Cristiani in Italia: “Non restiamo divisi, per non essere messi da parte”
"L’ecumenismo è ancora un fatto per pochi - constata monsignor Derio Olivero -, ma abbiamo intuito quanto sia essenziale per riscoprire la propria Chiesa ed è uno stimolo per dire cosa fa la Chiesa cattolica. L’ecumenismo è essenziale perché la nostra società attuale è multiculturale e sarebbe assurdo e controproducente non respirare l’ecumenismo"

Ieri a Roma le Chiese cristiane in Italia si sono riunite in occasione dell’incontro dal titolo “Come immaginiamo il futuro dell’ecumenismo in Italia?”, promosso dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (Cei). Ad introdurre i lavori è stata la teologa e docente di Filosofia della religione alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale Giuseppina De Simone: «Partendo dal cammino dal quale veniamo, accompagnato dallo Spirito – afferma la studiosa -, proviamo a immaginare il futuro dell’ecumenismo in Italia. Quella che vogliamo vivere è una conversazione nello Spirito che è presente oggi, una presenza che dobbiamo imparare a scorgere e che ci indica la strada. In questa riflessione portiamo quello che siamo, non è un dibattito, anche se emergeranno delle idee. Il pensiero nascerà dalla condivisione della vita, partendo dall’esperienza di ciascuno. Nelle settimane scorse, è stata inviata ad ogni comunità una traccia per potersi confrontare all’interno: è stato chiesto di ripercorrere il cammino delle proprie comunità per capire da dove partiamo e contestualizzare l’incontro. “A ciascuno di noi, sarà data la disponibilità di raccontare l’esperienza e il cammino da cui viene».

Quindi, dopo il confronto tra i partecipanti, è intervenuto monsignor Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso: «L’ecumenismo – osserva il presule – non è solo un fatto di buona educazione, ma è anche per provocare qualcosa nell’identità della propria Chiesa. Nella mia esperienza di ministro, l’ecumenismo è passato dall’essere marginale all’essere essenziale. Quando sono andato a Pinerolo come vescovo ho toccato con mano l’ecumenismo e ho capito che il rapporto era essenziale. L’impegno di oggi, quale presidente della Commissione, mi ha aiutato a riscoprirlo. Ho capito che siamo nel momento in cui lo consideriamo essenziale. Il fatto, ribadito anche da alcuni dei presenti oggi, è che l’ecumenismo è ancora un fatto per pochi, ma abbiamo intuito quanto sia essenziale per riscoprire la propria Chiesa ed è uno stimolo per dire cosa fa la Chiesa cattolica. L’ecumenismo è essenziale perché la nostra società attuale è multiculturale e sarebbe assurdo e controproducente non respirare l’ecumenismo».
Da qui l’invito a proseguire nel cammino ecumenico: «Il prossimo passo – rilancia monsignor Olivero – è guardare con sguardo critico a che punto siamo arrivati nel cammino dell’ecumenismo. Questa mattina, per esempio, è stata rilevata la mancata presenza dei laici e consapevolezza del nostro modo di stare dentro la società. In una società plurale non possiamo stare divisi, pena il rischio di essere messi da parte e di non essere al servizio della società».
Un processo di apertura che, a detta del vescovo di Pinerolo, fa bene anche alla Chiesa cattolica: «Stiamo diventando – constata monsignor Derio Olivero – anche noi una Chiesa di minoranza. Siamo in un’epoca, oltreché in un tempo di Sinodo, in cui ci dobbiamo chiedere quale forma debba assumere la Chiesa cattolica per il domani. Questo passaggio si può fare in tanti modi, ma uno dei primi è imparando dalle altre Chiese che è uno dei modi per riscoprire la nostra identità per il domani».
Dalle altre Chiese, dunque, si può quindi imparare: «Hanno delle ricchezze – sottolinea il presule – che noi abbiamo perso. Il loro modo di vivere il cristianesimo ci provoca al fine di recuperare alcuni aspetti e probabilmente a posizionarci in modo diverso nella società. Soprattutto, non crederci più quelli che hanno il monopolio del cristianesimo ci renderebbe sicuramente più dialoganti, forse anche con la società e la cultura. La grande cosa che dobbiamo apprendere è questa: imparare ad imparare. Lì dentro passa l’annuncio, non semplicemente dicendo il cristianesimo, ma accogliendo l’altro, accogliendo la certezza che nell’altro agisce Gesù Cristo, prima di arrivarci noi stessi».