MENU
Ultime notizie

“In Italia fare famiglia è avere casa, ma cresce la povertà abitativa”

Lo ha affermato Francesco Belletti, presidente del Centro internazionale studi famiglia, presentando sabato all’Aurum di Pescara il Rapporto 2024 “Case e città a misura di famiglia”, edito da San Paolo

Mons. Emidio Cipollone, arcivescovo di Lanciano-Ortone e delegato Ceam alla Pastorale familiare e Francesco Belletti, presidente del Centro internazionale studi famiglia

Lo slogan di un vecchio e noto spot pubblicitario recitava “Dove c’è famiglia c’è casa” e in Italia è proprio così, confermando come la qualità di vita di una famiglia sia direttamente correlata alla qualità dell’abitare. Emerge dalla fotografia scattata dal Rapporto 2024 del Centro internazionale studi famiglia, dal tema “Case e città a misura di famiglia”, edito da San Paolo e presentato lo scorso sabato all’Aurum di Pescara grazie all’organizzazione della Conferenza episcopale abruzzese e molisana (Ceam) e della Libreria San Paolo di Pescara diretta da Antonio Di Giosafat. Una presentazione moderata dal responsabile della Pastorale familiare Ceam don Sabatino Fioriti.

IL REPORT: “PER 1.600 FAMIGLIE ITALIANE FARE FAMIGLIA E METTERE SU CASA COINCIDE”

Francesco Belletti, presidente del Centro internazionale studi famiglia

Un’indagine, realizzata in collaborazione con la società Eumetra e il contributo della Fondazione Cariplo, che ha preso in esame un campione di 1.600 famiglie italiane alle quali è stato somministrato un questionario a 360 gradi, con l’obiettivo di valutare aspetti strutturali, giuridici, economici e sociali legali riguardanti l’abitare: «Ci siamo accorti – illustra Francesco Belletti, presidente del Centro internazionale studi famiglia – che fare famiglia e mettere su casa è la stessa cosa. C’è questa sovrapposizione, con la famiglia che è il luogo della protezione, del rifugio, delle relazioni calde. Le persone si sentono protette dall’esperienza della casa».

Ma, allo stesso tempo, sono emerse delle criticità: «Il 20% di intervistati – denota Belletti – negli ultimi 2-3 anni ha faticato a pagare le spese gestionali della casa. Non si parla solo di acquisto, ma di famiglie in vulnerabilità economica. Infatti, in un capitolo del nostro report, anche i dati della Caritas ricordano che il 22% degli utenti dei Centri di ascolto ha una povertà abitativa esplicita, oltre alle altre povertà che portano. Quindi dobbiamo fare i conti con una vulnerabilità della situazione abitativa di un pezzo del Paese». D’altra parte, è qui che spesso intervengono le famiglie d’origine esercitando il loro ruolo di “ammortizzatore sociale”: «Emerge anche una forte sostenibilità economica delle famiglie sulla casa – conferma il presidente del Centro internazionale studi famiglia – e la metà di loro che hanno comprato casa, ci sono riusciti grazie al sostegno economico dei genitori. Quindi la famiglia, rispetto alla casa, fa un’operazione di banca senza interessi, quindi di credito sociale, di solidarietà tra le generazioni. Le generazioni oggi risparmiano, consumano meno, investono nel “mattone” per proteggere la propria vecchiaia, ma soprattutto per trasferire ai propri figli qualcosa che rimanga e che consenta loro un progetto di vita».

Peccato che quest’ultimo venga gravato dal pesante debito pubblico ereditato dalle giovani generazioni: Noi – denuncia Francesco Belletti – spendiamo più di quello che produciamo e scarichiamo quindi sui giovani dei debiti da pagare. Oggi paghiamo 80 miliardi di euro l’anno di interessi sul debito pubblico. Se di questi 80 miliardi 20 fossero stati spesi per un Piano casa, noi avremmo case per tutti i giovani e non avremmo problemi abitativi». Insomma, la casa resta sempre l’investimento più ambito e praticato dalle famiglie italiane, nonostante esso non venga sostenuto adeguatamente dallo Stato: «Sì – afferma Belletti -, è curioso che a livello europeo questa sia una specificità dell’Italia. Nel nostro Paese quasi l’80% delle famiglie ha una casa di proprietà. Non è così negli altri Paesi che, ad esempio, hanno politiche abitative di edilizia pubblica molto più forti e consistenti. In Olanda il 30% delle famiglie vive in abitazioni pubbliche. Ma non è un dato negativo quello dell’Italia. Dice che la famiglia è una spina dorsale del nostro Paese, anche da un punto di vista squisitamente economico, perché la casa – oltre che essere il luogo delle relazioni -, è proprio un bene economico, un vero e proprio capitale su cui le famiglie investono. Quindi bisogna valorizzare questo aspetto».

