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“Accogliamo sorridenti Gesù nei fratelli che arrivano dall’altro continente”

"L’indifferenza nei confronti dei migranti - osserva don Bruno Bignami, direttore dell'Apostolato del mare Cei -, denunciata più volte da Papa Francesco sia in Laudato si’ che in Fratelli tutti, non è che la punta di un iceberg di un modello etico e sociale. Il paradosso è lampante. Se dal mare arrivano merci è segno di prosperità economica, ma se arrivano persone ci si allarma fino a chiudere occhi e cuore. I recenti casi di Cutro e del Mar Egeo ce lo ricordano, così come non sappiamo più contare le tragedie ripetutesi nel tempo. Il mare fa sentire l’uomo straniero, mentre dovrebbe farci vivere lo straniero come uomo"

È l’appello rivolo oggi dal cardinale Francesco Montenegro nella messa presieduta a Lampedusa nella Domenica del mare, a 10 anni dalla visita di Papa Francesco sull’isola

Il cardinale Francesco Montenegro pronuncia l'omelia della messa, nella Domenica del mare, dalla chiesa di San Gerlando a Lampedusa - Foto: diretta Rai 1

Oggi ricorre la Domenica del mare che l’Apostolato del mare della Conferenza episcopale italiana, unitamente alla Fondazione Migrantes e all’Arcidiocesi di Agrigento, ha celebrato ieri e oggi davanti al porto di Lampedusa (Agrigento) con un percorso commemorativo a dieci anni dalla visita di Papa Francesco nell’isola più grande dell’arcipelago delle Pelagie.

Un evento dal tema “Il mare è vita”, che è stato sviluppato dal direttore dell’Ufficio Cei per l’Apostolato del mare don Bruno Bignami: «Il grido del mare è già grido dell’uomo e viceversa – afferma il presbitero -. L’indifferenza nei confronti dei migranti, denunciata più volte da Papa Francesco sia in Laudato si’ che in Fratelli tutti, non è che la punta di un iceberg di un modello etico e sociale. Il paradosso è lampante. Se dal mare arrivano merci è segno di prosperità economica, ma se arrivano persone ci si allarma fino a chiudere occhi e cuore. I recenti casi di Cutro e del Mar Egeo ce lo ricordano, così come non sappiamo più contare le tragedie ripetutesi nel tempo. Il mare fa sentire l’uomo straniero, mentre dovrebbe farci vivere lo straniero come uomo».

Da qui la denuncia: «L’indifferenza di fronte al fenomeno migratorio – accusa don Bignami – va di pari passo con l’indifferenza di fronte ai temi ambientali. Il mare raccoglie l’eco del grido della terra e del grido dei poveri. I cambiamenti climatici hanno aumentato la precarietà del mare. Cresce la temperatura, cambiano le specie viventi che emigrano da un mare all’altro, la maggiore acidità delle acque marine mette in pericolo la fauna, la biodiversità è a rischio. Ecco il grido della terra».

Don Bruno Bignami, direttore Ufficio nazionale dell’Apostolato del mare Cei

A tal proposito, il direttore dell’Apostolato del mare Cei ha approfondito anche le conseguenze che l’uomo subisce nella vita e nel proprio lavoro: «Il degrado – ricorda don Bruno Bignami – dovuto a deforestazione, monocolture agricole, rifiuti industriali, allevamenti intensivi, pesca distruttiva, mentre l’economia mondiale viaggia via mare. Il 90% delle merci viene trasportato in container. Ciò ha permesso il trasferimento di numerosi beni a costo ridotto. I numeri sono da paura. Una nave portacontainer può spostare un carico che equivale a 10 mila camion. In tutto il mondo transitano ogni settimana due milioni di container. Facile capire che il controllo del mare è fondamentale per i commerci. La nostra è un’economia del mare non dichiarata, tenuta sotto silenzio. Come nel dimenticatoio finiscono i 2 milioni di marittimi che solcano i mari per trasportare merci».

