MENU
Ultime notizie

“Investire sul sapere vuol dire costruire ciò che vogliamo essere”

"Non mi spaventa la complessità - afferma l'arcivescovo e moderatore dell'Istituto Toniolo monsignor Valentinetti -, anzi, abbiamo detto tante volte che le cose complicate si possono risolvere una per una, ma una realtà complessa non si risolve. È complessa, bisogna viverla e starci dentro. È questo il paradigma dentro la capacità di insegnamento ed il paradigma dentro la Chiesa, dentro la comunità di credenti che oggi, più che mai, si sentono smarriti"

Lo ha affermato l’amministratore della Scuola di formazione digitale e networking Talent garden Davide Dattoli, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico 2023-2024 dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo” di Pescara

Da sinistra l'arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, Claudio Ubaldo Cortoni e don Alessio De Fabritiis

Ha indagato i nuovi confini della conoscenza, interrogandosi sull’avvento dell’intelligenza artificiale, la prolusione dal tema “Sapere: voce del verbo formare. La necessità di cambiare il modo di insegnare nel Digital age” che, lo scorso giovedì 30 novembre presso l’aula magna dell’Istituto Nostra Signora di Pescara, ha inaugurato l’anno accademico 2023-2024 dell’Istituto superiore di scienze religiose “Giuseppe Tonioloil quale ha ospitato gli interventi del fondatore e amministratore della Scuola di formazione digitale e networking Talent garden, nonché angel investor e keynote speaker Davide Dattoli e del monaco, bibliotecario e archivista presso il monastero di Camaldoli nonché docente al Pontifico Ateneo Sant’Anselmo di Roma Claudio Ubaldo Cortoni, moderati dal docente dell’istituto don Alessio De Fabritiis. I due relatori hanno scritto a quattro mani il libro “Sapere è potere. Da Aristotele al ChatGpt”, perché il futuro dipende dalla nostra formazione” edito da Rizzoli.

Davide Dattoli, fondatore e amministratore della Scuola di formazione digitale e networking Talent garden, collegato in videoconferenza

Ad ascoltarli una platea di studenti, futuri insegnanti di religione, che si stanno formando nell’ateneo dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne collegato alla Pontificia Università Lateranense di Roma, nonché il sindaco di Pescara Carlo Masci che ha portato il suo saluto: «Di fatto – esordisce Davide Dattoli, collegato in videoconferenza – l’idea di base è stata pensare che mai nella storia abbiamo avuto accesso a così tante informazioni come oggi pensiamo. In passato noi dovevamo viaggiare tra diverse biblioteche, dovevamo mandarci diversi manoscritti tra diversi luoghi. Oggi invece nel palmo della nostra mano, con uno smartphone o col nostro computer, possiamo accedere a quasi tutto lo scibile umano, possiamo avere accesso a sempre più conoscenza, ma è uno dei momenti storici in cui, paradossalmente, stiamo imparando di meno e dove il mondo della tecnologia sta totalmente cambiando il mercato e il mondo del lavoro. Se noi pensiamo che oggi sono si stanno creando lavori che anche solo cinque anni fa non esistevano… Pensiamo a tutto ciò che è l’artificial intelligence, l’intelligenza artificiale di cui si parla tanto. Se ne parla da circa 10 anni, ma se guardiamo oggi l’impatto che ha creato negli ultimi 12 mesi, grazie a questa ChatGpt che è diventata poi una delle sue espressioni più famose, sta totalmente cambiando il modo di studiare, di lavorare, di applicarsi nella vita quotidiana. Pensate che uno dei problemi più grossi che si sta vedendo nelle scuole è l’utilizzo di ChatGpt per fare i compiti aziendali nel quotidiano. E il rischio è che, di fatto, ci sia sempre meno ragionamento e pensiero da parte degli studenti e su questo si sta creando anche tutta una dinamica, un discorso sul tema dell’intelligenza artificiale, del digitale e più in generale degli aspetti negativi. Ecco il problema nel lato positivo e negativo è che la tecnologia è qua, non possiamo più bloccarla, è qualcosa che è entrata nelle nostre vite, nelle vite di chi è intorno a noi. Lo Stato oggi ci permette di accedere alla maggior parte dei documenti solo tramite lo Spid, nella comodità di alcuni e nella scomodità di altri».

