“Siamo cercatori indomabili di Cristo: la risposta alle nostre inquietudini”
"Sogniamo che questo amore del Signore è un amore possibile - rilancia l'arcivescovo Valentinetti -. Non dobbiamo smettere di sognare un avvenire più bello, non dobbiamo smettere di sognare bellezze straordinarie. I Magi hanno sognato, hanno sognato prima e hanno sognato dopo. Giuseppe ha vissuto la sua vita sognando. Anche per la nostra Chiesa è necessario sognare. Sognare che questo amore del Signore può risplendere dentro il cuore di questa storia"

Ieri mattina è stata la parrocchia di San Nunzio Sulprizio a Pescara a ospitare la santa messa dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo, presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti il quale ha subito esordito ricordando il significato di questa solennità: «Manifestazione di Gesù al mondo intero – introduce il presule -, manifestazione a chi lo cerca».

Poi la proclamazione della Parola di Dio, l’annuncio del giorno di Pasqua (domenica 31 marzo 2024) e l’omelia, attraverso la quale l’arcivescovo Valentinetti ha poi proseguito nell’approfondire l’importanza dell’Epifania: «Comunemente – spiega -, questa festa è significata per la manifestazione di Gesù, di Cristo a tutti i popoli della terra. Il segno dei Magi, di questi re stranieri che vengono da lontano, vengono dall’Oriente, non è altro che il segno di questa manifestazione a tutto l’orbe terracqueo. Ma la manifestazione anche ad ogni persona, tant’è vero che le feste dell’Epifania e del Battesimo del Signore sono molto legate fra di loro. Già domani (oggi per chi legge) la liturgia, essendo la prima domenica dopo l’Epifania, ci fa fare proprio la festa del Battesimo del Signore, ancora una volta Gesù che si manifesta in Spirito Santo».
Ma a questo punto, l’arcivescovo di Pescara-Penne si è posto una domanda: «È riconosciuto Gesù? – s’interroga – Da duemila anni più che si è manifestato e continua a manifestarsi, è riconosciuto? Gli uomini di questo mondo, di questa terra, di questa nostra società, sia globalmente presi sia individualmente presi, lo riconoscono? Ma soprattutto, alla luce della ricerca che i Magi hanno fatto di quel bambino, gli uomini di questo mondo lo stanno cercando? Oserei dire proprio di no. Non sono pessimista, assolutamente, chi mi conosce sa che sono un indomabile ottimista, ma leggo la storia, leggo la realtà. I segni dell’amore di Cristo, i segni del perdono, i segni della pace, i segni che i Magi hanno trovato nella grotta di Betlemme, l’intimità bella di una famiglia, di una semplicità, di una ricerca anche dell’essenziale, pur nella necessaria povertà della vita, oggi non sono cercati, oggi non sono scrutati. Eppure è la ricerca di Dio la cosa più importante e quella più nascosta nel cuore di ogni uomo. L’anelito del Salmo “Il tuo volto, Signore, io cerco, mostrami il Tuo volto” è quasi soffocato, ma è un anelito che sta dentro il cuore dell’umanità, a cui l’umanità non riesce a dare spazio, e va a cercare le soddisfazioni delle risposte più profonde ai quesiti della vita altrove, come Erode. Lui cercava le risposte alle sue domande nel potere, nel lusso, nella ricchezza, nell’adulterio. Cercava le risposte, anche lui affannoso cercatore di quel Dio che a malapena conosceva, ma che chiaramente gli sfuggiva. Tant’è vero che alla fine, quando si accorge che c’è qualcun altro che lo sta cercando, gli nasce il desiderio di sopprimerlo, gli nasce il desiderio di ammazzarlo. E fa una cosa terribile, fa ammazzare tutti i bambini di Betlemme, da due anni in giù. Una strage di innocenti».

A tal proposito, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha fatto un accostamento con la situazione attuale: «Ci sarebbe molto da dire sulle stragi degli innocenti – constata -, anche di questo tempo, di questa storia, di questa epoca, di chi pensa che con la guerra risolve ogni problema, di chi pensa che con il potere cerca di scavalcare un’umanità che pur ha diritto di vivere». Da qui l’esortazione del presule: «E allora, cari fratelli – invita monsignor Valentinetti -, io credo che questa mattina noi dobbiamo rimboccarci le maniche e cercare anche noi. Sì, perché anche noi siamo – o dobbiamo essere – indomabili cercatori di Cristo. Indomabili cercatori di quel Signore che non tanto con le parole, ma quanto con la vita, ma quanto con la testimonianza, dobbiamo rendere presente dentro questa storia, perché questa storia ha bisogno di incontrare Cristo, perché solo Cristo è la risposta alle inquietudini dell’uomo. Quando San Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero pontificale, nel lontano 1978, nel discorso inaugurale disse quelle famose parole “Aprite le porte a Cristo. Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo, aprite le porte delle nazioni, aprite le porte dei cuori, aprite le porte degli arsenali, aprite le porte dei granai, aprite le porte a Cristo”. E credo che noi cristiani, forse piccolo gregge, “pusillux grex” come direbbero gli antichi latini, abbiamo questo compito di portare l’apertura dell’amore del Signore dentro la storia di questa umanità. Non è facile, non è semplice. C’è sempre qualcuno che ci vorrebbe far smettere di cercare, c’è sempre qualcuno che vorrebbe – in qualche modo – impedircelo».
Ma, a detta del presule, c’è un metodo per non farci bloccare: «Quando ci rendiamo conto – avverte l’arcivescovo Valentinetti – che, forse, dobbiamo far ritorno a casa per un’altra via per ricominciare da capo, per riprendere il cammino, ancora una volta, facciamolo dopo aver fatto un bel sogno, così come i Magi. Sogniamo che questo amore del Signore è un amore possibile. Non dobbiamo smettere di sognare un avvenire più bello, non dobbiamo smettere di sognare bellezze straordinarie. I Magi hanno sognato, hanno sognato prima e hanno sognato dopo. Giuseppe ha vissuto la sua vita sognando. Anche per la nostra Chiesa è necessario sognare. Sognare che questo amore del Signore può risplendere dentro il cuore di questa storia. Che la Vergine Maria ci prenda per mano e ci conduca a camminare per queste vie. Amen».