza. E i due eventi che questa sera stiamo celebrando, sono l’ultima propaggine di questo volersi manifestare di Dio in Cristo Gesù. Scoprire il Divino. Tanti filosofi ci hanno provato, tanti pensatori, ma nell’infinita sapienza di Dio stesso, ecco la presenza del suo Figlio nel mondo attraverso il mistero del pane e del vino, che non sono più pane e vino, ma sono corpo e sangue di Gesù».
Quindi monsignor Valentinetti ha fatto un riferimento alla Parola di Dio: «La seconda lettura, la pagina di San Paolo Apostolo ai Corinzi – sottolinea l’arcivescovo -, ci ha raccontato come è accaduto tutto questo. È una delle più antiche narrazioni dell’istituzione dell’Eucarestia. Ma la bellezza di questa presenza è che Gesù, per farsi comprendere come presenza continua nella storia dell’uomo, usa due elementi semplici ma fondamentali per la vita dell’uomo, il pane e il vino, per rimanere sempre dentro la storia dell’umanità. E lo sarà anche per noi questa sera. E lo è sempre, tutte le volte che celebriamo i divini misteri. Dunque, ecco che cosa noi sperimentiamo questa sera, la divina presenza in un linguaggio semplice e umanamente comprensibile, ma che si riempie di una logica divina. Il pane non è più pane, il vino non è più vino, ma è corpo e sangue di Cristo. Pane spezzato, vino versato, perché quello stesso corpo sulla croce diventa corpo spezzato e sangue versato per amore dell’umanità. E allora contempliamo il mistero, continuiamo a contemplare questo “squadernarsi” del mistero di Dio che vive in mezzo a noi».

Ma oltre al mistero eucaristico, c’è anche un secondo elemento altrettanto fondamentale: «Anche questo di una semplicità enorme – precisa monsignor Tommaso Valentinetti -. Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli. La conseguenza immediata dell’amore eucaristico è l’amore fra i fratelli. Ma questo è un’altra cosa. Questo era il gesto del servo che lavava i piedi all’ospite quando arrivava per il banchetto. Gesù si fa servo, si fa servo fino alla fine. Uso una parola ebraica molto cara ai rabbini. Sia nel caso dell’Eucaristia, sia nel caso della lavanda dei piedi, Gesù fa “Tzimtzum”. Dio quando ha creato ha fatto “Tzimtzum”, cioè si è ritirato. Gesù si ritira dal suo essere Dio e costringe bonariamente a lavare i piedi ai discepoli, chiedendo loro che siano capaci di lavarsi i piedi gli uni gli altri. Segmento stupendo che dovrebbe far vivere sempre la Chiesa in un unico servizio».
Quindi la spiegazione del momento più simbolico ed evocativo, quello della lavanda dei piedi compiuta su 12 detenuti del Carcere di San Donato, accompagnati dalla loro inseparabile animatrice suor Livia Ciaramella: «Sono 12 fratelli che vivono vicino a noi, ma un po’ segregati da noi – ricorda il presule -. Sono 12 fratelli che vivono un’esperienza umana particolarissima. E noi vogliamo accostarci a loro con rispetto e con amore, non per giustificare se portano con sé delle colpe passate, ma per far capire che le colpe sono passate, che il bene è davanti a noi, è sempre davanti a noi. E che noi siamo disposti a guardare più nel loro cuore che alle loro azioni. Siamo disposti a guardare a quella realtà umana che forse, chissà perché, li ha condotti a fare qualche errore, ma che adesso nella speranza giubilare deve tornare a rivivere».
Infine l’auspicio dell’arcivescovo Valentinetti: «Che il Signore – conclude l’alto prelato -, il Papa ce lo raccomanda tantissimo, ci dia la grazia di considerare sempre che chi vive questa situazione vive è degno di essere accompagnato, è degno di essere ascoltato, è degno di essere amato. Che il Signore ci conceda queste grazie e ci conceda soprattutto di essere fratelli gli uni con gli altri. Amen».

La celebrazione eucatistica, come da liturgia, si è quindi conclusa con l’arcivescovo Valentinetti che, in processione, si è recato nella navata destra della Cattedrale riponendo l’Eucaristia sull’altare della reposizione, in attesa della Pasqua di Risurrezione.
STASERA ALLE 19 LA VIA CRUCIS IN PIAZZA SACRO CUORE E CORSO UMBERTO
Questa sera le celebrazioni del Triduo Pasquale entreranno nel vivo, con la solenne Via Crucis di Pescara che alle 19 – dopo l’Adorazione della croce che monsignor Valentinetti presiederà alle 17 nel Santuario della Divina Misericordia – muoverà dall’antistante piazza Sacro Cuore per concludersi in Corso Umberto rivivendo le 14 stazioni della Passione di Cristo. La Via Crucis verrà trasmessa in diretta dall’emittente radiofonica diocesana Radio Speranza InBlu, sugli 87.60 Fm, in streaming web e in Abruzzo sulle radio Dab.
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