Eucaristia: “Ci lancia nella comunione. No a rivalità e gossip in parrocchia”
«Comunemente - osserva l'arcivescovo Valentinetti -, pensiamo che venendo a noi Gesù nell'Eucarestia, noi assumiamo la sua presenza, assumiamo la Sua vita in noi. In realtà il metabolismo eucaristico è il contrario. Mangiando questo pane e bevendo questo calice, noi entriamo nella divinità, non siamo più noi a vivere, ma noi viviamo in funzione della divinizzazione. Ecco perché Gesù dice “Chi mangia questo pane vivrà in eterno»

Nonostante il maltempo, ieri sera, abbia impedito lo svolgimento della processione del Corpus Domini sulle strade di Pescara, non è stata meno intensa e significativa quella avvenuta all’interno della Cattedrale di San Cetteo, con l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti che ha portato tra le mani il Santissimo Sacramento impartendo la benedizione ai tanti fedeli che gremivano le navate, con un’attenzione particolare verso i fragili e i malati. Tutto questo mentre, dietro di lui, i bambini che da poco avevano ricevuto il sacramento della prima comunione, lanciavano petali di rose. Un evento, quest’ultimo, che ha chiuso la santa messa solenne presieduta dallo stesso presule e concelebrata dal vicario generale dell’Arcidiocesi – nonché parroco di San Cetteo – monsignor Francesco Santuccione, da alcuni sacerdoti del Capitolo metropolitano e giunti da diverse parrocchie, con l’animazione liturgica curata dal Coro diocesano diretto da Roberta Fioravanti.

Nell’omelia l’arcivescovo Valentinetti ha approfondito il valore e l’importanza di questa solennità, partendo da una citazione del Vangelo: «“Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. Questa – spiega il presule – è la chiave di interpretazione e di comprensione del testo evangelico che è stato proclamato. Ma è la chiave di interpretazione del mistero eucaristico che stiamo celebrando, che ci è stato lasciato. Il memoriale, “Fate questo in memoria di me. Tutte le volte che mangerete di questo pane e berrete di questo calice annuncerete la mia morte, proclamerete la mia risurrezione nell’attesa della mia venuta”. Gesù, dunque, manifesta il Padre, lo abbiamo detto più volte. L’umanità di Gesù ci racconta il Padre “Come il Padre che ha la vita, ha mandato me”. Gesù è venuto per raccontare la vita del Padre, per raccontarla nella pienezza e nella verità. Ma la pagina del Vangelo aggiunge anche “Così anche colui che mangia me, vivrà per me”. C’è, cioè, una manifestazione ulteriore non solo del Padre, ma anche di Gesù in questa dimensione eucaristica del pane e il vino, che nella celebrazione diventano il corpo e il sangue del Signore».
Ma a tal riguardo, l’arcivescovo Tommaso ha fatto una precisazione: «Qual è la verità del metabolismo eucaristico – s’interroga -, cioè la possibilità di diventare una cosa sola con il Signore, visto che mangiamo questo pane e beviamo a questo calice? Comunemente, pensiamo che venendo a noi Gesù nell’Eucarestia, noi assumiamo la sua presenza, assumiamo la Sua vita in noi. In realtà il metabolismo eucaristico è il contrario. Mangiando questo pane e bevendo questo calice, noi entriamo nella divinità, non siamo più noi a vivere, ma noi viviamo in funzione della divinizzazione. Ecco perché Gesù dice “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Potrebbe sembrare una chiarificazione poco rilevante, ma in realtà è importantissimo pensare che veniamo lanciati dentro la dimensione della divinità. Veniamo lanciati dentro la dimensione della Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Veniamo lanciati dentro l’intimità di una comunione. Ecco perché diciamo che quando ci sediamo intorno a questa mensa, facciamo la Comunione. E questi bimbi hanno fatto o dovranno fare la prima comunione, cioè il primo lancio dentro il mistero della divinità, il primo lancio fruibile, palpabile, sensibile, di un elemento, il più povero che possa esistere sulla faccia della terra, il pane e il vino. Due elementi semplicissimi, che però assumono tutta questa pienezza di bontà e di grazia e ci trasformano dentro una dimensione di divinità, ma ci trasformano soprattutto dentro una dimensione di comunione».