Eppure ciò non avviene da troppo tempo: «È sorprendente che dal piano “Ina Casa” degli anni ‘50, il cosiddetto “Piano Fanfani, in Italia non ci sia più stato un Piano casa degno di questo nome. Quindi c’è anche un debito di politiche pubbliche sul tema casa. Il nostro rapporto ha svelato, da un lato, quanto sia importante lo spazio abitativo per vivere bene la famiglia, per stare bene con i propri figli, per stare bene tra marito e moglie. Dall’altro, ha spiegato quanto le politiche pubbliche potrebbero migliorare la situazione delle famiglie rispetto alla casa». Da qui l’appello alla Pubblica amministrazione: «C’è il lavoro per tutti – rilancia l’esperto -, perché le Regioni potrebbero fare piani strategici, i Comuni hanno uno grandissimo spazio per l’urbanistica e anche per le politiche abitative. Non si tratta di costruire solo case popolari per i più poveri, ma si tratta di costruire un mercato abitativo calmierato dove, ad esempio, a Milano sotto i 4 mila euro al metro quadro non si scende. Probabilmente in Abruzzo il costo è meno consistente, ma c’è un reale problema. Oppure il piano di risistemare i piccoli centri, per riportare le famiglie ad abitare nelle zone abbandonate del Paese. Intorno al “bene casa”, alle politiche urbanistiche, si potrebbe rifare l’Italia».

L’ARCIVESCOVO CIPOLLONE: “PRIMA ALLA CARITAS SI CHIEDEVA IL PACCO VIVERI, ORA LA CASA. RILANCIARE L’EDILIZIA POPOLARE!”

Mons. Emidio Cipollone, arcivescovco Lanciano-Ortona e delegato Ceam alla Pastorale familiare

Dunque la casa resta un bene fondamentale per le famiglie italiane, le quali in essa – anche nella recente emergenza Covid – hanno riscoperto una “chiesa domestica”. Non a caso a commentare questi dati è stato l’arcivescovo di Lanciano-Ortona, nonché vice presidente della Conferenza episcopale abruzzese e molisana (Ceam) e vescovo delegato Ceam alla Pastorale familiare monsignor Emidio Cipollone: «Nella Scrittura – osserva il presule -, fin dalla prima pagina si parla di casa quando, parlando della creazione, l’autore sacro dice che i cieli erano come una tenda nella quale Dio abitava e sotto la quale ha creato il mondo. Non possiamo dimenticare l’importanza della casa nei Vangeli. Gesù in una casa ha vissuto, nelle case ha evangelizzato e le cose più belle che conosciamo del vangelo le ha fatte tutte dentro le case. Né possiamo dimenticare che i primi passi della Chiesa sono stati fatti dentro le case le cosiddette “case-chiesa”. Quindi, anche dal punto di vista credente oltre che dal punto di vista laico, la casa ha una sua importanza fondamentale. Dobbiamo impegnarci per migliorare la sua qualità e abitabilità, affinché essa sia a misura di uomo, di donna, di bambino, di anziano, di famiglia è davvero un impegno forte e questo rapporto del Centro internazionale studi famiglia, ci aiuta a riflettere in questa dimensione».

