“L’educazione è il più grande motore del cambiamento”
"Papa Francesco - ricorda Fiorin - tante volte ha detto che quello che è successo in questi anni è stata un po’ la rottura del patto educativo. Una volta, forse, c'era più coerenza tra quello che magari la scuola proponeva e quello che proponevano le famiglie, quello che gli stessi valori sociali erano in qualche maniera proposti. Oggi tutto questo si è sbriciolato e allora l'impegno educativo è anche quello di ricostruire questo patto educativo, certamente ritrovandolo e rammendando tutte le rotture che ci sono state, cominciando dal rapporto che la scuola ha con le famiglie e anche con la comunità"
È stato il professor Italo Fiorin, docente di pedagogia e consultore di Papa Francesco, ad animare l’interessante convegno – dal tema “Il pensiero educativo di Papa Francesco: per una scuola costruttrice di comunità. Ripensare il service-learning alla luce di Papa Francesco” – che si è svolto lo scorso mercoledì 29 marzo al Teatro “Clara Perrotti” di Alanno (Pescara). Un appuntamento organizzato dall’Associazione Il girasole e dal Cipas (Centro italiano di proposta ed azione sociale), con il patrocinio del Consiglio regionale d’Abruzzo, al quale abbiamo partecipato per intervistare il consultore di Papa Francesco anche grazie alla collaborazione del direttore di Radio Luce Abruzzo Donato Fioriti.
Professore, quanto è importante riflettere sulla visione dell’educazione che ha in generale Papa Francesco?
«Possiamo considerarlo, senza difficoltà, l’unico leader che oggi, in un mondo così contrastato e difficile, rappresenta una voce autorevole non solo per i cattolici, ma come vediamo per tutte le persone che sognano un mondo migliore di quello che abbiamo. Che indica una prospettiva di vita e significativa per tutti, per tutte le culture. Certo, il messaggio di Papa Francesco non è il messaggio di un pedagogista, ma non c’è dubbio che così come possiamo parlare con tutta consapevolezza dell’economia di Francesco, altrettanto possiamo parlare dell’educazione di Francesco, della visione pedagogica di Francesco. Perché per Papa Francesco l’educazione rappresenta il grande motore del cambiamento. E usa dire, tante volte, non si cambia il mondo se non si cambia l’educazione. E vede proprio nell’educazione questo grande strumento a disposizione per migliorare la nostra condizione umana. Quindi credo che la voce che arriva da Papa Francesco sia autorevole, una voce capace di indicare orizzonti educativi e che possiamo ascoltare tutti quanti desideriamo contribuire a questo impegno di miglioramento della realtà».
Quindi Papa Francesco ci richiama anche ad essere docenti e, in generale, educatori più preparati. Quanto è importante la formazione dei docenti?
«Certo, per Papa Francesco la figura del docente è fondamentale e più volte ha avuto modo per incontrare educatori, formatori, insegnanti. Più volte ha richiamato l’importanza del maestro, l’importanza della figura che sa appassionare, che sa interagire coi giovani, che sa affidare ai giovani un sogno perché siano i giovani capaci di realizzarlo. In Papa Francesco c’è una grande attenzione a quello che possiamo chiamare l’accompagnamento pedagogico, del quale i docenti, tutti noi adulti, siamo in qualche modo responsabili. Però, per Papa Francesco, la visione educativa è anche un impegno che coinvolge i giovani come protagonisti. Per cui il compito educativo è quello di aiutare i ragazzi giovani a diventare loro stessi protagonisti di cambiamento. E Papa Francesco ci insegna che l’educazione corrisponde a tre grandi orientamenti. Ascoltare. Un educatore è quello che sa ascoltare, che sa ascoltare il cuore dei giovani, che sa anche ascoltare i bisogni della realtà. Poi un educatore è quello che sa avviare un processo creativo. Che sa, dopo aver ascoltato, assumere la responsabilità dell’impegno. E poi, alla fine, Papa Francesco ci dice che è molto importante celebrare, cioè essere grati dell’esperienza che stiamo vivendo, essere capaci di comunicare la gratitudine dell’esperienza che stiamo vivendo e, in qualche maniera, ricorda l’importanza della gratuità e del dono. Ascoltare, celebrare, impegnarsi, creare. Questi sono indicazioni molto forti, molto importanti».
Quindi il docente, secondo Papa Francesco, è più un facilitatore, un accompagnatore, soprattutto quando c’è un disagio sociale, culturale e anche fisico della persona?