A tal proposito, l’arcivescovo Valentinetti ha rivolto un invito ai fedeli partendo proprio dal cammino di riflessione che la Chiesa sta compiendo in questo periodo: «Credo che nel tempo in cui stiamo vivendo – osserva -, questo tempo della Chiesa, questo tempo in cui Papa Francesco ci ha chiesto di fare un percorso sinodale che ha proprio come titolo “Comunione, partecipazione e missione”, io vorrei sentire fortemente che questa sera questa liturgia eucaristica sia il segno di una comunione ecclesiale che si deve rafforzare. Una comunione forte tra me vescovo e i miei fratelli presbiteri e diaconi, religiosi e religiose e con voi tutti, carissimi fratelli laici. E poi la comunione dentro la dimensione delle comunità parrocchiali, dove non dovrebbero essere più esistenti diversità di gradi o di carismi, ma dovrebbe esserci senza dubbio un respiro di famiglia che siede intorno alla mensa eucaristica la domenica. Non c’è chi comanda e chi obbedisce, ma siamo veramente una cosa sola dentro una dimensione di ricerca comunionale. Questo ci sta chiedendo Papa Francesco, ascoltiamoci per vivere una dimensione di comunione e poi di partecipazione e di missione».
Ciononostante, molto spesso, la comunione viene meno: «Molte volte – constata l’arcivescovo – la comunione viene avvilita, molte volte la comunione non è sensibile, non è vitale. Siamo tutti colpevoli da questo punto di vista, perché costruire comunione non è facile. Eppure l’Eucarestia ci lancia nella comunione, ci mette dentro le energie vitali della comunione. Quanta spocchiosità, quanti pettegolezzi, quante maldicenze, quante rivalità, quanto desiderio di primeggiare, molte volte dentro le nostre comunità parrocchiali. Fratelli, non si costruisce così la comunione. La comunione si costruisce occupando ognuno il proprio posto, in un ascolto reciproco e in una capacità di edificazione vicendevole, ma non perché la facciamo noi l’edificazione, ma perché la fa il corpo e il sangue di Cristo. Se questo corpo e sangue di Cristo che ci è dato in comunione non diventa veritiero, non diventa credibile dentro la storia di questa città, dentro la storia della nostra diocesi, siamo ben poverini. Avremmo perso tanto tempo e dovremmo dire “mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa”. E allora, camminiamo un po’ meglio, camminiamo un po’ più nella fede, nella speranza e nella carità e ricerchiamo queste strade, queste capacità di comunione che si possono realizzare in duemila modi».

A questo punto, monsignor Valentinetti ha dato dei suggerimenti concreti per realizzare al meglio la comunione: «Un modo, per esempio – rilancia il presule -, è il Consiglio pastorale parrocchiale. Ma veramente il Consiglio pastorale parrocchiale è il pensatoio della parrocchia? Realmente i Consigli diocesani possono e debbono essere il pensatoio del vescovo? Dobbiamo tutti camminare su questa strada. Devo camminare anch’io, perché anch’io mi devo convertire e siamo in un cammino di conversione di Chiesa. Perché Papa Francesco ci ha detto una verità importante, “Non è un tempo in cui cambiano le cose, è un tempo che cambia”. È cambiato definitivamente questo tempo, non è più un tempo di prima, è il tempo di oggi. E questo tempo di oggi ci chiede questo grande sforzo, obbedienti, umili e docili a questo sacramento che stiamo per ricevere. Una delle ferite che molte persone lontane portano con sé e non ci guardano con amore, sono proprio le nostre mancanze di comunione. Facciamoci gli esami di coscienza. Le chiusure, le autoreferenzialità. Autoreferenzialità parrocchiali, autoreferenzialità di gruppi, associazioni e movimenti. Non è più il tempo, è il tempo di sederci con verità intorno a questa mensa e fare verità per la nostra vita».
Al termine dell’omelia, monsignor Tommaso Valentinetti ha chiesto delle preghiere particolari: «Una preghiera particolare per me – chiede l’arcivescovo –, perché io sia capace di essere servo della comunione, non artefice, ma servo della comunione. Per i miei fratelli presbiteri perché siano anch’essi, insieme con i diaconi e con gli operatori pastorali, servi della comunione. E per questo diacono della mensa, che il 29 giugno sarà ordinato sacerdote. È il mio annuncio quasi ufficiale, anche se l’ho già detto, Daniele Partenza è un altro presbitero che la Chiesa riceve. Pregate anche per lui, perché sia sempre servo della comunione, amen».