“Sarò diacono per diventare sacerdote secondo il cuore di Dio”
"Devo essere molto grato a coloro che ho incontrato - riconosce l'accolito Riccardo Di Ciano, ai formatori, ma in modo particolare al nostro Arcivescovo, in quanto mi ha sempre seguito accompagnandomi passo dopo passo con quella paternità che gli è propria, con quella bontà, con la misericordia che lo caratterizza. Di questo devo essergli molto grato"

Ha 26 anni ed è originario di Pescara l’accolito Riccardo Di Ciano che questa sera, alle 18.30, verrà ordinato diacono dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nell’ambito della santa messa solenne (trasmessa in diretta su Radio Speranza InBlu sugli 87.60 Fm, in streaming o sulle radio Dab) che presiederà presso il Santuario di San Donato Martire a Castiglione Messer Raimondo, nel versante teramano dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne. Alla vigilia di questo importante appuntamento, lo abbiamo incontrato per presentarlo ai lettori di La Porzione.it e agli ascoltatori di Radio Speranza InBlu.
Innanzitutto una curiosità: come mai questa ordinazione diaconale avverrà proprio nella giornata del 25 marzo, che non è un giorno come gli altri, ma è la festa liturgica dell’Annunciazione del Signore…
«È stato il nostro pastore, l’arcivescovo, che mi ha seguito fin dall’inizio del mio cammino, che mi ha accolto nella diocesi e mi ha introdotto al percorso seminaristico a scegliere questa data per l’ordinazione diaconale. Una data molto importante in questo anno giubilare che, oltre ad essere l’Anno santo della speranza per la Chiesa universale, è anche il giubileo del nostro arcivescovo di monsignor Valentinetti, che proprio oggi ricorderà il 25° anniversario dalla prima nomina episcopale alla Chiesa di Termo-Larino».
Un’ordinazione diaconale che avverrà nel Santuario di San Donato Martire a Castiglione Messer Raimondo, al quale sei molto legato?
«Già da tre anni svolgo servizio pastorale in questo santuario e nell’Unità pastorale di Castiglione Messer Raimondo e Montefino. È un santuario al quale, tra l’altro, sono molto legato in quanto ho iniziato a frequentarlo fin dall’inizio del mio percorso seminaristico. E quando l’arcivescovo, circa tre anni, fa ha deciso di inviarmi qui e di affidarmi alle cure del parroco e rettore del santuario don Michele Cocomazzi, ho accolto questa scelta con obbedienza, ma anche con grande gioia sia per quella che è la devozione e la fede che contraddistingue il popolo castiglionese, ma anche per quella che è la cordialità, la generosità, la bontà di questo popolo dal quale sono stato accolto e nel quale mi sento veramente un figlio amato e cresciuto – da queste persone – all’interno di questa bella comunità».

Dunque, come sono stati questi tre anni di servizio pastorale come seminarista in questa bella e accogliente comunità parrocchiale?
«Il mio è stato un bel servizio pastorale vissuto alla scuola del parroco don Michele Cocomazzi e vissuto anche in maniera più comunitaria con tutti i collaboratori, i parrocchiani. Vissuto nella catechesi, nella visita agli ammalati, nell’assistenza caritativa che continua ormai dal 2022. Questo perché la parrocchia di Castiglione, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ha accolto numerosi ucraini, alcuni dei quali sono ancora qui accolti, ospitati e ormai integrati all’interno della comunità. Quindi, diciamo, un servizio pastorale molto ricco e variegato. Mi sono trovato molto bene e, soprattutto, il grande arricchimento è questa bella testimonianza di fede che viene da questa comunità molto devota, fervorosa, non solo nei confronti della fede cristiana, della fede nel Signore morto e risorto per noi, ma soprattutto una fede e una devozione che si esprime in alcuni momenti dell’anno specifici. Innanzitutto in occasione della festa della Madonna del Rosario, protettrice del Paese, il 31 maggio e poi la devozione verso il santo patrono San Donato, il 7 agosto. Ma anche il 7 di ogni mese, quando arriva un pellegrinaggio da un paese vicino con la possibilità di lucrare l’indulgenza in santuario».
Davvero un’esperienza completa per quelli che sono i tuoi 26 anni. Sei ancora giovanissimo, quindi hai avuto una vocazione che è nata in tenera età. Come l’hai scoperta?
