MENU
Ultime notizie

733 milioni di persone affamate: “Fame zero nel 2030 forse irragiungibile”

"Conflitti, cambiamenti climatici e disuguaglianze croniche - afferma Simone Garroni, direttore esecutivo di Azione contro la fame -, sono i principali fattori alla base dell’insicurezza alimentare. La buona notizia è che la comunità internazionale ha gli strumenti e le conoscenze per prevenire la fame per tutti, per sempre. Tuttavia, se non colmiamo il crescente divario tra i bisogni delle comunità e i finanziamenti disponibili, questa crisi evitabile continuerà"

Lo ha affermato Oxfam Italia, commentando il rapporto Onu “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” pubblicato ieri

Un uomo in Kenya colpito dalla fame (Foto Cesvi)

Nel 2023 circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame nel mondo, ovvero una persona su undici globalmente e una su cinque nella sola Africa. Lo ha reso noto l’ultimo rapporto, dal titolo “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” (Sofi), pubblicato ieri da cinque agenzie specializzate dell’Onu – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – e presentato nell’ambito della riunione ministeriale della task force dell’Alleanza globale contro la fame e la povertà del G20 in Brasile.

Il documento avvisa che il mondo è in grave ritardo nel raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile (Oss) n. 2, Fame Zero, entro il 2030. Il rapporto, infatti, dimostra che il mondo è indietro di 15 anni, scendendo a livelli di sottoalimentazione paragonabili a quelli del 2008-2009. Nonostante alcuni progressi ottenuti in alcune aree specifiche, quali il ritardo della crescita e l’allattamento al seno esclusivo, un numero preoccupante di persone continua a essere vittima dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, in un contesto in cui i livelli globali della fame sono rimasti stabili per tre anni consecutivi, con un numero di affamati compreso tra 713 e 757 milioni di persone nel 2023, pari a circa 152 milioni di persone in più rispetto al 2019, considerando la fascia media (733 milioni).

A livello regionale, le tendenze variano in maniera significativa: la percentuale della popolazione afflitta dalla fame continua ad aumentare in Africa (20,4%), si è stabilizzata in Asia (8,1%) – nonostante la fame continui a rappresentare un problema enorme in questa regione, dove vive più della metà degli affamati del mondoe dà segni di miglioramento in America latina (6,2%). Dal 2022 al 2023, il problema della fame si è aggravato nell’Asia occidentale, nei Caraibi e nella maggior parte delle sotto-regioni africane. Se queste tendenze proseguiranno, nel 2030 ci saranno circa 582 milioni di sottoalimentati cronici, la metà dei quali in Africa. A lanciare il monito, sono stati l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

D’altra parte, sempre nel 2023 circa 2,33 miliardi di persone nel mondo hanno vissuto con un’insicurezza alimentare da moderata a grave, specie in Africa nella quale il 58% della popolazione subisce un’insicurezza alimentare moderata o grave. È una cifra che non scende dal 2020, mentre le nuove stime sull’obesità nella popolazione adulta mostrano un aumento costante durante l’ultimo decennio, dal 12,1% (2012) al 15,8% (2022). In base alle previsioni, entro il 2030, ci saranno nel mondo più di 1,2 miliardi di adulti obesi: «Il doppio fardello della malnutrizione – si legge nel rapporto Onu -, ossia una coesistenza di denutrizione e di sovrappeso e obesità, ha subìto un’impennata in tutte le fasce di età della popolazione mondiale. Se nell’ultimo ventennio, magrezza e sottopeso sono diminuiti, l’obesità è invece cresciuta in maniera esorbitante».

Anche per via dei prezzi dei generi alimentari nel 2022, oltre 2,8 miliardi di persone non hanno potuto permettersi un’alimentazione sana. Queste disuguaglianze sono particolarmente significative nei Paesi a basso reddito, dove il 71,5 % della popolazione non ha accesso a una dieta sana, rispetto al 6,3 % degli abitanti dei Paesi ad alto reddito. Se da un lato i tassi di allattamento al seno esclusivo dei neonati sono aumentati fino al 48%, dall’altro lato, però, sarà comunque difficile raggiungere gli obiettivi mondiali sull’alimentazione. L’incidenza dell’insufficienza ponderale alla nascita si è stabilizzata attorno al 15%, mentre il ritardo della crescita nei bambini sotto i cinque anni, pur scendendo al 22,3%, rimane ancora al di sotto degli obiettivi indicati. Tra l’altro, la prevalenza del deperimento tra i bambini non è migliorata in maniera significativa, mentre nelle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni si è osservato un incremento dei casi di anemia.

