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“Senza comunione è inutile riaprire chiese, perché non siamo Chiesa”

"La comunità siamo noi, insieme a Gesù - ricorda il parroco don Mauro Pallini -, e mi auguro che ognuno di voi, entrando in questa chiesa e guardando queste croci - il vescovo ci ha ricordato che siamo noi le pietre vive. La lampada che è stata messa sull'altare, sul Santissimo, è sempre accesa. Gesù arde di amore per noi - faccia sì che siano sempre accese del nostro amore per Gesù"

Lo ha affermato l’arcivescovo Valentinetti, riaprendo al culto la chiesa della Beata Vergine Maria Stella Maris a Pescara martedì 2 luglio

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia

È stata una cerimonia di dedicazione solenne, sentita, liberatoria e molto partecipata dai fedeli quella che la sera di martedì 2 luglio, attraverso l’Eucaristia presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, ha permesso alla comunità parrocchiale della Beata Vergine Maria Stella Maris a Pescara di riappropriarsi della propria chiesa al culmine di una lunga attesa durata cinque anni. Una chiesa molto amata dai pescaresi, non a caso rappresentati in chiesa anche dal sindaco Carlo Masci.

Anna Rita Iurino, architetta e direttrice dei lavori

Tanto ci è voluto, affrontando anche numerose lungaggini burocratiche, per riparare i gravi danni provocati alla volta della chiesa – realizzata per volontà di Padre Domenico Maria D’Amico nel 1943 – dalla violenta grandinata che colpì Pescara il 10 luglio 2019: «La grandine – ricorda l’architetta Anna Rita Iurino, direttrice dei lavori – aveva distrutto il manto di copertura di questa chiesa, che ha una superficie molto grande, parliamo di mille metri quadri. Le tegole “resistenti” erano andate completamente distrutte e l’acqua non solo s’infiltrava penetrando le strutture e gli orizzontamenti, ma addirittura per ruscellamento arrivava all’interno fino al livello del pavimento. Ciò aveva indotto le autorità, inizialmente i Vigili del fuoco, a chiudere la chiesa dichiarandola inagibile. E lo era a tutti gli effetti. I lavori sono stati realizzati e non sono stati impattanti, considerando che si tratta di un edificio vincolato e nella progettazione avevamo degli obblighi di tutela del bene ed era necessario, oltre che indispensabile, coniugare l’aspetto della tutela della conservazione dell’edificio con l’aspetto della sicurezza, perché bisogna restituire la chiesa in sicurezza. Quello che è stato fatto sono i lavori di copertura. Vediamo solamente delle piastre e dei tiranti necessari, appunto, per restituire la Chiesa in sicurezza. I lavori sono stati realizzati in due fasi, quindi da due imprese che si sono avvicendate: inizialmente i “Fratelli Persia”, che si sono occupati dei lavori di copertura, alla quale è poi subentrataper completare i lavori di consolidamento delle strutture e il ripristino delle finiture interne, l’impresa appaltatrice “Intercantieri Innario srl”. A entrambe va il mio personale ringraziamento sia per la qualità del lavoro eseguito, sia perché hanno assunto e portato a termine l’appalto in maniera egregia, nonostante le difficoltà legate alla pandemia di Covid-19 prima (il cantiere è stato avviato nel 2020) e al periodo caratterizzato dal rialzo dell’inflazione poi, con il notevole incremento dei costi dei materiali da costruzione che tutti conosciamo. Entrambe le imprese hanno sempre garantito continuità del servizio, continuità e professionalità, unitamente alle loro maestranze che hanno materialmente eseguito i lavori e che ringrazio personalmente, uno ad uno».

Il parroco don Mauro Pallini con l’arcivescovo monsignor Tommaso Valentinetti

Da quel 2020 molte cose sono cambiate, a partire dalla direzione del luogo di culto passata dai Frati minori della Provincia Lazio-Abruzzo di San Bonaventura all’Arcidiocesi di Pescara-Penne, nella persona dell’attuale parroco don Mauro Pallini: «Riapriamo questa chiesa – osserva il presbitero – nel giorno dedicato alla Madonna delle grazie, perché per noi questo risultato è una grazia».

Subito dopo, iniziando la liturgia eucaristica, l’arcivescovo Valentinetti ha aggiunto una precisione importante in merito alla realizzazione dei lavori: «La prima parte di spesa per rimettere a posto il tetto dell’edificio – precisa il presule -, l’hanno sostenuta i Frati minori della Provincia laziale-abruzzese. La seconda parte dei lavori, invece, è stata finanziata dai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica. Le vostre firme sulla dichiarazione dei redditi sono servite anche per realizzare questi lavori, al di là dei contributi che servono per completare la somma necessaria».