E quest’ultimo rappresenta un passaggio importante: «Il fatto che – sottolinea l’esperto – la tecnologia sta cambiando le nostre vite a una velocità che mai prima si era vista. Pensate che per arrivare a 100 milioni di utilizzatori la tv ci mise più di trent’anni, ChatGpt ci ha messo meno di quattro settimane. Questa enorme capacità, questa enorme innovazione che avviene, che è dirompente, che noi possiamo fare, cambia la nostra percezione, cambia la nostra necessità di formarci, cambia la necessità e i lavori sui quali possiamo andare a fare. Pensate che ci sono lavori che non esistevano, come dicevo prima, cinque anni fa e che oggi occupano migliaia di persone. Mi raccontava un amico che lo stipendio medio di coloro che lavorano in ChatGpt oggi è di 800 mila euro l’anno. Una cifra “monstre” che in Italia non guadagnano neanche amministratori delegati di aziende da decine di migliaia di dipendenti. È quello il salario di base di accesso ad un’azienda tecnologica come questa. Una follia, se la guardiamo da certi punti di vista, ma anche una realtà nel mondo d’oggi. Non tutti sono così, purtroppo o per fortuna, ma in realtà quello che si sta creando sono enormi opportunità. Questa trasformazione così veloce apre l’opportunità a chi ha voglia di imparare, a chi ha voglia di scoprire, a chi ha voglia di investire su se stesso, una serie di opportunità di carriera, ma soprattutto una serie di abilitazioni del nostro cervello, della nostra capacità di pensiero che non avevamo prima. Con Ubaldo il pensiero è stato vedere due mondi diversi. Talent Garden, questa azienda che ho avuto l’onore di co-fondare la quale oggi mette insieme più di 4.500 startup in tutta Europa: nuove imprese che stanno generando progetti e attività, iniziative diverse e studenti che vengono ad imparare da loro come fare, rispetto all’Eremo di Camaldoli che sembra un luogo così eremita, così in mezzo al nulla, ma che in realtà è così connesso al mondo. Scoprirete poi da padre Ubaldo anche il perché di questa connessione e di questo essere al centro delle diverse discussioni. Ecco, queste domande sembrano e sono così diverse, ma quello che le persone in entrambi i luoghi vengono a cercare è spesso la stessa cosa. Vengono a cercare il come trovare se stessi, come trovare il proprio percorso di vita, come riuscire ad accelerare o cambiare determinate scelte che hanno fatto o che vogliono fare. Perché il problema è che quando le cose cambiano così velocemente, la prima problematica che ci troviamo di fronte è la paura dell’ignoto, del non capire. Il tutto deriva da un chiudersi al nuovo, alla conoscenza, e siccome non possiamo bloccarlo, non possiamo mettere le mani davanti e cercare di bloccare la tecnologia che arriva, così come non abbiamo potuto evitare che nascesse l’enciclopedia in un momento in cui – fino ad allora – c’erano molti più tomi. E quando si parlava di enciclopedia, si diceva che si distruggerà il sapere moderno, perché tutto sarebbe stato messo in pochi volumi. Non si è distrutto il sapere moderno, ma il sapere si è evoluto. Questa continua evoluzione, però, richiede un grande investimento in noi stessi».

Una parte del pubblico presente all’Istituto Nostra Signora

Per questo, nel libro “Sapere è potere” Dattoli e Cortoni, hanno provato a elaborare nove lezioni, nove passaggi che – secondo loro – sono fondamentali: «Il primo, forse più importante – approfondisce il fondatore della Scuola di formazione digitale e networking Talent garden -, è quello di sapersi fare le domande giuste, il saper fare le domande giuste sulle cose che accadono intorno a noi. Newton, quando ha visto cadere la mela dall’albero, si è chiesto il perché cade dall’alto verso il basso piuttosto che da destra verso sinistra e da lì sono partiti i suoi studi che ha portato avanti. Così come Elon Musk si è chiesto perché la vita sul pianeta deve essere solo su quello terrestre e non possiamo andare a vivere su Marte o sulla Luna? E oggi le innovazioni che Tesla e che Space X stanno portando avanti, fanno sì che la Nasa abbia totalmente ormai affidato le proprie attività, le proprie iniziative, ad un’azienda privata che sta costruendo la ricerca sullo spazio. Tutto però parte dal farsi le domande giuste sull’andare nello spazio, ma anche sulle o sulla teoria della relatività oltre che sulle cose più vicine a noi. Dobbiamo essere in grado di essere curiosi, di capire come non spegnere il cervello, e l’errore più grande che facciamo è pensare che questo sia un tema di età. Da giovane impari, da grande metti a frutto e poi condividi agli altri. Questo, purtroppo, non è più vero. Ognuno di noi deve imparare ogni giorno, ognuno di noi non deve mai sedersi sul dire “So abbastanza”, perché mai nessuno sa abbastanza, e invece essere in grado di continuare ad imparare è la cosa più importante, nel nostro secolo, nel momento in cui tutto si muove così velocemente. E se continuare ad imparare diventa così importante, come farlo diventa la sfida».