Dallo stesso rapporto si evince come, nel mondo, 1 persona ogni 11 soffre la fame. Quest’ultima sta aumentando in modo allarmante in Africa, dove coinvolge 1 persona su 5 e la prevalenza di insicurezza alimentare moderata o grave nel continente è quasi doppia rispetto alla media globale. Le regioni caraibiche e dell’America Latina hanno rilevato progressi, mentre in Asia la fame è rimasta sostanzialmente invariata. Il tema del rapporto Sofi di quest’anno evidenzia «la drammatica inadeguatezza dei finanziamenti forniti dalla comunità internazionale per l’assistenza alla fame». Lo ha rilevato Azione contro la fame: «La sicurezza alimentare e la nutrizione – continua l’organizzazione internazionale – rappresentano meno di un quarto dei finanziamenti totali per l’aiuto pubblico allo sviluppo; si stima in diversi trilioni di dollari il deficit finanziario rispetto ai finanziamenti necessari per compiere i progressi necessari a porre fine alla fame e alla malnutrizione. Le politiche necessarie per trasformare il sistema agroalimentare e affrontare le forze trainanti della fame sono state identificate, ma le grandi carenze di fondi ne impediscono l’attuazione su larga scala. E sono proprio i Paesi che sperimentano il più alto livello di insicurezza alimentare quelli che hanno il minor accesso ai finanziamenti».

Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame Italia

Ma non solo: «Conflitti, cambiamenti climatici e disuguaglianze croniche – afferma Simone Garroni, direttore esecutivo di Azione contro la fame -, sono i principali fattori alla base dell’insicurezza alimentare. La buona notizia è che la comunità internazionale ha gli strumenti e le conoscenze per prevenire la fame per tutti, per sempre. Tuttavia, se non colmiamo il crescente divario tra i bisogni delle comunità e i finanziamenti disponibili, questa crisi evitabile continuerà». E nonostante il mondo produca cibo a sufficienza per tutti, ogni anno muoiono quasi 2,5 milioni di bambini malnutriti. Soddisfare le esigenze nutrizionali, soprattutto in giovane età, è fondamentale per lo sviluppo mentale e fisico. Una buona alimentazione è fondamentale anche per realizzare altre priorità globali, come l’istruzione, la salute e la crescita economica: «I finanziamenti per i programmi di assistenza alla fame non dovrebbero essere considerati un costo – sottolinea Garroni -, ma un investimento per la sicurezza a lungo termine della nostra comunità globale. Il rapporto Sofi chiarisce che il nostro attuale sistema alimentare è insostenibile. Abbiamo bisogno di un afflusso rapido e sostenuto di fondi per programmi multidimensionali che affrontino il nesso tra fame, clima, conflitti e genere. Le persone più vulnerabili contano su di noi».

Anche Oxfam Italia ha commentato i dati del rapporto Onu “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo”: «La fame e l’insicurezza alimentare nel mondo – rileva Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia – rimangono a livelli altissimi e l’obiettivo “fame zero” previsto dall’Agenda 2030 dell’Onu, è già oggi probabilmente irraggiungibile. Il rischio di questo fallimento è dovuto a un insieme di motivi che continuano ad essere usati dai nostri governi come scusa per rinviare azioni adeguate ed efficaci, in grado di affrontare davvero il problema. Il tutto a fronte di un contesto profondamente ingiusto e paradossale: nel mondo coltiviamo abbastanza cibo per sfamare tutti e le soluzioni per sradicare fame e malnutrizione esistono eccome. I Paesi più poveri, indebitati e sfruttati, sono anche i più vulnerabili ai cambiamenti climatici e a shock economici e di conseguenza sono quelli più esposti alla fame. Basti pensare all’Africa orientale dove quasi 28 milioni di persone soffrono di malnutrizione acuta a causa dell’alternarsi di siccità e inondazioni sempre più estreme e frequenti, dei conflitti in corso nell’area e della crisi economica post-Covid. Per affrontare l’emergenza umanitaria in Etiopia, Kenya, Somalia e Sud-Sudan è necessario lo stanziamento di 7,49 miliardi di dollari, ma al momento i donatori internazionali hanno stanziato meno del 20% delle risorse. Come se non bastasse, questi Paesi sono schiacciati dal peso di un debito complessivo che ammonta a 65 miliardi di dollari».

Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia

Il motivo di questa situazione è presto detto: «Alla base – denuncia Petrelli -, c’è quindi una cronica mancanza dei finanziamenti necessari ad affrontare l’emergenza alimentare globale e porre fine alla fame. A livello globale mancano all’appello migliaia di miliardi di dollari. E i finanziamenti privati rappresentano una soluzione molto parziale, perché rischiano di aumentare il livello di disuguaglianze, escludendo le comunità locali da decisioni che condizionano il loro futuro. Servono, invece, maggiori finanziamenti pubblici a sostegno dei piccoli agricoltori nei Paesi più poveri, di programmi di protezione sociale più efficaci e in grado di ridurre il peso del debito estero per i Paesi più vulnerabili. È poi cruciale che i Paesi ricchi rispettino le loro promesse di stanziamento degli aiuti necessari ad affrontare le crisi umanitarie e ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici». Anche l’Italia si conferma lontana dai suoi obiettivi: «L’aiuto pubblico è in calo, dallo 0,33% allo 0,27% del 2023 – constata il portavoce e policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia -. Mentre si parla di Piano Mattei come occasione di svolta nel rapporto Italia-Africa, i trasferimenti dell’aiuto bilaterale italiano verso quel continente, diminuiscono invece del 32% (da 515 milioni di dollari a 351 nel 2023)».

About Davide De Amicis (4619 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
Contact: Website