L’arcivescovo Valentinetti unge l’altare con il crisma

Prima dei rito di dedicazione vero e proprio della chiesa della Beata Vergine Maria Stella Maris, con la preghiera della litania dei santi, l’unzione dell’altare e delle croci, l’incensazione dell’altare, la sua copertura, nonché l’accensione delle luci dell’altare e della chiesa, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha pronunciato un’intensa omelia ispirata da questi solenni e suggestivi riti: «Tra qualche istante – premette monsignor Valentinetti – la pietra dell’altare sarà consacrata. Sarà unta con l’olio del crisma, così come le pareti di questa chiesa che pur essendo stata costruita tantissimi anni fa, non abbiamo memoria che fosse stata consacrata, ma solo benedetta. Invece, da questo momento in poi, il segno della pietra consacrata, il segno delle pareti consacrate, sono il segno di Gesù. La pietra dell’altare è segno della presenza di Gesù, attenzione, morto come ara, risorto come pane eucaristico, pane di vita che si dona in continuazione e le pareti della Chiesa tutti quanti noi, pietre vive – scelte e preziose – intorno all’unica pietra che pietra angolare che è Cristo Gesù. Tutto questo è stato riassunto nella seconda lettura, la lettera di San Pietro Apostolo, e capite bene perché c’è questo senso di appartenenza e di pienezza. Dunque siamo Chiesa, siamo Chiesa intorno a Cristo, siamo pietre vive, siamo immagine di quella realtà soprannaturale, il Regno di Dio, che viene in mezzo a noi».

I fedeli presenti in chiesa

Ma qui, per il presule, sorge una domanda: «Siamo Chiesa o dobbiamo diventare Chiesa, dobbiamo diventare comunità? Certamente il tempo vissuto è stato un tempo complesso, molto difficile. Il “tornado” che si è sviluppato proprio qui di fronte e che si è abbattuto su questa Chiesa, creando i danni che l’architetto ha illustrato all’inizio della celebrazione, ci hanno costretto a vivere una dimensione di precarietà, di fatica, di difficoltà. Non avevamo più un’aula dove radunarci, dove celebrare i santi misteri. Ci siamo arrangiati, e qui bisogna ringraziare don Mauro e chi l’ha preceduto nel fare di tutto perché questa dimensione liturgica non venisse a mancare. Ma adesso è il momento di riprendere il cammino con più verità, di riprendere il cammino accolti e coccolati – se mi permettete di dirlo – da questa bella chiesa, perché possiamo riscoprire o scoprire la dimensione del nostro essere Chiesa. Attenzione, essere Chiesa non come cinque anni fa, nemmeno come dieci anni fa, nemmeno come quando il padre francescano fondatore, che è sepolto dietro all’altare, ha fondato questa chiesa con le pietre delle macerie della guerra. Quei tempi sono passati, ne sono nati di nuovi».

L’interno restaurato della chiesa della Beata Vergine Maria Stella Maris

Da qui il riferimento alla pagina del Vangelo (Gesù nel tempio – Giovanni 2,13-22): «Che ci esorta – osserva l’arcivescovo Valentinetti – ad essere in continuo stato di conversione e di purificazione. Gesù purifica il Tempio. Lo purifica perché quel tempio non era più espressivo di quella realtà del divino e del soprannaturale che Lui era venuto a raccontare. Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito l’ha narrato, ma quel tempio che per il popolo d’Israele voleva essere il luogo della presenza di Jahvè, non era più significativo. Attenzione, le nostre chiese sono significative? Sono significative liturgicamente per la partecipazione ai divini misteri, catechisticamente per la trasmissione della fede? Dobbiamo avere il coraggio di rimetterci in cammino e di purificarci. Abbiamo bisogno forse di una liturgia più veritiera, di una catechesi più adeguata ai tempi, abbiamo bisogno di un impegno maggiore verso la realtà sociale di condivisione con il popolo che vive intorno a noi ed è con noi. Se non ci mettiamo in questo stato di purificazione, fratelli e sorelle, abbiamo fatto un bello sforzo a rimettere in piedi questa chiesa, ma potevamo pure farne a meno. Perché la Chiesa sono le mura, ma la Chiesa siamo soprattutto noi. Sono i membri del popolo di Dio e i membri di questa comunità, uniti alla comunità della Santa Famiglia perché queste due comunità vivono in simbiosi da un po’ di tempo. Ma anche qui una dimensione d’amore, una dimensione di scambio fraterno, una dimensione di reciproco aiuto, di reciproca assistenza. Perché se non ci rimettiamo in comunione noi, senza sterili campanilismi e senza sterili divisioni, non diamo testimonianza di essere Chiesa. Possiamo costruire e restaurare tutte le chiese che vogliamo, ma non serve a niente. E soprattutto, guidati dalla Parola».