«Sì, la mia è stata una vocazione nata in tenera età. Fin da quando ero bambino, a chi mi chiedeva che cosa avessi voluto fare da grande, io rispondevo che avrei voluto fare il prete. Ho respirato la fede in famiglia, in modo particolare grazie a due figure, che oggi purtroppo non ci sono più, che sono state le mie nonne. Loro mi hanno trasmesso una fede molto bella, tradizionale, che è la fede delle persone semplici. Una fede bella, genuina, vissuta nella quotidianità. Quindi ho respirato la fede fin da bambino e poi, iniziando a frequentare il catechismo per la preparazione dei sacramenti, in quella che è stata la parrocchia nella quale sono stato battezzato e nella quale sono cresciuto – la parrocchia di San Silvestro Papa a San Silvestro Colle (Pescara). Qui, iniziando a frequentare il catechismo, iniziando a fare il chierichetto, ho iniziato a pensare che la vita del sacerdote poteva essere la vita alla quale il Signore mi chiamava. Io ho manifestato questo desiderio fin da bambino. Poi, nel corso degli anni, certamente il cammino di fede diventa più maturo, più consapevole, ma questo desiderio mi ha sempre accompagnato, anche negli anni delle scuole medie e negli anni del Liceo classico “Gabriele D’Annunzio” di Pescara. Qui ho avuto anche la fortuna di incontrare una figura sacerdotale, che è quella di don Achille Villanucci, storico professore di religione in quella scuola. Dopo il Liceo, l’arcivescovo monsignor Valentinetti mi ha accolto tra i seminaristi, introducendomi al percorso di formazione».
Nel tuo cammino vocazionale c’è stato un momento in cui hai davvero capito che sarebbe stata il sacerdozio la tua strada?
«Un momento su tutti direi di no. Però, certamente ho sperimentato sempre la presenza del Signore nella mia vita. Mi sono sempre sentito guidato da Lui e questa presenza e questa fede, che è una grazia che viene da Dio, mi ha sempre accompagnato e non mi ha mai abbandonato. Poi anche il discernimento della Chiesa ha confermato quella che era la mia intenzione, ciò che io sentivo».
Gli anni del Seminario, un’esperienza indubbiamente formativa, un’esperienza anche diversa di vita comunitaria. Come sono stati questi anni da seminarista che forse, visti da fuori, sono uno dei percorsi che intimoriscono i giovani che, magari, vorrebbero valutare l’opportunità di abbracciare Cristo attraverso il sacerdozio?
«Sono anni belli, anni di formazione, anni in cui è importante lasciarsi formare, lasciarsi lavorare un po’ come la creta che viene lavorata dal vasaio. Bisogna lasciarsi lavorare dallo Spirito Santo e lasciarsi guidare dai superiori, da coloro a cui l’Arcivescovo affida la formazione dei seminaristi. Personalmente devo essere molto grato a coloro che ho incontrato, ai formatori, ma in modo particolare al nostro Arcivescovo, in quanto mi ha sempre seguito accompagnandomi passo dopo passo con quella paternità che gli è propria, con quella bontà, con la misericordia che lo caratterizza. Di questo devo essergli molto grato».
Ora che sei arrivato a compiere questo percorso di formazione che sta per culminare con l’ordinazione diaconale, cosa significa per te questo momento? Cosa significa questo anno che vivrai da diacono, seppur in transito?
«Significa rispondere alla chiamata del Signore, significa rinnovare il mio “eccomi”. Quell’“eccomi” pronunciato il giorno dell’ammissione agli ordini sacri, il giorno dei ministeri, oggi – a Dio piacendo – lo rinnoverò nel dono del diaconato. Significa mettermi alla sequela del Signore e a servizio di questa comunità nella quale resterò per il tempo del diaconato».
Quello che sta per iniziare sarà dunque un anno per te denso di impegni, a partire dalle funzioni concelebrate con l’arcivescovo e poi con i tanti appuntamenti che vivrai in prima persona. Sei carico?
«Sì, certamente l’aiuto di Dio non mancherà e sono certo che il Signore con la sua grazia mi assisterà in quello che sarà il mio ministero».
Ma tu fai tutto questo per quello che avverrà il prossimo anno, a Dio piacendo, ovvero l’ordinazione sacerdotale…
«Sì, a Dio piacendo, dopo il tempo del diaconato, se Dio vorrà e il discernimento della Chiesa sarà questo, diventerò sacerdote, riceverò l’ordine sacro nel grado del presbiterato. Mi auguro di poter servire il Signore, diventando un sacerdote secondo il cuore di Dio, come la spiritualità tradizionale suggerisce. Il cuore del sacerdote deve essere come il cuore di Gesù. Questo è un grande ideale, un grande esempio, che ogni sacerdote e ogni seminarista che si prepara al sacerdozio deve avere innanzi, non deve mai perdere di vista. Il modello è Gesù. È lui che è il sacerdote, il Divin Maestro dal quale noi tutti dobbiamo apprendere e dobbiamo imparare».