Ad esempio, un capitolo del libro “Sapere è potere” è dedicato all’idea di routine: «All’idea – illustra Davide Dattoli – del capire che cosa io non posso semplicemente dirmi “Io apprendo perché apprendo”, perché c’è qualcuno di noi che è più portato magari a leggere qualche pagina di libro tutti i giorni. C’è qualcun altro il quale, preso dalle mille faccende quotidiane, rischia che quell’apprendimento l’abbia fatto alle scuole o all’università e quello purtroppo non basta. Non basta per il lavoro, ma non basta neanche per noi stessi. Ecco allora che costruirsi una routine quotidiana, del capire ogni giorno cosa voglio imparare, quali sono gli spazi, così come definisco che userò l’auto per arrivare al lavoro e che lavorerò determinate ore, qual è il momento della giornata o della settimana dove davvero imparerò. E durante una presentazione, una delle cose che mi ha più colpito è stata una mamma che, ad un certo punto, ci ha raccontato del fatto che lei ogni sabato, a pranzo con i suoi figli e col suo marito, si mette a tavola e ognuno di loro racconta la cosa che ha imparato quella settimana. I figli raccontano cosa hanno imparato a scuola e loro raccontano cos’hanno imparato nel contesto lavorativo dalla vita quotidiana. Ecco una semplice routine di questo tipo, una semplice momento fisso in cui non solo definiamo cosa imparare, ma anche riflettiamo su cosa abbiamo imparato, è un altro degli elementi chiave».

Quindi oltre al normale apprendimento c’è dell’altro: «Così come abbiamo parlato tantissimo – riflette l’imprenditore digitale -, abbiamo provato a fare un tema, forse la parte più importante dell’apprendimento non è soltanto quello della lettura. Il libro è uno strumento, non è un fine, è semplicemente un mezzo. Ecco, se il tema non è libro, la cosa da cui davvero impariamo di più è il confronto con gli altri. Sapere se costruire un network, sapersi mettere intorno delle persone giuste è forse la cosa più importante. Se siamo coloro che sono in grado di circondarsi delle persone giuste, ecco, forse si può fare la differenza. E su questo è uno dei piccoli aneddoti che citiamo. È stata una bella conversazione che ebbi con Vittorio Colao, amministratore delegato di un grande gruppo telefonico, che ci raccontò questa cosa secondo me molto bella. Lui disse “Io ogni anno, all’inizio dell’anno, definisco le 100 persone che voglio frequentare quell’anno, che per lavoro devo incontrare, conoscere e fare. Certo le mie persone di famiglia, i miei amici d’infanzia, ma ogni anno definisco 4, 5 o 10 persone che voglio frequentare di mondi magari diversi, di cose diverse, perché nel volerle conoscere e nel confrontarmi con loro, imparerò da loro e diventerò chi io voglia diventare”. Definire chi frequentare, le persone da incontrare e conoscere. È importante tanto definire che libri leggere, che strumenti diversi, perché forse oggi il grande cambiamento dell’apprendimento – un tema su cui abbiamo riflettuto tanto – è che viene spesso troppo spesso legato ad uno strumento. Il libro, senza dubbio i giornali, ognuno ha il suo strumento».

