Stop accordo sul grano ucraino: “800 milioni di persone soffrono la fame”
"Per combattere davvero la fame – esorta Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia - dobbiamo ripensare subito e radicalmente l’attuale sistema alimentare mondiale, a maggior ragione oggi che questo accordo non è più in discussione. La crisi attuale non si risolverà continuando a produrre in modo concentrato ed estensivo prodotti di prima necessità solo in alcuni Paesi, ma diversificando e investendo nei piccoli agricoltori soprattutto nei Paesi più poveri, promuovendo un modello agricolo sostenibile anche nei Paesi ricchi e in Europa, tra l’altro parte essenziale del Green Deal"

Ieri ha fatto molto discutere l’uscita della Russia dall’Accordo per l’esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero, che si ripercuoterà sui Paesi poveri impossibilitati a riceverlo. Una presa di posizione, quella russa, subito stigmatizzata dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: «Deploro profondamente la decisione della Federazione russa – afferma – di porre fine all’attuazione dell’iniziativa per il Mar Nero, compresa la revoca delle garanzie di sicurezza russe per la navigazione nella parte nord-occidentale del Mar Nero. Questa iniziativa ha garantito il passaggio sicuro di oltre 32 milioni di tonnellate di prodotti alimentari dai porti ucraini. Centinaia di milioni di persone ne pagheranno il prezzo».

E Guterres ha preso polemizzato anche sul «ritiro delle garanzie di sicurezza russe alla navigazione nella parte nordoccidentale del Mar Nero. La decisione di oggi della Federazione russa – denuncia ancora il segretario generale dell’Onu – colpirà le persone in difficoltà ovunque. Centinaia di milioni di persone stanno affrontando la fame, e i consumatori una crisi globale del costo della vita. Ne pagheranno il prezzo». Secondo Guterres la sospensione dell’accordo significa anche la fine anche dell’intesa tra le Nazioni Unite e la Russia sull’esportazione di grano e fertilizzanti russi: «La nostra attenzione – assicura il segretario generale delle Nazioni unite – sarà concentrata sull’avanzamento della sicurezza alimentare globale e sulla stabilità globale dei prezzi del cibo».
E a pagare maggiormente il prezzo dell’interruzione della “Black sea grain initiative”, l’accordo sull’esportazione del grano ucraino firmato un anno fa, saranno come sempre i più fragili, ovvero milioni di bambini che in tutto il mondo saranno nuovamente ridotti alla fame. Lo ha ricordato Save the children, facendo presente che grazie a quell’accordo quasi 33 milioni di tonnellate di cereali e alimenti di base, attraverso i porti del Mar Nero, si sono potuti spostare verso 45 Paesi con i Paesi in via di sviluppo che hanno ricevuto la parte maggiore di questi rifornimenti. Un aspetto, quest’ultimo, che ha consentito una discesa dei prezzi dei generi alimentari, stabilizzando il mercato e portando cibo sulle tavole dei minori più fragili: «Il mancato rinnovo dell’Iniziativa del Mar Nero – lamenta Nana Ndeda, humanitarian advocacy and policy lead di Save the children – è un duro colpo mortale per i bambini vulnerabili che vivono nei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente che dipendono dai cereali di base. L’accordo sul grano è stato un’ancora di salvezza per milioni di ragazzi e ragazze che affrontavano una fame devastante. Il mancato rinnovo di questa iniziativa si rivelerà catastrofico per i bambini di tutto il mondo e costerà migliaia di vite».
D’altra parte, come si sa, l’Ucraina e la Russia sono i due principali “granai” del mondo, mettendo a disposizione il 30% del grano mondiale. Almeno 25 Paesi africani importano più di un terzo del grano da questi Paesi, circa 15 ne importano più della metà. A fare maggiormente le spese del mancato rinnovo di questo accorso è soprattutto la Somalia, che importa quasi tutto il suo grano dalla Russia e dall’Ucraina. Si prevede, quindi, che quest’anno circa 1,4 milioni di bambini sotto i cinque anni soffriranno di malnutrizione acuta in questo Paese colpito dalla siccità. Ma l’interruzione delle consegne di grano avrà delle conseguenze enormi anche sui Paesi economicamente fragili del Medio Oriente e del Nord Africa, i quali dipendono dalle importazioni: «La peggiore crisi alimentare globale degli ultimi decenni – sottolinea la Ndeda – sta mettendo a rischio la vita di milioni di bambini e questa interruzione delle forniture di grano rischia di peggiorare drasticamente la situazione. Oltre 800 milioni di persone stanno affrontando la fame in tutto il mondo. Dobbiamo agire ora per evitare la fame a milioni di ragazzi e ragazze».
Eppure l’accordo sul passaggio del grano ucraino non ha risolto più di tanto le carenze alimentari dei Paesi poveri: «L’accordo che un anno fa aveva portato allo sblocco dell’export di grano dall’Ucraina al Mar Nero verso il resto del mondo – denuncia Oxfam – si è rivelato del tutto inadeguato a fronteggiare l’aumento della fame globale, acutizzato dalla crescita esponenziale dei prezzi di cibo ed energia. Scioccanti i dati: i Paesi ricchi si sono accaparrati l’80% del grano e dei cereali usciti dall’Ucraina, mentre agli Stati più poveri e colpiti dalla crisi alimentare è andato appena il 3%».

