“La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti”
"Per noi la pace non è solo un auspicio – ribadisce il cardinale Zuppi -, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti. Durante la Seconda Guerra mondiale la Chiesa era tra la gente e sul territorio"

«La guerra è una pandemia. Ci coinvolge tutti». Lo ha affermato ieri il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi, nella prolusione introduttiva dell’Assemblea generale della Cei che si terrà in Vaticano fino a giovedì 25 maggio – che ha eletto il vescovo di Ascoli e Piceno e arcivescovo monsignor Gianpiero Palmieri vice presidente Cei per il Centro Italia -, parlando della pace in Ucraina con l’impegno diretto di Papa Francesco: «Gli siamo grati per la sua profezia – afferma il porporato -, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità. La sua voce si fa carico dell’ansia profonda, talvolta inespressa, spesso inascoltata, dei popoli che hanno bisogno della pace. Dove sono gli sforzi creativi di pace?».

Per il cardinale Zuppi è questa la domanda da porsi, così come ha fatto il Papa nel suo ultimo viaggio in Ungheria: «Lasciamoci inquietare da questa domanda – insiste il cardinale -, perché non rimanga solo la logica spietata del conflitto. “No, allora, al deterioramento delle relazioni internazionali – aggiunge citando ancora il Papa -, che comportano il triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra. Sembra essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi… A livello internazionale pare persino che la politica abbia come effetto quello di infiammare gli animi anziché di risolvere i problemi, dimentica della maturità raggiunta dopo gli orrori della guerra e regredita a una sorta di infantilismo bellico. Ma la pace non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti”». Da qui il monito del presidente della Conferenza episcopale italiana: «Per noi la pace non è solo un auspicio – ribadisce -, ma è la realtà stessa della Chiesa, che germina – come il segno di pace – dall’Eucaristia e dal Vangelo. La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti. Durante la Seconda Guerra mondiale la Chiesa era tra la gente e sul territorio».
A questo punto il porporato ha ricordato anche l’imminente sessantesimo anniversario della morte di San Giovanni XXIII: «Che visse due guerre mondiali – ricorda Zuppi – e attualizzò con efficacia il messaggio pacifico della fede con la Pacem in terris, cominciando a rivolgersi agli “uomini di buona volontà”. Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Lo siamo – mi sembra – per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo. Come cristiani italiani, con il Papa, siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina e perché – come affermava proprio San Giovanni XXIII – “si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”». Poi ancora una citazione, questa volta di Giorgio La Pira: «”Preghino tutte le nostre comunità intensamente per la pace! L’impegno di intercessione cambia la storia“».
Tanti gli altri temi affrontati dal cardinale Zuppi nella sua prolusione, l’invito a coniugare il tema della natalità con quello dell’accoglienza, passando per il rilancio del Cammino sinodale, fino al suo appello a ripensare in grande la formazione dei laici, senza tralasciare la vicinanza alla popolazione alluvionata dell’Emilia-Romagna, l’invito a rafforzare l’impegno e la coscientizzazione della lotta antimafia, un’esortazione a tutelare la Costituzione, la richiesta di garantire un lavoro dignitoso e la vicinanza e l’ascolto delle vittime di abusi nella Chiesa.