Strumenti che ultimamente si sono enormemente moltiplicati: «Il sapere è in tantissime forme diverse – precisa il fondatore e amministratore delegato della Scuola di formazione digitale e networking Talent garden -. Possiamo averlo in un video, possiamo averlo in un podcast, possiamo averlo in un audiolibro. Cambiano gli strumenti, ma quello che non cambia – torno a dire è la cosa più importante – dev’essere il continuare ad imparare e apprendere per cercare di fare la differenza. E non è solo un tema di performance lavorative o di carriera che vogliamo raggiungere, ma è un tema di cervello. Chiudo con questo aneddoto, che è stato uno delle cose che ho più ho imparato, che più mi hanno più incuriosito nella vita e a cui mi sono sempre ispirato. Che questa cara amica di mia mamma di Torino, che pur negli ultimi giorni di vita – a quasi novant’anni – ogni volta che io andavo a trovarla, anche nei mesi precedenti, moriva dalla curiosità di farmi domande su cos’era Talent Garden, su cos’era il mio lavoro, su di che cosa mi occupavo, probabilmente non capendo che cos’era una scuola di formazione sui lavori digitali. Ma avendo la curiosità di continuare ad imparare. Ecco il suo cervello, che alla fine è un muscolo così come un bicipite, se non lo continuo ad allenare difficilmente potrò riuscire a sollevare un peso. Il cervello deve continuare a imparare, ad essere curioso. Questa persona di Torino mi ha insegnato che la curiosità non è qualcosa da giovani, non è qualcosa che ho imparato e su cui posso monetizzare. È qualcosa che deve continuare a tenere con me tutta la vita. Devo continuare a imparare per potermi evolvere come persona, come cittadino, come essere vivente. Ed è la sfida più grande che, come dicevo prima, va pianificata, organizzata con un giusto network, col farsi le domande giuste, con un giusto modello di apprendimento. Ognuno di noi ha metodi diversi, ma non possono essere lasciati al caso. Investire sul proprio sapere vuol dire potere, vuol dire poter costruire quello che vogliamo essere. In un mercato che sta cambiando così velocemente, diventa ancora più importante».

Claudio Ubaldo Cortoni, monaco, bibliotecario e archivista presso il monastero di Camaldoli

Ha proseguito la riflessione il monaco camaldolese Claudio Ubaldo Cortoni: «Parto da un presupposto, che è stato detto anche da Davide – afferma -, i cambiamenti si accompagnano, non si combattono né si cerca di guidarli. Gli altri due atteggiamenti, quello di combattere e guidare un cambiamento, ci fanno sostanzialmente essere in qualche maniera non contemporanea di ciò che sta accadendo. Davide non vi ha parlato di contemporaneità, ma tutto quello di cui vi ha detto esattamente è “Siamo contemporanea a ciò che accade?” Questa è una domanda fondamentale. Vi racconto per questo alcune cose che sono anche nel libro che abbiamo fatto assieme. Un esempio, un monaco camaldolese del 1400, chiuso in una stanza, realizza nel 1450 il primo mappamondo. Si chiamava Fra Mauro, non è mai uscito dalla sua stanza ed è stata la rappresentazione del mondo che poi Cristoforo Colombo ha osservato. Se voi andate a Venezia lo vedete ancora. C’è l’Africa con tutte e due le coste delineate, senza che qualcuno avesse fatto la circumnavigazione. Ha messo insieme informazioni e dati e li ha tradotti in sapere, in visione. Un altro mio confratello che viaggiava, ma viaggiava poco come dico io, aveva il piacere di litigare con Newton e Leibnitz ogni giorno. Non erano menti semplicemente grandi, erano menti aperte. Persone che cercavano sostanzialmente una via di conoscenza e noi dimentichiamo che cosa significa conoscere. La cosa che mi preoccupa di più, ed è il motivo per cui abbiamo scritto il libro, è che normalmente la conoscenza si è bloccata, soprattutto c’è un cattivo uso degli strumenti come ChatGpt e il resto, è perché non formuliamo vere domande perché noi siamo rimasti alle nozioni. Per noi conoscere è una nozione, ma non è una nozione, è un processo. Ecco che cosa fa l’intelligenza artificiale, pur essendo l’intelligenza una simulazione di intelligenza, che cosa simula? Un processo di conoscenza alla cui origine c’è una domanda. Se poniamo male la domanda, è ovvio che noi non raggiungeremo mai lo scopo per cui abbiamo l’abbiamo posta, perché prima di tutto noi non abbiamo una domanda. Questo si vede sempre, per chi insegna, negli studenti che a cui si dava la tesi. Non sanno che cosa ricercare. Ma vi rendete conto di che cosa significa questo? Noi possiamo avere qualsiasi tipo di strumento, ma chiedetevi che cosa state ricercando, non che cosa volete dimostrare. La tesi è una brutta cosa. Le tesi di oggi sono diventate di 600 pagine. Le tesi nel ‘700 erano tre punti discussi in quattro pagine. Ma non capisco come mai c’è il proliferare di tante pagine il cui risultato è minore di tre pagine con quattro punti».

