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“Serve un salto di qualità per essere credenti credibili e vivere il Vangelo”

"Sant'Antonio – rilancia monsignor Valentinetti - si sarebbe fatto in quattro nel portare il Vangelo veramente a tutti. Ci dobbiamo risollevare. Se Papa Francesco ci ha chiesto un percorso sinodale, cioè un percorso di ascolto di vicendevole per ritessere una rete di conoscenza, di fraternità e di amicizia senza aspettarci nulla, senza aspettarci immediatamente grandi risultati, ce l'ha chiesto perché noi abbiamo la responsabilità di essere sale e luce"

Questa l’esortazione rivolta ieri dall’arcivescovo Valentinetti ai fedeli riuniti nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Pescara, per celebrare la festa del santo

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia
L’arcivescovo Valentinetti incensa la statua di Sant’Antonio di Padova

È da sempre forte la venerazione dei pescaresi nei confronti di Sant’Antonio di Padova, di cui ieri ricorreva la festa liturgica celebrata dalla parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Pescara gremita di fedeli per partecipare alla santa messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti e concelebrata dal parroco Padre Alfonso Di Francesco. Il presule, fin dall’avio della liturgia ha ricordato il grande contributo lasciato dal santo, sacerdote e dottore della Chiesa, in qualità di predicatore: «Forse mai come oggi – premette l’arcivescovo Valentinetti – il tempo che stiamo vivendo è quello in cui bisogna rinnovare la predicazione del Vangelo. E allora anche noi, questa sera, vogliamo affidarci a questo santo predicatore perché ci infonda coraggio e ci dia capacità per ridire con le parole, ma soprattutto con la vita, che Gesù è il Signore».

La concelebrazione della santa messa

Nell’omelia l’arcivescovo Valentinetti ha compiuto una similitudine accostando l’epoca difficile in cui è vissuto Sant’Antonio di Padova alla nostra: «I tempi storici in cui è vissuto Sant’Antonio – osserva -, certamente non erano né migliori né peggiori dei tempi storici in cui stiamo vivendo, perché in realtà ogni tempo porta con sé le sue fatiche e le sue pene, le sue difficoltà. Tempi difficili, perché anche allora gli uomini molto spesso si odiavano “cordialmente”. Tante guerre, tante famiglie che si odiavano fra di loro e si facevano guerra. Anche nella Chiesa certamente i tempi che Antonio ha vissuto la sequela di Francesco, pensate solo a che cosa ha dovuto fare Francesco per farsi approvare la regola dal Papa, ci dicono quanto potesse essere difficile quel tempo. Ora i tempi, quando uno li vive, sono sicuramente tempi in cui si fa una riflessione, si fa un esame di coscienza. E alla luce della pagina del Vangelo che è stata proclamata, possiamo dire che Antonio è stato sale ed è stato luce per la sua sequela di Gesù e per la sua sequela nell’Ordine francescano. Ma è stato sale e luce, perché ha avuto la capacità di una bella parola franca, di una bella parola profonda e con la sua predicazione ha annunciato il Vangelo, ha convertito tante persone e ha ridonato pace e serenità al cuore di tanti».

I fedeli che hanno gremito la parrocchia di Sant’Antonio di Padova

Dopo questa parentesi dedicata a Sant’Antonio di Padova, l’arcivescovo di Pescara-Penne è passato ad approfondire il Vangelo del giorno: «Questa sera – approfondisce monsignor Tommaso Valentinetti questa pagina del Vangelo che ha raggiunto Antonio ai suoi tempi, raggiunge anche noi – afferma -. È la pagina immediatamente dopo la bellissima pagina del Vangelo di Matteo delle Beatitudini. Chi ieri (lunedì) è stato alla celebrazione eucaristica, ricorderà che il Vangelo proclamava ancora una voltaBeati i poveri di spirito, beati i miti, beati gli afflitti, beati gli operatori di pace, beati i perseguitati per causa della giustizia. Beati voi quando vi perseguiteranno e diranno di voi ogni male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. Ora questa sera, forse, dobbiamo farci un esame di coscienza a livello personale. Siamo noi sale? Siamo noi luce? Cioè, siamo noi quelli che vivono nella propria storia le beatitudini? O forse ce ne siamo scordati? O forse la nostra fede è solo apparente, è solo in superficie, è solo una bella devozione. Io sono molto contento che ci sia una bella, bellissima devozione a Sant’Antonio, così come tanti altri santi e la Vergine Maria che noi veneriamo particolarmente nella nostra città come Madonna dei sette dolori. Ma forse dobbiamo fare un salto di qualità, dobbiamo fare un salto di una maggiore attenzione a che cosa significa oggi essere credenti e, una frase che ho detto molto spesso e che ripeto in continuazione, ad essere credenti credibili. Perché se non siamo credenti credibili, cioè coloro che vivono il Vangelo sul serio nella propria vita, rischiamo di non essere più sale, è brutta la parola “A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”, e non siamo più luce, una luce che splende. Ma se questo può essere vero a livello personale, e ognuno di noi se la vede con il Padre eterno e si fa un bell’esame di coscienza, forse ci dobbiamo domandare se questo essere sale e questo essere luce è anche a livello di comunità, è anche a livello di Chiesa. Siamo una Chiesa che è luce e sale? E quando dico Chiesa, attenzione, non voglio dire solo il Papa, me vescovo, i miei fratelli sacerdoti, i miei fratelli religiosi, i diaconi. Quando dico Chiesa dico i battezzati, i Christis fideles, tutti coloro che sono fedeli di Gesù Cristo».