D’altra parte le richieste che arrivano alle Caritas da parte degli utenti, vanno sempre di più nella direzione di poter avere un’abitazione: «Prima si chiedeva il pacco – aggiunge monsignor Cipollone -, oggi spesso si chiede un’abitazione o perlomeno qualche notte, qualche sistemazione per passare qualche notte, perché a volte ci sono delle difficoltà molto importanti. Certamente ci dovrebbe essere una sinergia anche con il pubblico, con il sociale, per ridare vigore anche a un’edilizia popolare che è del tutto trascurata in Italia, oltre alla rivalutazione e alla rivalorizzazione di tanti edifici che fanno parte del patrimonio di stati e comuni e che oggi sono praticamente abbandonati, senza doverli abbattere e riedificare, ma migliorandoli affinché si possano rinforzare». A tal proposito, è di questi giorni il boom di richieste che stanno arrivando da tutto il mondo al Comune di Penne (Pescara), che ha deciso di stimolare il ripopolamento delle case disabitate del centro storico mettendole in vendita ad un euro, senza richiedere un deposito cauzionale, ma semplicemente la ristrutturazione dell’immobile entro tre anni dall’acquisto.

L’ARCIVESCOVO VALENTINETTI: “LE FAMIGLIE FATICANO A RITROVARSI A CASA PER I TROPPI IMPEGNI”

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne

Ma se la casa è ritenuta fondamentale dalle famiglie italiane, oggi è anche la vita frenetica a frenarne la vita in termini di qualità: «Questo – spiega monsignor Tommaso Valentinetti – è un tempo in cui la casa è poco frequentata, nel senso che le famiglie – molto spesso a causa di lavoro, impegni scolastici dei figli – fanno fatica a trovarsi nella casa, però è un obiettivo molto importante, ma soprattutto l’obiettivo più importante è che la casa sia appannaggio della famiglia. Cioè che quest’ultima possa possedere una casa, perché questo agevola molto la presenza di tutti dentro la casa, avendo la possibilità di godersela e di gestirsela nella maniera migliore possibile. Perciò il lavoro su questa strada sicuramente è molto impegnativo e importante». E anche nella Chiesa di Pescara-Penne le famiglie meno abbienti, spesso, trovano con difficoltà un’abitazione: «Queste – testimonia l’arcivescovo di Pescara-Penne – molte volte si rivolgono alla Caritas per avere un sostegno e quando il problema più grosso è l’abitazione, perché non hanno più la possibilità di abitare, è difficilissimo trovare dei proprietari che affittano la casa a chi fa un po’ fatica ad avere un reddito normale. Questo è certamente un aspetto molto importante, che meriterebbe uno studio molto attento e forse la revisione di alcune leggi proprio a favore di chi si trova in queste condizioni».

Ma oggi, ancor prima di entrare in casa, la difficoltà è soprattutto costituirla o stabilizzarla una famiglia: «C’è una buona tenuta delle famiglie storiche, specialmente quelle più avanti negli anni – constata monsignor Valentinetti -. Ma, di contro, purtroppo i fenomeni delle separazioni, dei divorzi e delle dichiarazioni di nullità di matrimonio, stanno diventando sempre più evidenti. E soprattutto, ciò che è più evidente è che non ci si sposa più in chiesa. Sono pochissimi quelli che decidono di sposarsi in chiesa, o anche solo in comune, mentre aumentano a vista d’occhio le convivenze».

DON PIERLUIGI PISTONE, PASTORALE FAMILIARE CHIESA DI PESCARA-PENNE: “SPINGIAMO LE FAMIGLIE AD ABITARE IL MONDO, PARTENDO DA CASA”

Don Pierluigi Pistone, direttore della Pastorale familiare dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne

Ma la Chiesa pescarese sta facendo molto per tenere sale le famiglie, aiutandole a riscoprire anche le rispettive abitazioni: «Il Covid – conclude don Pierluigi Pistone, direttore della Pastorale familiare dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne – ci ha costretto a stare in casa, ad abitarla, e quindi ci ha costretto anche a lavorare su questo “abitare”. Abitare spazi che sono della famiglia, ma che forse erano diventati un po’ disabitati, in realtà. E allora in diocesi abbiamo lavorato tanto, e stiamo continuando, per spingere le famiglie ad essere una Chiesa che abita non solo il mondo, ma anche il piccolo del suo spazio, della propria città, partendo dalla propria casa».

About Davide De Amicis (4616 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
Contact: Website

Rispondi