Da qui l’allarme lanciato dall’accademico: «Vuol dire – avverte il camaldolese – che c’è una cattiva struttura del conoscere. Il libro non è in sé la conoscenza. Quando voi leggete un libro, voi non avete la conoscenza, avete uno step. Vi serve per portare avanti una domanda che voi avete. Non troverete in un libro una risposta, troverete materiale per una risposta. Un non padre della Chiesa, Woody Allen non è un padre della Chiesa, nel 1971 si pone una domanda che è all’origine sia dell’intelligenza artificiale, sia di un’etica all’interno della intelligenza artificiale: “È possibile conoscere la conoscenza?” Non è possibile conoscere, è possibile comprendere la conoscenza. Quello che attualmente spaventa di più dell’intelligenza artificiale, è che in realtà è il riflesso della nostra paura di dirci esattamente questa domanda. E continua in questa maniera Allen nel ‘71 “E se non lo è, come facciamo a saperlo?” L’intelligenza artificiale è esattamente questo specchio. Anche se non fosse possibile conoscere il processo della conoscenza, e capiamo che non è possibile, chi ce lo dimostra questo? Sono processi, non contenuti. Io non riesco a capire ostinatamente come mai non riusciamo ad entrare nella logica di come si conosce rispetto all’insieme della famosa piramide della conoscenza, dato, formazione, conoscenza e sapienza. I primi due sono quelli che ti forniscono l’intelligenza artificiale, ma per arrivare alla sapienza e alla conoscenza, è l’utilizzo che noi ne facciamo di quel materiale organizzato. Ricordatevi che l’intelligenza artificiale su calcoli, i famosi algoritmi non fa altro che organizzare in qualche maniera un’informazione, un dato su base statistica. Ecco perché sono spaventati del fatto che potrebbe risolvere un problema matematico, perché il problema matematico non è l’organizzazione di dati, di informazioni».

Eppure, a detta del monaco camaldolese, anche con l’intelligenza artificiale l’uomo può mantenere il controllo: «Siamo noi ad essere ancora all’origine della conoscenza – sottolinea Cortoni -, perché la macchina non sa chi ti ha organizzato dati in informazioni. Ha selezionato la domanda che voi avete fatto attraverso i dati che gli avete dato. Codifica nomi, parole chiave, le trasforma e le ritrova. Ma vi può collegare anche mondi che prima erano impensati, questa è la grandezza dell’intelligenza artificiale. Vi può trovare quei nessi che a noi ci vorrebbero anni per poterli trovare. Questa è la vera scommessa ed è questo il vero processo di conoscenza. La macchina ancora non lo sa chi ha trovato nessi, questo è il problema della coscienza. Federico Faggin: “La coscienza è il principio della sapienza e della conoscenza, non il dato di informazione”. Siamo noi che trasformiamo un dato in informazione, in bene e in male. Siamo noi che quando utilizziamo uno strumento, che può essere ancora l’intelligenza artificiale, lo trasformiamo in una possibilità o in un nemico. Quest’ultimo esiste soltanto dalla prospettiva nella quale noi guardiamo quello che utilizziamo. Facciamo l’esempio di Edison e Westinghouse. Tutti li conoscete. Il secondo ha inventato il freno pneumatico per il treno. Edison, sapete che cosa ha fatto con la corrente alternata. Tutti e due non sapevano che sarebbero rimasti famosi per la sedia elettrica, perché essa nasce dopo che hanno messo insieme le loro conoscenze. E tutti e due avevano detto che non avrebbero mai utilizzato quella loro conoscenza per nuocere all’essere umano. Allora il problema non è se è buono o no uno strumento, perché è uno strumento, non è la coscienza. Il problema è la coscienza che noi abbiamo dello strumento».