Il gonfalone della Città di Pescara

Così il presule si è chiesto quando non siamo sale e luce: «Quando diventiamo comunità chiuse – sottolinea monsignor Valentinetti -, quando diventiamo comunità autoreferenziali, quando diventiamo comunità che non vanno in profondità ai problemi della vita e della storia, quando trascuriamo anche i nostri doveri anche sociali e civili. In questi giorni un gruppo di credenti ha interrogato un gruppetto di politici che hanno impegni di carattere amministrativo, perché siamo in questo Sinodo di ascolto e ascoltiamo tutte le categorie, anche i politici. E sapete che cosa ci hanno chiesto i politici? Ci hanno chiesto più partecipazione alla vita sociale, più partecipazione alla vita politica e capite bene che questo non è facile, questo è difficile. Ci hanno chiesto anche formazione alla vita sociale e alla vita politica. Questo non è facile, perché è facile disimpegnarsi, è facile non esporsi, è facile non mettersi qualche volta sul candelabro ed è difficile essere coerenti. Qui si gioca la partita, essere coerenti nella logica del Vangelo, essere coerenti nella logica di una verità. Ma questo potrebbe invadere tutti i settori della vita sociale, ma invade soprattutto chi settori della nostra comunità ecclesiale. Come cresciamo nella comunicazione della fede ai ragazzi, ai giovani? Siamo abituati fin troppo a un catechismo stantio? O forse dobbiamo cambiare metodo? Sapete le statistiche ci dicono che i battezzati sono circa l’85-90% delle persone. Ma sapete quanti sono i frequentanti le nostre comunità? Nemmeno il 10%. E noi, tutti quanti insieme, battezzati, presbiteri, vescovo, diaconi e laici, badiamo solo a quel 10%. E l’altro 80% dov’è? Riceve il Vangelo?».

Le autorità civili e militari presenti con i fedeli

Da qui l’esortazione dell’arcivescovo Valentinetti: «Sant’Antonio – rilancia il presule – si sarebbe fatto in quattro nel portare il Vangelo veramente a tutti. La predica la sto facendo prima di tutto a me stesso, la faccio prima di tutta la mia coscienza e guai a me se non la facessi prima di tutto la mia coscienza. Ma questa sera la voglio fare a tutti, perché ci dobbiamo risollevare. Se Papa Francesco ci ha chiesto un percorso sinodale, cioè un percorso di ascolto di vicendevole per ritessere una rete di conoscenza, di fraternità e di amicizia senza aspettarci nulla, senza aspettarci immediatamente grandi risultati, ce l’ha chiesto perché noi abbiamo la responsabilità di essere sale e luce. E abbiamo la responsabilità, insieme con Gesù, di dire il nostro “sì” così come ci ha ricordato la seconda lettura. Chiediamo l’intercessione di questo grande santo e, con lui, di San Francesco che ha vissuto con lui tutto quel travaglio di quell’epoca, che non è minore dal travaglio di questa epoca che stiamo vivendo noi. Ma così come loro si sono fatti i pellegrini di pace, facciamoci anche noi pellegrini di pace, perché il mondo conosca tempi migliori, conosca tempi di verità, di giustizia e di amore, amen».

About Davide De Amicis (4550 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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