Poveri: “La loro presenza nelle città è segno di una malattia sociale”
"Ogni volta che l’economia e la finanza hanno ricadute concrete sui territori - osserva il Papa -, sulla comunità civile e religiosa, sulle famiglie, è una benedizione per tutti. La finanza è un po’ il sistema circolatorio dell’economia. Se si blocca in alcuni punti e non circola in tutto il corpo sociale, si verificano infarti e ischemie devastanti per l’economia stessa"

Ieri Papa Francesco ha ricevuto in udienza una delegazione di alcuni gruppi bancari italiani, esortandoli a «riflettere sulle potenzialità e sulle contraddizioni dell’economia e della finanza attuale», esprimendo una preoccupazione particolare: «La presenza di poveri in città – afferma il Papa – è segno di una malattia sociale. La Chiesa ha dimostrato un’attenzione particolare alle esperienze bancarie a livello popolare, e in molti casi uomini e donne impegnati nella comunità ecclesiale hanno promosso e dato vita a Monti di pietà, banche, istituti di credito cooperativo, casse rurali. L’intento è sempre stato quello di dare opportunità a chi altrimenti non ne aveva. Nella prima metà del secolo XV, con la nascita dei Monti di pietà, il francescanesimo aveva dato concretezza a un’idea importante. La presenza di poveri in città è segno di una malattia sociale. Le banche, i Monti di pietà e i Monti frumentari hanno offerto credito a chi non poteva permetterselo e hanno consentito a molte famiglie di rialzarsi e di integrarsi nelle attività economiche e sociali delle città. Tra Otto e Novecento, anche in seguito alla pubblicazione dell’Enciclica Rerum novarum di Leone XIII, si è realizzato qualcosa di analogo nelle campagne italiane. Si è sviluppata un’economia legata al territorio grazie all’iniziativa di preti e laici illuminati. Il credito bancario ha potuto sostenere tante attività economiche, sia nel campo dell’agricoltura che in quello dell’industria e del commercio».

Ma al giorno d’oggi la situazione è completamente mutata: «Nel mondo globalizzato – denuncia il Pontefice – la finanza non ha più un volto e si è distanziata dalla vita della gente. Quando l’unico criterio è il profitto, abbiamo conseguenze negative per l’economia reale. Ci sono multinazionali che spostano attività in luoghi dove è più facile sfruttare il lavoro, mettendo in difficoltà famiglie e comunità e annullando competenze lavorative che si sono costruite in decenni. E c’è una finanza che rischia di servirsi di criteri usurai, quando favorisce chi è già garantito ed esclude chi è in difficoltà e avrebbe bisogno di essere sostenuto con il credito». Ma non solo: «C’è una finanza – aggiunge Bergoglio – che raccoglie fondi in un luogo e sposta quelle risorse in altre zone, con l’unico scopo di aumentare i propri interessi. Così la gente si sente abbandonata e strumentalizzata. Quando la finanza calpesta le persone, fomenta le disuguaglianze e si allontana dalla vita dei territori, tradisce il suo scopo. Diventa economia incivile».
Ciononostante, per Papa Francesco non è tutto da buttare: «La vostra presenza qui oggi – osserva il Santo Padre – parla di una diversità nel mondo economico e bancario. Avete storie e strutture differenti per rispondere a bisogni diversi delle persone. In effetti, senza sistemi finanziari adeguati, capaci di includere e di favorire la sostenibilità, non ci sarebbe uno sviluppo umano integrale. Gli investimenti e il sostegno al lavoro non sarebbero realizzabili senza il ruolo di intermediazione tipico delle banche e del credito, con la necessaria trasparenza. Ogni volta che l’economia e la finanza hanno ricadute concrete sui territori, sulla comunità civile e religiosa, sulle famiglie, è una benedizione per tutti. La finanza è un po’ il sistema circolatorio dell’economia. Se si blocca in alcuni punti e non circola in tutto il corpo sociale, si verificano infarti e ischemie devastanti per l’economia stessa».