La sede dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Toniolo” di Pescara

E qui si manifesta un’altra insidia: «Quello che mi spaventa – avverte il monaco e bibliotecario camaldolese – è che la paura, l’ha detto anche Davide, viene dal fatto che noi utilizziamo oggi quotidianamente il frutto della ricerca scientifica, cosa che non era secoli fa, come se fosse un elettrodomestico e generiamo domande che non hanno senso. Tutti sapete che non è nemmeno neutra l’intelligenza artificiale, è predisposta per non dispiacere la persona. Quindi pensate che se voi fate una domanda stupida, la risposta sarà tre volte più stupida della domanda, perché dovrà accontentarvi e diventa il riflesso di un’umanità incapace di pensare. A me interessa questo dell’intelligenza artificiale. È ovvio che allora non siamo capaci di avere nulla, nessun guadagno, perché veramente è il nostro riflesso. Non serve per andare a fare la spesa, né per sapere quanti capelli aveva Napoleone o se il film di Napoleone è corretto o no, è un film. Ma vi rendete conto che noi facciamo polemica su un film, che non origina nessuna conoscenza se non una narrazione terza di un avvenimento interpretato da qualcun altro? E invece non usiamo i mezzi che abbiamo per raggiungere esattamente il fine di una conoscenza, per sapere qualcosa. Io, costantemente, vedo che utilizziamo soltanto dati e scambiamo questi ultimi per sapere. Lo facciamo anche nell’Accademia. Noi non verifichiamo mai se i nostri studenti sono capaci di conoscere, ma verifichiamo soltanto se i nostri studenti sanno. Pozzi, un grande italianista francescano e cappuccino, diceva “Il libro è un amico discreto, se lo interroghi risponde, sennò sta zitto”. I libri oggi tacciono moltissimo. Ma non soltanto il libro tace. In noi non c’è una domanda, è questo che mi preoccupa. Lo strumento non è in sé pericoloso».

«Quando Thomas Jefferson – ricorda Claudio Ubaldo Cortoni -, il presidente degli Stati Uniti, andò in bancarotta, è nel libro, ha avuto una brillante idea, “Io vendo la mia biblioteca alla famosa biblioteca del Congresso che era appena bruciata”. Quale fu il guadagno della biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America? Che con il sistema di Thomas Jefferson, che aveva creato una biblioteca non disponendola per materie, ma andando a guardare la filosofia di Bacone, aveva creato una biblioteca dove il politico era capace di sapere ciò che era necessario in quel momento collegando aree di interesse che non era la materia, ma erano le domande che un politico poteva incontrare, tra cui anche la bellezza. E i libri erano correlati tra loro non per materia o per soggetto, ma per interesse, che è una cosa completamente diversa. Ancora oggi è una biblioteca guida per tutte le biblioteche del mondo. Quindi significa che come noi siamo capaci di disporre il sapere, entrare nella capacità di poter sapere è più importante di ciò che noi sappiamo. Il libro sa e io nel libro posso recuperare le informazioni che ho, ma devo essere anche cosciente che se un giorno dovrò scrivere un libro, la tesi che molti studenti fanno non è interessante perché è originaleio voglio sapere se la persona ha capito come si conosce. La domanda di Woody Allen “Come faccio a conoscere la conoscenza?” Perché vi dico questo? Mio nipote di 12 anni ha più esperienza di me, perché l’esperienza non è più mediata dall’età biologica, o da la storia di un individuo, ma è mediata da un sapere che viene da altro, può sapere molto di più. Certo, uno mi dice, non è un sapere che è sulla vita, ma in quanto a sapere siamo superabili ogni momento. Stiamo attenti, perché la velocità di cui si sta parlando non è la velocità di ciò che si produce, ma quella che noi abbiamo di mettere assieme idee correlate tra di loro, in maniera tale da dare vita a qualcosa che era inimmaginabile fino a ieri o non era conosciuto. Ora io mi chiedo, di fronte a voi che siete studenti e anche ai professori che sono qui, ma noi abbiamo mai verificato se sappiamo conoscere? Mi occupo di storia della liturgia, odiata da molti. Non sono uno studioso della liturgia, ma so come conoscere un oggetto. Se tu mi dici “Come io mi devo porre la domanda fondamentale per sapere come raggiungere quella conoscenza?” Poi, dati i mezzi, il professore dà gli strumenti, non dà la risposta, perché io sono superabile come risposta. Il giovane che sta facendo ricerca, dandogli lo stesso strumento che io utilizzo ogni giorno, è capace di trovare una risposta che io non so vedere. Ecco perché è importante saper usare gli strumenti e non aver paura di questi».

Da qui la tesi del monaco camaldolese: «L’intelligenza artificiale – afferma Cortoni – non è un ostacolo per l’essere umano, né per la sua crescita umana, a patto che rimanga uno strumento, come lo è un libro. E per concludere, secondo me è importante capire il processo con il quale un bibliotecario inserisce informazioni in una rete. Perché in realtà l’intelligenza artificiale è molto intelligente, ma ancora lavora sulla metadatazione. Ecco, facciamo lavori inutili, cioè il mondo non vede il bibliotecario. Eppure noi tutti i giorni inseriamo le famose parole chiave. Chi di voi fa un articolo scientifico? Si è mai chiesto perché gli si chiedono le famose parole chiave? E tu vedi gli autori che fissano il foglio che hanno scritto e non sanno quali sono? Peggio, perché vuol dire che ha scritto, ma nel suo flusso di coscienza non ha capito cosa ha scritto. Per noi le parole chiave sono fondamentali, perché sono quelle che l’intelligenza artificiale, su base statistica, riesce a ricollegare a tutto un mondo che sta intorno e di correlazione. Allora io vi propongo questi quattro dati per concludere, che vi dicono come si impara a conoscere. E questa è la metadatazione: trovare, identificare, selezionare, ottenere. Troppe volte abbiamo detto che la cultura non è una cosa che si può codificare. Attenzione, anche la cultura è una fabbrica e se noi non rispettiamo un certo tipo di scaletta all’interno di questo, non sapremo mai utilizzare nemmeno quello che ci è stato dato. Non sapremo usare nessuna banca dati, non sapremo cercare nulla, perché se vogliamo ottenere qualcosa… Perché si chiude con l’ottenere? Tutti sanno che una metadatazione, ma anche l’intelligenza artificiale, non parte semplicemente dalla domanda, parte dall’orizzonte di arrivo».

Un aspetto, quest’ultimo, notato da pochi: «È il punto d’arrivo che ti dà le informazioni – sottolinea il docente del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma -, ecco perché la domanda è fondamentale. Nella domanda c’è già il punto d’arrivo. Una domanda mal posta non dà nessuna risposta, perché non c’è nessun punto d’arrivo. Nel fiume di parole che noi utilizziamo, dobbiamo sempre avere preciso che la domanda giusta è stata fatta. La domanda, quando è giusta, non la mettiamo sulla morale, non è un problema di morale, non è un problema di etica. L’etica nasce proprio invece dal fatto che quando pongo una domanda, quest’ultima è il mio punto d’arrivo. Ecco perché spaventa il fatto che l’intelligenza artificiale possa risolvere un problema. Perché se è capace di risolvere un problema, diventa cosciente del punto d’arrivo del problema. E questo diventa un problema anche per noi, ma non significa che può essere più intelligente di noi, perché l’intelligenza artificiale dovrebbe avere qualcosa che non è soltanto risolvere il problema. L’uomo non è nato per volare, non avrebbe nemmeno dovuto pensare di poter volare e ha iniziato a volare. Ecco, fintanto che non c’è questa domanda che supera il limite dell’uomo, e che l’uomo sa che può farlo, questo non è coscienza. E la sapienza sta proprio in questo. La capacità che ha l’uomo di darsi, attraverso la sua conoscenza, qualcosa che in natura non gli è stato dato. Tutta la nostra ricerca, fino ad oggi, ci ha portato esattamente non da un’altra parte, ma a capire che l’uomo è qualcosa di più. E l’intelligenza artificiale attualmente non ha questa aspirazione, risolve i problemi. Ma è riduttiva la situazione. Quindi, anche quando voi studiate e pensate di studiare, fatemi il piacere di capire perché lo fate. Perché lo studio non è una questione soltanto di occupare il tempo. L’etica dello studio sta nell’etica della domanda. L’etica della domanda vi porterà a un’etica dello strumento. Manca il primo, manca l’ultimo».

