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Fede: “Se non viviamo in amore e comunione, la gente non crede più”

"Che questa città - auspica monsignor Tommaso Valentinetti - possa avere tanti piccoli semi d'amore dentro le case, dentro le parrocchie, dentro le storie delle associazioni, dei movimenti. Che si senta palpitare forte questo cuore di Gesù che ama attraverso di noi, di Gesù che vuole che il suo amore raggiunga gli estremi confini della Terra, per preparare quel giorno in cui tornerà nella gloria"

Lo ha affermato sabato l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la santa messa nella solennità del Corpus Domini

L'arcivescovo Valentinetti porta in processione il Santissimo Sacramento

Come ogni anno, anche nella serata dello scorso sabato in tanti hanno partecipato alla processione del Corpus Domini sulle strade di Pescara, partendo dalla Cattedrale di San Cetteo fino a giungere nella chiesa dello Spirito Santo. Un itinerario, quest’ultimo, compiuto attraversando via D’Annunzio, via Vittoria Colonna, viale Marconi, piazza Unione, Ponte Risorgimento, piazza Duca d’Aosta, Corso Vittorio Emanuele e via L’Aquila.

L’arcivescovo Valentinetti pronuncia l’omelia

Tutto questo al termine di una santa messa molto partecipata, all’interno della Cattedrale di San Cetteo, e presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti il quale, come sempre, ha lanciato un messaggio chiaro e deciso alla comunità diocesana nell’omelia: «Chi c’era nella celebrazione della messa crismale, la sera del Mercoledì santo – afferma il presule -, ricorderà che esordii dicendo che il cammino più importante che il Signore ci mostrava in questa Pasqua era, fondamentalmente, il cammino dell’amore, del volerci bene. Ci siamo fatti molte domande su questo volerci bene. Ora il cammino della Pasqua è stato concluso, abbiamo 50 giorni fino a Pentecoste, abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo che corrobora il nostro bene, lo Spirito Santo è amore. E domenica scorsa una celebrazione dogmatica alla Santissima Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ancora una volta uniti dal mistero dell’amore. Ora l’amore ha bisogno di segni, ha bisogno di comunicarsi, ha bisogno di farsi vedere. E Gesù non ha mai cessato di dare segni dell’amore. Nei confronti dei peccatori, nei confronti dei malati, nei confronti dei suoi discepoli. E il segno dell’amore ultimo che ha fatto vedere, è stato proprio lo spezzarsi del pane e il versarsi del calice che diventano il suo corpo e il suo sangue, come per dire “Io sono l’amore e l’amore deve rimanere con voi per sempre. Mangiate e bevete, perché questo è l’amore per molti”. Ma la traduzione migliore sarebbe “È l’amore per le moltitudini, cioè per tutti”. E allora torno alla domanda: siamo noi i segni dell’amore, sedendoci – qualcuno quotidianamente e quasi tutti noi settimanalmente – alla mensa eucaristica? E questo amore come si esprime? Si esprime solamente col pensiero? Si esprime solo con gesti affettuosi? O si esprime nella concretezza, perché la concretezza è il segno dell’amore e il pane e il vino sono segni concreti, non sono segni aleatori. E sono sempre qui e sono sempre a disposizione il pane e il vino, segni dell’amore sempre fruibili, sempre mangiabili, sempre bevibili. Ma noi siamo segni dell’amore? Noi presbiteri, io vescovo, siamo segni dell’amore per il popolo di Dio, volendoci bene fra di noi? Perché questo è il mistero più faticoso, oserei dire».

