Nonviolenza: “È la logica dei cristiani, sopportando calunnie e maldicenze”
"Dobbiamo avere un sussulto di umanità - esorta monsignor Tommaso Valentinetti -, dobbiamo avere un sussulto di verità, la guerra ha sempre portato la guerra, non ha mai portato la pace. Tanto è vero che la Prima guerra mondiale ha portato la Seconda guerra mondiale"

Una chiesa dell’Annunziata gremita, ieri sera a Penne, ha partecipato alla santa messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti – concelebrata dal parroco don Andrea Di Michele – in onore di San Massimo patrono della città vestina e compatrono dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne.

Nell’omelia il presule ha fatto un paragone tra l’antica società romana dei tempi di San Massimo (morto a seguito delle persecuzioni compiute dall’imperatore Decio), nella quale «l’ordine che risuonava in qualche modo era vincere a tutti i costi, dominare, avere più forza tanto da suscitare anche la reazione, qualcuno direbbe molto normale, dei benpensanti israeliti, qualcuno organizzandosi per opporre resistenza e rovesciare le sorti», e l’attualità per constatare come poco sia cambiato: «Ma la mentalità anche del prevalere a livello individuale sull’altro – conferma l’arcivescovo Valentinetti -, dell’essere più ricco dell’altro e questo, purtroppo, è una realtà ancora molto presente in questo mondo, ma anche la stessa realtà descritta poc’anzi, perché si stanno facendo questi conflitti a cui stiamo assistendo. Forza, potere, dominio, sfruttamento delle materie prime… “Ti devo distruggere! No, io devo distruggere te”».
Una mentalità che va nella direzione totalmente opposta a quella di Cristo: «È totalmente il rovescio di questa mentalità – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne, perché Gesù dice “Attenzione, volete seguirmi? Volete stare dietro a me?”. La logica non è quella del potere, non è quella della forza, non è quella della ricchezza, non è quella della prepotenza, non è quella della calunnia, non è quella dell’invidia, della gelosia. La logica è essere chicco di grano, che cade per terra e muore perché tutti i chicchi di grano quando sono giustamente seminati muoiono, si disfanno nella terra e disfacendosi nella terra non rimangono da soli, ma producono molto frutto. Ricordate quella bella parabola del buon senatore il seminatore che esce e una parte del grano va una parte sulla strada, una parte sulle spine, una parte sulla sui sassi e infine una parte sulla terra buona? E quello che va sulla terra buona produce il 30, il 60 il 100 × 1, ma muore perché si perde nella terra».

Ecco la logica dei cristiani: «Che molto spesso, nei secoli – osserva monsignor Valentinetti -, abbiamo anche un po’ smarrito in alcune circostanze. La nostra logica è quella della nonviolenza, di chi è capace di sopportare anche le maldicenze, di chi è capace anche di sopportare le calunnie, ma con la certezza che ci è data dalla parola di San Paolo apostolo ai romani… “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”. Ma perché? Domenica scorsa abbiamo ascoltato una parola bellissima “Non siamo stati noi ad amare Lui, ma è Lui che ha amato noi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Allora, chi ci separerà dall’amore di Cristo? La tribolazione? L’angoscia? La persecuzione? La fame? La nudità? Il pericolo? La spada? Per causa Tua, siamo capaci di sopportare ogni cosa e anzi, possiamo essere considerati anche pecore da macello. Ma in tutte queste cose siamo più che vincitori. Ma non grazie alle nostre forze, non grazie alle nostre capacità. Grazie sì alla nostra onestà, questo sì, grazie sì alla ricerca della verità, questo sì, ma soprattutto grazie all’amore del Signore. Perché sono persuaso che ne è morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezze, né profondità. Cioè, la potete mettere come vi pare e potete fare quello che vi pare, ma nessun altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore. San Massimo questo lo ha fatto – ricorda il presule – e come lui lo hanno fatto tanti santi, i quali hanno capito che la logica non era quella del mondo, ma quella di Cristo».
Partendo da questo presupposto, il presule ha rivolto un monito ai tanti presenti nella chiesa dell’Annunziata e a tutti i credenti: «Ora io capisco che questo discorso che sto facendo va controcorrente – ammette l’alto prelato -, perché la televisione continua a proporre immagini di forza, di violenze, di sopraffazione, di potenza sia nella cronaca, sia nei vari film, telefilm e compagnia bella, per cui anche l’educazione dei giovani è appiattita su questa deriva negativa. Qui questa sera, ad eccezione di alcuni scout, siamo tutti adulti. Ma noi che mondo stiamo preparando per questi ragazzi? Che mondo stiamo preparando per le prossime generazioni? Su che cosa stiamo fondando le nostre capacità educative? Mi sembra che siamo un popolo di rassegnati, non abbiamo più sussulti! L’ho detto domenica scorsa alla messa per la festa di San Nunzio… Non sono certo d’accordo sui metodi alcuni gruppi giovanili stanno usando per dire no alla guerra, il metodo della violenza non è mai un metodo buono, ma sono molto d’accordo sui contenuti. Dobbiamo avere un sussulto di umanità, dobbiamo avere un sussulto di verità, la guerra ha sempre portato la guerra, non ha mai portato la pace. Tanto è vero che la Prima guerra mondiale ha portato la Seconda guerra mondiale. Mi smentiscano gli storici qui presenti se non è così e via di questo passo, se torniamo indietro nella storia».

A tal proposito, l’arcivescovo Valentinetti ha ripreso le parole di Papa Francesco: «Faccio eco a quelle parole – ribadisce l’arcivescovo di Pescara-Penne – e faccio ecco a quella sofferenza. Noi vescovi dell’Abruzzo-Molise l’abbiamo visto poche settimane fa e vi assicuro che è un uomo il quale innanzitutto sta bene, mentalmente e fisicamente. Solamente la gamba gli dà problemi. E poi, oltre a star bene, è capace di dirigere la Santa madre Chiesa. Perciò gli facciamo eco volentieri, ma sicuramente sta vivendo un momento di grande fatica e di grande sofferenza, perché è l’unica voce che dice queste cose. Tutto è appiattito, tutto è morto di fronte a una tragedia che può diventare una tragedia ancora più grande. Qualcuno deve pur dirle queste cose e le dico perché, grazie a Dio, la chiesa è piena e spero che nel cuore vostro un po’ di sensibilità San Massimo, questa sera, ne metta. Amen».
Al termine della santa messa, l’effige di San Massimo è stata portata in processione attraverso le strade del centro storico di Penne.