“I giovani hanno richieste serie: responsabilità e credibilità”
"Più che chiederci o meravigliarci perché i giovani non votano – afferma Alessandro Rosina, coordinatore dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo -, dovremmo chiederci perché continuano a votare nonostante tutto, perché ogni nuova consultazione poi lascia le cose come stanno. La condizione dei giovani italiani è oggettivamente peggiore rispetto alla qualità degli omologhi europei con cui si confrontano"

Ieri, presso l’Università Cattolica di Milano, è stata presentata la ricerca dal tema “Giovani e partecipazione” che ha studiato il livello di partecipazione dei giovani italiani, a partire da quella non esaltante registrata alle urne delle ultime elezioni europee ed amministrative, caratterizzate da una loro forte astensione: «Più che chiederci o meravigliarci perché i giovani non votano – afferma Alessandro Rosina, coordinatore dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo -, dovremmo chiederci perché continuano a votare nonostante tutto, perché ogni nuova consultazione poi lascia le cose come stanno. La condizione dei giovani italiani è oggettivamente peggiore rispetto alla qualità degli omologhi europei con cui si confrontano. Semmai dovremmo guardare positivamente il fatto che anche l’astensionismo dei giovani non è così diverso rispetto alla popolazione più in generale, che vuol dire appunto che c’è molto margine per poterlo migliorare ulteriormente. Bisogna riflettere come i meccanismi di partecipazione democratici possono effettivamente essere lo strumento che consenta loro di migliorare le cose con la loro presenza attiva. Questo è quello che vogliono, non rassegnarsi a non votare o andare all’estero, ma poter pensare che qualcosa di migliore è possibile costruirlo».
Ma il dato sulla forte astensione giovanile resta, per quanto si intravedano dei segnali differenti: «Parlare dei giovani dopo i numeri delle ultime elezioni – commenta il professor Sebastiano Nerozzi, segretario del Comitato Scientifico delle Settimane sociali – può provocare sconforto. I giovani si sono astenuti per il 56% circa. Si notano però dei segnali di speranza. Va infatti osservato come le categorie a basso reddito si siano astenute oltre il 70%. E sapendo che i giovani sono sovrarappresentati in questa categoria, osserviamo come la loro partecipazione resti ancora abbastanza forte».
Anche perché ci sono delle tematiche particolari che richiamano i giovani al voto: «Il voto dei giovani – aggiunge Nerozzi – è stato sensibile all’ambiente e sul tema delle riforme. Se inoltre guardiamo ai 23 mila studenti che per la prima volta hanno potuto votare a distanza, vediamo come il voto europeista sia molto forte. Esiste un bacino di partecipazione giovanile che è molto importante, ma va compreso. Il potenziale di partecipazione chiede di essere quindi valorizzato. Osserviamo inoltre come spesso la qualità delle leadership per i giovani risulti molto bassa: troppo verticistica, poco capace di ascolto o di mediare i conflitti, che provoca un allontanamento dalla partecipazione. L’importanza del clima relazionale è invece fondamentale per i giovani».

Ciononostante, i giovani non hanno perso del tutto la fiducia verso gli amministratori: «La fiducia nelle istituzioni non è generalmente diminuita – precisa Rosina -. Le istituzioni non di parte, la ricerca scientifica e il volontariato restano realtà solide per i giovani. Un dato interessante è il legame con il titolo di studio. La fiducia resta alta tra i più laureati e minore tra chi ha conseguito meno traguardi nello studio. L’unico dato dove questo paradigma si ribalta è nei social network, dove la fiducia è alta tra i meno titoli di studio. I dati positivi li vediamo tra i ventenni, che sentono più spazio di partecipazione nella politica. Con l’avanzare dell’età media, tuttavia, la sfiducia e la disillusione aumentano. I giovani vogliono inoltre una politica che sappia dirigersi verso il bene comune. I giovani non pensano che i partiti siano tutti uguali, ed è riconosciuto il loro ruolo fondamentale per la democrazia, ma non sono considerati all’altezza e di sapersi mettere in discussione. Quasi il 60% si sente escluso e impotente. Di fronte a un sistema bloccato, aumenta la richiesta di un leader decisionista e forte».
Così la ricerca su “Giovani e partecipazione” ha anche indagato qual è la percezione del senso di democrazia tra i giovani: «Dalle parole dei giovani – approfondisce Cristina Pasqualini, ricercatrice di sociologia dell’Università Cattolica e componente del Comitato scientifico , emerge una democrazia come un concetto denso, che si sintetizza soprattutto nelle parole di partecipazione, popolo e libertà. Abbiamo cercato di capire cosa pensano delle istituzioni: il parlamento europeo risulta come un’istituzione distante, ma solo nella percezione. Secondo loro infatti agisce per la tutela della democrazia, ma silenziosamente. Il parlamento italiano invece risulta come un circo, delegittimato rispetto al suo glorioso passato. Per loro produce più problemi che soluzioni. Per i giovani le manifestazioni di piazza sono un’occasione per far sentire la voce, ma le sentono come il sintomo di un problema e come se fosse l’ultima spiaggia. Per loro il voto è la pratica per antonomasia, è associato alla modalità per cambiare le cose e alla speranza del cambiamento. Il volontariato produce cambiamenti reali. Per loro, il personaggio più celebre di democrazia è Sandro Pertini, perché secondo loro ha rappresentato al meglio gli italiani e combattuto per la democrazia. Per i giovani la democrazia è malata, ma recuperabile».
E comunque, più in generale, la partecipazione dei giovani non manca: «I giovani non sono apatici – osserva Giuseppe Fioroni, vice presidente dell’Istituto Toniolo -, sicuramente meno degli adulti. Non stiamo parlando di giovani rassegnati, ma la risposta da dare a loro è complessa. Mi colpisce il loro indice di fiducia al 66% per il volontariato, che si realizza anche all’interno della Chiesa, che tuttavia raccoglie solo il 33% dei consensi. Nel Centrosud e nelle Isole c’è una voglia di partecipazione superiore che al Nordest. Lo studio ci offre uno studio per avviare un confronto e una riflessione per capire come motivare i giovani».
A tirare le somme, dopo questa carrellata di dati e commenti, è stato il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi: «Questi dati dovrebbero farci riflettere – sottolinea il porporato -. Sono uno specchio di una situazione che è curioso di come si faccia fatica a crederci. Ma la parte della Chiesa è questa qua. Aiutateci ad avere cultura e continuate ad aiutarci a comprendere i problemi e come entrarci dentro, ma soprattutto a scegliere. Per aiutare la Chiesa a parlare dei problemi, a parlare di contraddizioni e proporre soluzioni. Quanto descritto è preoccupante, ma è molto interessante e positivo il discorso del volontariato, perché appunto i giovani hanno richieste serie: responsabilità e credibilità. Mi fa piacere osservare come il presidente Sergio Mattarella sia in testa alla classifica della fiducia, perché significa che la presidenza resta un’istituzione vera e non deludente. La partecipazione è trovare anche qualcosa in cui valga la pena. La domanda spirituale nei giovani è importantissima, e questo coinvolgimento nel volontariato lo dimostra. Questa è una severa interrogazione dei giovani, che ci chiede se siamo credibili o meno. Speriamo di essere degli alleati positivi, nell’incertezza e nella fragilità. Mi colpisce come la richiesta di mondialità sia sempre forte. Non esiste infatti una soluzione per coltivare solo il proprio orticello. L’Europa è il nostro giardino. La richiesta resta sempre di una buona politica».