Quindi una domanda rivolta direttamente ai fedeli presenti a messa, ma che vale per tutti: «E voi, fratelli e voi sorelle – interroga l’arcivescovo Valentinetti -, vi volete bene, ci volete bene, noi vi vogliamo bene? L’ho già detto molte volte e lo ripeto ancora, quando sento dire di piccole rivalità tra parrocchia e parrocchia, di incapacità di comprensione, di incapacità di condivisione, specialmente quando il vescovo – nel suo modesto ministero – cerca di unificare un po’ qualche comunità parrocchiale insieme, che fa fatica a farcela da sola. Ma siamo vittime di un campanilismo sfrenato o siamo capaci di vivere le dimensioni di una ricerca di comunione sempre più importante dentro questa epoca? Guardate che il mondo contemporaneo non ci crede più, non ci crede più. E la vive, se vive nella fede, se questo amore è “diffusivus sui”, si diffonde da se stesso. Ma se non vede questo amore, è difficile dare testimonianza, è difficile dire “convertiti”, è difficile dire la parola del Vangelo. È difficile dire “Gesù è risorto e credi nel risorto”. , Gesù è risorto, è risorto anche per quel poveretto che pochi minuti fa, purtroppo per strada, è morto per un infarto e vi chiedo di ricordarlo nella preghiera. Anche per noi Gesù è risorto. Ma Gesù è risorto soprattutto se creiamo segni di risurrezione e questi ultimi li crea l’amore, non li crea nessun altro. Chi siete? A questa mensa, e a tutte le mense eucaristiche indegnamente, dice San Paolo, è una cosa terribile, mangia e beve la propria condanna. Ora abbiamo sempre snocciolato i peccati più assurdi, per dire che eravamo indegni di sederci a questa mensa. Tutti i 10 comandamenti, uno dopo l’altro. Benissimo. Ma se sediamo a questa mensa senza portare nel cuore l’anelito dell’amore, l’anelito della fraternità a cui tiene tantissimo Papa Francesco, se non portiamo dentro il cuore questo estirpare il cuore di pietra che ci fa giudicare, che ci fa criticare e ci fa pensare all’altro con un nemico, se non togliamo tutto questo attenzione, sediamo alla mensa, ma mangiamo e beviamo la nostra condanna, perché l’amore è la cosa più importante».

La Cattedrale di San Cetteo gremita nella solennità del Corpus Domini

In seguito l’arcivescovo di Pescara-Penne ha fatto un riferimento esplicito, relativamente alla processione che sarebbe partita di lì a poco: «Allora fratelli, sorelle – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti -, adesso fra poco passeremo con la processione per alcune strade della nostra città. Vorrei che facessimo questa preghiera passando su queste vie… Che questa città possa avere tanti piccoli semi d’amore dentro le case, dentro le parrocchie, dentro le storie delle associazioni, dei movimenti. Che si senta palpitare forte questo cuore di Gesù che ama attraverso di noi, di Gesù che vuole che il suo amore raggiunga gli estremi confini della Terra, per preparare quel giorno in cui tornerà nella gloria. Tornerà nella gloria e ci dice che Lui berrà nuovo il vino che ha preparato, perché vorrà fare festa. Ma siamo pronti ad entrare a questa festa? Siamo capaci di mettere l’abito nuziale? Siamo capaci di indossare le vesti belle dell’amore e la gratitudine, per essere pronti a raccogliere il sorriso dello sposo? Che questa Chiesa abbia sempre il sorriso della sposa e il sorriso della sposa è l’amore. Io ho una pretesa… Che questa Chiesa santa di Pescara-Penne, possa avere il sorriso dell’amore, anche perché in questo tempo si sta tanto odiando, si sta tanto ammazzando, si sta tanto perseguitando. E sapete a chi mi voglio riferire? Decine, centinaia di morti, di bambini, di civili… Assurdo, assurdo, assurdo! Non smetteremo mai di gridare che la che la guerra è un’assurdità ed è la negazione dell’amore. Che il sorriso di questa città, di questa diocesi, possa essere il piccolo seme che caduto per terra porta frutto e, portando frutto, continua a seminare nel tempo e nella storia le logiche dell’amore vero. Amen».

About Davide De Amicis (4458 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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