La facciata esterna della chiesa della Beata Vergina Maria Stella Maris

Da qui il riferimento alla prima lettura, tratta dal Libro di Neemia (8,2-4a.5-6.8-10): «Ecco il centro oltre l’Eucarestia – aggiunge il presule -. La pietra angolare che sarà consacrata questa sera, l’ascolto della Parola. È la Parola che ci convoca, è la Parola che ci guida, è la Parola che ci fa santi, è la Parola che ci illumina nel cammino della vita, è la Parola che dobbiamo ritrasmettere ai fratelli e alle sorelle che vengono dopo di noi. Ho benedetto tutti voi, ma sono andato in modo particolare a benedire una navata, perché rappresenta il futuro. Qui ci sono i giovani, qui ci sono i ragazzi. Se noi vogliamo realmente che ci sia una trasmissione della fede adeguata, facendo seriamente gli adulti e non pensando di essere ancora noi giovani perché non lo siamo più, diamo la fede fatta di testimonianze d’amore a questi ragazzi, perché realmente essi possano essere a loro volta i trasmettitori della fede».

Al termine dell’omelia, monsignor Tommaso Valentinetti è tornato ad esprimere la sua riconoscenza per l’avvenuta riapertura della chiesa pescarese: «Io ringrazio tutti – ribadisce l’arcivescovo di Pescara-Penne -, i padri provinciali, i Frati minori. Ringrazio le autorità, i miei uffici, l’architetto, le imprese che si sono succedute nei lavori, perché se oggi siamo qui è stato grazie ad uno sforzo sinergico. Quest’ultimo, come ricordato dall’architetto, più recentemente è stato guidato da don Mauro. Ma veramente mettiamoci dentro una logica nuova e diversa per essere capaci di testimoniare quello che siamo, la Chiesa santa di Cristo».

Don Mauro Pallini, parroco della chiesa Beata Vergine Maria Stella Maris di Pescara

E prima della benedizione finale, è stato proprio il parroco don Mauro Pallini a esprimere della parole di ringraziamento: «Il mio cuore è colmo di gratitudine e di lode al Signore – afferma il presbitero – per questo dono che tutti quanti abbiamo potuto vivere questa sera. Ma mancherei di dire un grande grazie anche all’arcivescovo, perché mi ricordo ancor prima di prendere possesso di questa parrocchia, ci incontrammo in Episcopio con l’attuale Ministro generale Padre Fusarelli e anche con Padre Luciano (allora parroco). Fin da subito l’arcivescovo aveva detto, “Io mi interesso a trovare quello che serve dentro” (i lavori di riqualificazione all’interno della chiesa). Fu una presa di posizione molto bella, anche di paternità, di interessamento alla realtà che la Stella Maris stava vivendo. Poi c’è stata tutta la trafila burocratica, però posso soltanto dire che la gioia in questo momento è grande, perché la compartecipazione anche delle varie maestranze, delle varie competenze ha potuto fare questo. Quando ognuno dà il suo meglio, tutto si realizza. La vita è bella, perché noi diamo e siamo chiamati a dare e a fare del nostro meglio. In tanti hanno detto “Quanto ci manca questa chiesa”. Lei, eccellenza, sa benissimo che andai parroco a Torre de’ Passeri (Pescara). Sono stato parroco in un tendone per ben sei anni (a causa dei danni provocati dal sisma del 2009, che rese inagibile la chiesa della Beata Vergine Maria delle Grazie). Ho dovuto curare la trafila per la riapertura della chiesa e dopo due anni sono sceso a Pescara. Mi ritrovo oggi a inaugurare una seconda chiesa dopo i lavori. Posso soltanto dire che Gesù era nel tendone di Torre de’ Passeri, nella chiesa della Beata Vergine Maria delle Grazie di Torre de’ Passeri, nel teatrino dove abbiamo celebrato tutti questi anni e Gesù, adesso, è anche qui. Lui non mi ha lasciato mai e la comunità si è creata intorno a Gesù. Quando abbiamo celebrato anche le veglie di Pasqua, di Natale, quando abbiamo fatto tutto all’aperto, quando abbiamo dovuto anche mettere i tendoni per fare le prime comunioni qui, per non andare altrove e via di seguito. La comunità siamo noi, insieme a Gesù, e mi auguro che ognuno di voi, entrando in questa chiesa e guardando queste croci – il vescovo ci ha ricordato che siamo noi le pietre vive. La lampada che è stata messa sull’altare, sul Santissimo, è sempre accesa. Gesù arde di amore per noi – faccia sì che siano sempre accese del nostro amore per Gesù. Questa è la comunità e mi auguro che questo sia per tutti quanti noi, entrando dalla soglia di questa chiesa».

About Davide De Amicis (4476 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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