Infine, davanti al porto di Lampedusa, il sacerdote ha detto dei «turni disumani degli equipaggi, del senso di solitudine e di abbandono, delle crisi psichiche per stress e depressione, degli incidenti mortali. Manca una cultura del lavoro e della giustizia sociale – conclude don Bignami -, che ponga fine a lavori sottopagati, a turni massacranti e a non avere accesso a cure adeguate nel caso di bisogno. I marittimi morti in mare non fanno notizia. Tutto ciò testimonia il grado di scarsa solidarietà e la disumanità che respiriamo. L’indifferenza è padrona».

E stamani anche il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo emerito di Agrigento e amministratore apostolico dell’eparchia di Piana degli Albanesi (cinque comuni in provincia di Palermo rimasti fedeli al rito bizantino italo-albanese), presiedendo la santa messa in diretta su Rai 1 dalla chiesa di San Gerlando a Lampedusa, ha ricordato la visita di Papa Francesco nell’isola: «Sono passati 10 anni dal primo viaggio apostolico di Papa Francesco – ricorda il porporato -. Viaggio secondo me iniziato a Lampedusa, ma che lui non ha ancora concluso. Venne per piangere le vittime della migrazione, della cultura, dello scarto e dell’indifferenza. Molto spesso voi di Lampedusa e Linosa avete visto queste donne e uomini piangere e vi ho visto piangere con loro. E non solo, il 3 ottobre di 10 anni fa li avete soccorsi ravvisando in loro fame, sete di speranza e desiderio di vita migliore. Avete persino aperto le vostre case perché avessero il ristoro di una doccia, il tepore e la consolazione di un abbraccio. Avete condiviso il pesce pescato da voi stessi con loro, con i quali l’avete arrostito e mangiato. Avete pregato insieme, pur nel rispetto di altre fedi e altri riti, con i loro sguardi ricchi di speranza, ma carichi di orrore. Avete ascoltato le loro storie di persecuzioni, di stupri e vessazioni, di percosse violente e molestie di ogni genere, insieme alla struggente nostalgia di casa e degli affetti più cari. “Quanta sofferenza!”, lo ricordo, è l’espressione che Papa Francesco ripeté più volte quella mattina qui, come un triste ritornello, girando per Lampedusa nelle varie tappe che da Cala Pisana lo portarono al sagrato di questa chiesa e da qui all’aeroporto. “Quanta sofferenza!”, lo disse 10 anni fa. Oggi queste parole valgono ancora. Ci piacciono i piccoli, li avrei messi sempre con noi. Gesù ci ha assicurato la loro compagnia fino alla fine. Gesù, che si è fatto servo di tutti, ci dà – grazie ai poveri – la possibilità di riscrivere un finale diverso della triste vicenda di Caino e Abele. Però sta a noi scegliere, se smarrire nelle braccia della morte ancora una volta Abele o ritrovarlo nella culla della vita che è la fraternità».

Partendo da questo presupposto, il cardinale Montenegro si è rivolto ai fedeli con un’esortazione: «Cerchiamo la vita, amiamo la vita, amiamo chi vuole vivere – l’invito -. Sorelle e fratelli, la fraternità e la festa della paternità di Dio. Invochiamo lo Spirito perché ciò avvenga. È vero che la fraternità la vogliamo e costruiamo noi, ma è vero che dono dello Spirito. É lui che dobbiamo ascoltare ed è Lui che dentro ciascuno di noi, anche di quegli uomini che vengono da lontano. Senza lo Spirito, con la pace, la giustizia, l’amore, la libertà e la verità, la fraternità rischia di essere semplice velleità. Il Papa, oggi, insieme alla parola accoglienza mette la parola fraternità. Se non ci riconosciamo fratelli, ci diventa difficile accogliere l’estraneo. Continuiamo perciò con Papa Francesco il viaggio della speranza cominciato da qui. Non stanchiamoci. Quel crocifisso sopra l’altare, che il Papa ha regalato a voi, ve lo ricordi. Osiamo come Papa Francesco, non lasciamolo solo quest’uomo, ma soprattutto accogliamo sorridenti Gesù nei fratelli che vengono dall’altro continente».

About Davide De Amicis (4613 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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