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne e moderatore dell’Issr “Giuseppe Toniolo”

Al termine è intervenuto l’arcivescovo di Pescara-Penne, e moderatore dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo”, monsignor Tommaso Valentinetti: «Su tutt’altro parametro, su tutt’altro versante – osserva il presule -, la convinzione è ancora più radicale di quanto siamo in un’epoca di cambiamento e di quanto non ci dobbiamo spaventare dell’epoca di cambiamento. Non dobbiamo avere paura, anche se in quest’epoca di cambiamento – lo abbiamo visto in alcune dimensioni pastorali ultimamente – sta provocando una grossa frattura e noi ci troviamo a vivere dentro un abisso, dentro un baratro, dentro una fatica. Ma è il tempo di viverla questa fatica, è il tempo di assaporarla, di non buttare tutto all’aria. Ciò tenendo presente che il paradigma cognitivo che abbiamo vissuto fino ad ora andava benissimo, ma ora cambia o perlomeno sta a noi scoprire, e qui i mezzi li abbiamo, quale potrà essere il paradigma cognitivo che ci darà la possibilità di lanciare in avanti il nostro sguardo e, soprattutto, le nostre conoscenza. Io sono molto contento di vivere questo passaggio. Non mi spaventa la complessità, anzi, abbiamo detto tante volte che le cose complicate si possono risolvere una per una, ma una realtà complessa non si risolve. È complessa, bisogna viverla e starci dentro. È questo il paradigma dentro la capacità di insegnamento ed il paradigma dentro la Chiesa, dentro la comunità di credenti che oggi, più che mai, si sentono smarriti. C’è qualcuno che mi ha sempre posto tante domande, tutte da un punto di vista morale, sulle questioni dell’omosessualità, sulle questioni della Lgbt+, sulle questioni dei divorziati risposati, tanti problemi tutti da un punto di vista morale. E io semplicemente ho risposto “Sono situazioni complesse, ma avremo una dimensione di complessità quando avremo a che fare, e dovremmo farci i conti anche da un punto di vista morale, con l’intelligenza artificiale”. Ma se ci facciamo i conti alla luce di quanto ci ha detto il professore stasera, ben venga. Se invece ci lasciamo sopraffare o soprattutto non andiamo a cercare realmente quello da dove nasce l’informazione che l’intelligenza artificiale mi può dare, allora è chiaro che posso essere sopraffatto. Io non dico altro, sono contento che l’Istituto abbia preso questa iniziativa questa sera di invitare questi due esperti, e dichiaro ufficialmente aperto l’anno accademico 2023/2024».

IL NUOVO ANNO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “GIUSEPPE TONIOLO”

Padre Roberto Di Paolo. direttore dell’Issr “Giuseppe Toniolo”

E sul fronte prettamente accademico e didattico, quest’anno sono stati 29 i nuovi ingressi all’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo”, per un totale di 138 studenti frequentanti uditori compresi – provenienti essenzialmente dalla costa abruzzese e molisana, ma anche dall’entroterra chietino – e un corpo docenti di 42 insegnanti che lavorano a titolo volontario: «Quest’anno, rispetto agli altri anni – spiega Padre Roberto Di Paolo, direttore dell’Istituto Toniolo -, l’età media dei nuovi iscritti e un po’ più alta. Ci aspettavamo dei giovani, ma in realtà sono arrivate più che altro persone mature, seriamente motivate, alle quali si sono aggiunti diversi giovani che si sono iscritti. Però sono persone mediamente più mature di età, che partecipano molto e fanno molte domande. Quindi l’impressione è veramente buona dal punto di vista didattico. D’altra parte, ci si rende pure conto che oggi formarsi per diventare insegnanti di religione equivale a formarsi e per diventare insegnanti, come accade per un’altra materia. E poi lavorare nella scuola è diventata una cosa molto ardua, quindi richiede molte capacità, soprattutto per un’insegnante di religione richiede delle qualità anche umane, come la pazienza che si aggiunge alla competenza. Quindi non dico che ciò abbia scoraggiato i giovani, però ha dato maggiore consapevolezza a chi intraprende questo cammino di formazione in vista dell’insegnamento». Ma la mission dell’istituto non è più solamente quella di formare nuovi insegnanti di religione: «È quella – rilancia di Paolo – di essere sempre più in dialogo, sempre più presenti a cominciare dal nostro territorio, con le scuole, i nostri ragazzi, ma anche auspichiamo un’apertura maggiore di dialogo con le varie realtà culturali»

About Davide De Amicis (4550 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
Contact: Website