Infatti gli affamati nel mondo sono aumentati: «L’accordo che ha consentito di riprendere le esportazioni di cereali dall’Ucraina – spiega Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia – ha certamente contribuito a contenere l’impennata dei prezzi alimentari – aumentati comunque del 14% a livello globale nel 2022 – ma non ha rappresentato la soluzione alla fame globale che oggi colpisce almeno 122 milioni di persone in più rispetto al 2019. Centinaia di milioni di persone soffrivano la fame prima che la Russia invadesse l’Ucraina e centinaia di milioni continuano a soffrire la fame oggi: 783 milioni in totale l’anno scorso, secondo gli ultimi dati Fao. Paesi come il Sud Sudan e la Somalia, a cui è andato appena lo 0,2% del grano ucraino dall’entrata in vigore dell’accordo, sono ad un passo dalla carestia. Tutto questo è semplicemente vergognoso e descrive un mondo in cui la disuguaglianza di accesso al cibo continua a crescere sempre di più invece che diminuire».
Da qui l’appello di Oxfam: «Per combattere davvero la fame – esorta Petrelli – dobbiamo ripensare subito e radicalmente l’attuale sistema alimentare mondiale, a maggior ragione oggi che questo accordo non è più in discussione. La crisi attuale non si risolverà continuando a produrre in modo concentrato ed estensivo prodotti di prima necessità solo in alcuni Paesi, ma diversificando e investendo nei piccoli agricoltori soprattutto nei Paesi più poveri, promuovendo un modello agricolo sostenibile anche nei Paesi ricchi e in Europa, tra l’altro parte essenziale del Green Deal. Solo così potremo venir fuori da una dipendenza che in tempi di shock sempre più frequenti genera fame e carestie nelle regioni più povere del nostro mondo».
Ma per quanto l’accordo sul passaggio del grano ucraino attraverso i porti del Mar Nero fosse una goccia nel mare, la sua cessazione si farà sentire in quanto mancheranno dai mercati mondiali 32,8 milioni di tonnellate di grano, mais e olio di girasole, i quali sono partiti dai porti ucraini in quest’anno di attuazione del patto. Questo dato emerge dall’analisi condotta da Coldiretti, in base ai dati forniti dal Centro studi Divulga sugli effetti della fine dell’accordo Onu tra Ucraina, Turchia e Russia sul passaggio delle merci nei tre porti sul Mar Nero di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa: «Una decisione – ammonisce Coldiretti – destinata a sconvolgere i mercati mondiali per il peso della produzione cerealicola dell’Ucraina. A beneficiare dell’accordo sono state nell’ordine la Cina (24%), la Spagna (18%), la Turchia (10%) e l’Italia (6%). Ma l’intesa è stata importante anche per fronteggiare il pericolo carestia in ben 53 Paesi dove, secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Un pericolo quindi anche per la stabilità politica proprio mentre si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia».