Sinodo, le linee guida della fase sapienziale: “Un discernimento operativo prima delle decisioni”
"Queste linee guida, facendo tesoro del biennio narrativo – sottolineano i vescovi del Consiglio episcopale permanente introducendo il documento – gettano un ponte verso la fase profetica, incamminando le Chiese in Italia verso un discernimen"Anche quando l’attenzione è puntata sulla vita interna delle nostre comunità - osserva il Consiglio episcopale permanente della Cei -, il pensiero è sempre quello estroverso della missione: rendere più agili alcune dinamiche ecclesiali (dottrinali, pastorali, giuridiche, amministrative) per rendere più efficace l’incontro tra il Vangelo, energia vivificante e perenne, e l’umanità di oggi"

Sono state diffuse ieri le linee guida per la fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, con l’obiettivo di «proseguire nel percorso avviato – spiega il Consiglio episcopale permanente della Cei -, rafforzando l’esercizio del discernimento a partire dai temi e dalle domande proposte nelle Linee guida e indicando decisioni possibili, impegni, aspetti ancora da sviluppare». Sono cinque i macro-temi che racchiudono le istanze raccolte in quest’ultimo biennio dedicato all’ascolto: la missione secondo lo stile di prossimità; il linguaggio e la comunicazione; la formazione alla fede e alla vita; la sinodalità e la corresponsabilità; il cambiamento delle strutture. Ciascun macro-tema si declina in alcuni sotto-temi che indicheranno i temi emersi. Quindi una sola chiamata per ogni tema esorterà alla riflessione, chiamando la comunità al discernimento.
Nelle prossime settimane verranno diffuse alcune schede operative: «Queste linee guida, facendo tesoro del biennio narrativo – sottolineano i vescovi del Consiglio episcopale permanente introducendo il documento – gettano un ponte verso la fase profetica, incamminando le Chiese in Italia verso un discernimento operativo che prepari il terreno alle decisioni, necessariamente orientate a un rinnovamento ecclesiale e mai introverse; anche quando l’attenzione è puntata sulla vita interna delle nostre comunità, il pensiero è sempre quello estroverso della missione: rendere più agili alcune dinamiche ecclesiali (dottrinali, pastorali, giuridiche, amministrative) per rendere più efficace l’incontro tra il Vangelo, energia vivificante e perenne, e l’umanità di oggi». Tutto questo in un contesto difficile: «I lavori sinodali – aggiungono i presuli – si intrecciano con i problemi e i drammi di ciascuno, che sono i problemi e i drammi del mondo: gli strascichi sanitari, economici e sociali della pandemia, il clima di guerra tragicamente ravvivatosi, le crisi ambientali, occupazionali, esistenziali. Un senso di precarietà e di smarrimento avvolge molte persone e famiglie nel nostro Paese».
Il documento – arricchito anche di alcune infografiche – contiene infine il cronoprogramma con l’agenda delle tappe e degli appuntamenti che porteranno all’apertura della fase profetica nel maggio 2024: «Si sente il bisogno di un nuovo discorso cristiano – si legge nelle linee guida – che si lasci sollecitare, in una vera fraternità culturale, dal contesto contemporaneo. In questo compito devono essere convocate le competenze della teologia, dell’elaborazione culturale cristiana, nonché dei molti strumenti di comunicazione della Chiesa, su cui si chiedono riflessioni attente».
“Come camminare al fianco dei giovani?” è una delle domande fondamentali da porsi, partendo dall’assunzione di consapevolezza del «clamoroso distacco delle giovani generazioni dal ‘sentiment’ religioso e della vita della Chiesa. Non basta, per entrare in sintonia – ammonisce la Cei -, insistere su una dottrina, magari resa pop da nuovi stratagemmi mediali. Le giovani generazioni, invece, hanno bisogno di scoprire nell’incontro con Gesù nella Chiesa una causa in cui vale la pena coinvolgersi. Questo tratto non può essere solo un argomento retorico per riconquistare i giovani, ma la reale conversione di una comunità che vuole ritrovare sé stessa». Da qui emerge la necessità di riflettere su «quali siano le pratiche possibili per coinvolgere le nuove generazioni e per costruire con loro spazi di riflessione sui temi esistenziali e teologici, nonché sui modi in cui i linguaggi parlati dai giovani, con le loro forme spesso mediate tecnologicamente, possono esprimere certe fragilità, un reale desiderio di comunità, un autentico bisogno di orientamento».
Ma c’è anche un’altra urgenza a cui rispondere: «Riscoprire la bellezza della liturgia – rilanciano i vescovi -, la necessità di affinare l’arte del celebrare e l’urgenza di un’autentica formazione liturgica di tutto il popolo di Dio». In tal senso, il documento auspica ad un dibattito sulla religiosità popolare. E poi la fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia ha un obiettivo ben preciso: «Aprire strade da percorrere – rilanciano le linee guida – perché tutti abbiano posto nella Chiesa, a prescindere dalla loro condizione socio-economica, dalla loro origine, dallo status legale, dall’orientamento sessuale». Ciò va realizzato seguendo un itinerario preciso: «Condividere le buone pratiche già attive nei territori – ricorda la Cei – ed emerse con i Cantieri di Betania e avviare processi di approfondimento sul piano antropologico e teologico, per integrare meglio le istanze del rispetto totale per le persone e della loro crescita nella verità. Nelle narrazioni del biennio di ascolto – si legge in riferimento dei primi due anni del Cammino sinodale – è emersa la necessità di un impegno attivo in alcuni ambiti cruciali: la costruzione della pace, la cura dell’ambiente, il dialogo tra le culture e le religioni, l’inclusione dei poveri, degli anziani, delle persone ammalate o con disabilità». In tal senso è giunto un invito da parte dei vescovi italiani: «In tutti questi ambiti – sottolineano i presuli – è necessario il contributo delle persone laiche, impegnate in prima persona nella vita professionale, civile e sociale, la loro testimonianza matura concretizza nel mondo lo stile della prossimità».
E poi in questi due anni di ascolto, un altro tema è stato «particolarmente evidenziato dal popolo di Dio», quello del dialogo e del confronto con le altre realtà sociali e culturali del nostro tempo: «Si sente il desiderio – ricostruisce il documento – di atteggiamenti ecclesiali che sappiano ascoltare con rispetto la realtà dell’altro, il cui valore è ben più grande dell’idea professata. Questa convinzione è apparsa in ogni dibattito, con il desiderio di sottrarsi alle polarizzazioni che spesso compromettono un vero stile ecclesiale. La Chiesa è chiamata a dare testimonianza di un’altra modalità possibile di confronto. Un tempo funzionava il modello delle scuole sociopolitiche, che hanno accompagnato generazioni di laiche e laici impegnati. Occorre riflettere su quali vie sperimentare per offrire laboratori di formazione di pensieri e azioni ispirati ai valori cristiani. La dottrina sociale della Chiesa richiede di essere affiancata dalla prassi sociale dei cristiani, che da sempre sono in prima fila nella costruzione di un mondo più conforme alle esigenze del regno di Dio. L’esistenza è intessuta di incontri con gli altri e la comunità si forma mediante la partecipazione di ciascun individuo: quali vie percorrere per la costruzione di una Chiesa davvero inclusiva, propositiva, responsabile, testimone di verità».
Nelle linee guida della fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, si evince anche un’ulteriore richiesta di coinvolgimere «di più e meglio» dei laici nella gestione: «Con deleghe specifiche e procure efficaci – insistono le linee guida -, in modo da alleggerire il grande carico che grava sui parroci, oberati da responsabilità amministrative crescenti». In particolare, si suggerisce di affidare ad un diacono l’amministrazione di parrocchie prive di parroco residente (diaconia pastorale), secondo il canone 517 §2 del Codice di diritto canonico. Ma non solo, perché per la Cei sono altre le figure da valorizzare, a partire dall’animatore di comunità (laici, consacrati, diaconi) o di zone pastorali (tema sviluppato in vari Cantieri dell’ospitalità e della casa), già presente in alcune diocesi, anche nella modalità delle équipe o dei gruppi ministeriali. Inoltre, il documento si prefigge anche l’obiettivo di realizzare una sburocratizzazione nelle procedure: «Una semplificazione delle certificazioni, ad esempio per i matrimoni – argomenta il Consiglio episcopale permanente, rileggendo le istanze del popolo di Dio -, attualmente troppo complicata».
Inoltre, si guarda al possibile accentramento di precise aree gestionali in capo alle diocesi. Quindi un’indicazione concreta «per aprire una riflessione sulle parrocchie, sulle unità pastorali, sugli uffici di Curia, a tutti i livelli, passando da una “pastorale degli eventi” così da «chiarire le singole competenze e migliorare le interazioni sinergiche». E poi ancora un’altra esortazione: «Riconoscere la ministerialità comune dei battezzati, anche attraverso nuove ministerialità – rilanciano le linee guida della fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia -. Questo perché i ministeri ad ogni livello (ordinati, istituiti, di fatto), non sono da considerare funzioni puramente “intraecclesiali”, ma servizi “missionari aperti al mondo». Per questo il documento si propone di «immaginare dei ministeri di ascolto, di accoglienza, di servizio caritativo, necessari soprattutto nelle metropoli dove maggiori sono le fatiche e i vuoti esistenziali. Ogni battezzato ha carismi che sono un dono per la comunità: vanno riconosciuti e tradotti in ruoli, compiti, ministeri».
Tutto ciò garantendo la parità dei sessi: «È urgente – raccomanda la Cei – un riconoscimento reale del senso e del ruolo delle donne all’interno della Chiesa, già preponderante di fatto, ma spesso immerso in quella ufficiosità che non consente un vero apprezzamento della sua dignità ministeriale. Non si tratta di estendere prerogative, ma di ripensare in radice il contributo femminile in rapporto al senso stesso della ministerialità e al profilo dell’autorità nella Chiesa. La questione delle donne rappresenta un banco di prova fondamentale per la Chiesa, chiamata a fare i conti con acquisizioni culturali che ancora la disallineano dalla comune vita sociale. In quest’ottica, diventa importante individuare forme operative che esprimano chiaramente la piena valorizzazione femminile nella corresponsabilità ecclesiale».