«Certamente, questo sì, ma forse potremmo dire che è soprattutto un testimone, colui che vive in prima persona i valori ai quali poi richiama. Quindi l’invito che fa a noi adulti educatori, tutti siamo educatori, non importa il ruolo professionale, ma ogni adulto ha una responsabilità educativa e il primo compito è quello di testimoniare con la nostra vita i valori che stiamo proponendo ai ragazzi. Quindi un grande invito alla coerenza, alla genuinità, all’autenticità della nostra persona. Poi la sua attenzione, un’attenzione privilegiata per tutte le forme di fragilità, per tutte le forme di povertà. E lui ha però, come ben sapete, anche questa idea della fragilità, della povertà, della periferia. Un’idea non negativa. Dice “Attenzione, ascoltiamo quello che arriva dalla periferia, perché dalla periferia ci arriva qualcosa che noi dobbiamo riconoscere, perché è importante. Le vere novità nascono dalla periferia e aiutano a rigenerarci”».
Com’è per lei personalmente avere anche questo contatto con Papa Francesco?
«Posso dire che è stato un onore quando sono stato oggetto di questa nomina, che non è solo per me, ma c’è un gruppo nel mondo di persone che sono consultori per l’educazione cattolica. È sicuramente una grande responsabilità e poi una grande gioia, tutte le volte che sarà possibile, avere delle occasioni di maggiore vicinanza».
Lei ad Alanno ha tenuto una sorta di lectio magistralis sul pensiero educativo di Papa Francesco, davanti ad una platea qualificata di insegnanti, ma quanto può essere importante per il nucleo fondamentale della società e cioè la famiglia l’educazione dei minori?
«Sì, quello che ho cercato di proporre è stato un po’ dare voce al pensiero di Papa Francesco non solo rifacendomi a tanti messaggi, a tanti discorsi, a tante indicazioni che lui ci ha regalato, ma anche cercando di collegare ciò con una proposta pedagogica, che non è una proposta di Papa Francesco ma che il Papa aiuta ad interpretare in una maniera particolarmente significativa. È questa la proposta che viene chiamata in tanti modi, ma la maniera più diffusa è “service learning”. Cioè l’idea che l’apprendimento è una responsabilità, che poi diventa una responsabilità da mettere al servizio degli altri. Questo è stato un po’ il tema. Poi certamente, dentro questa responsabilità educativa c’è l’idea del patto educativo. Papa Francesco tante volte ha detto che quello che è successo in questi anni è stata un po’ la rottura del patto educativo. Una volta, forse, c’era più coerenza tra quello che magari la scuola proponeva e quello che proponevano le famiglie, quello che gli stessi valori sociali erano in qualche maniera proposti. Oggi tutto questo si è sbriciolato e allora l’impegno educativo è anche quello di ricostruire questo patto educativo, certamente ritrovandolo e rammendando tutte le rotture che ci sono state, cominciando dal rapporto che la scuola ha con le famiglie e anche con la comunità. Questo in una visione, usata spesso dal Papa, di un “villaggio educativo”. Forse siamo chiamati un po’ a ricostruire questo villaggio educativo, che è questo luogo di coerenza dentro il quale i ragazzi, evidentemente, possono essere aiutati a crescere da adulti che condividono il significato della vita».
Possiamo dire che c’è una sorta di missione anche da parte degli insegnanti in questo contesto, che non è soltanto lavorativo, ma quello di formazione della personalità del domani, delle nostre future generazioni, di quelle che andranno alla guida delle varie città e dei vari paesi. Il nostro futuro, in sostanza…
«C’è un grande studioso non cattolico, amico di Papa Francesco, che quest’anno ha compiuto 100 anni ed è Edgar Morin. Questo grande saggio, questo grande studioso – cito lui proprio per non citare Papa Francesco – dice che “educare non è solo essere un bravo professionista, ma è una missione”. Lo dice una persona autorevole che non è certamente un cattolico, ma che è autorevole. Certamente Papa Francesco testimonia questo e invita a riscoprirlo. Non c’è dubbio che c’è negli insegnanti una dimensione professionale che va riconosciuta. Papa Francesco, molto concretamente, più volte ha detto “Guardate che gli insegnanti sono anche mal pagati”».
C’è anche il concetto di dignità del lavoro?
«Sì, ma sapete che lui è abbastanza esplicito e non ha avuto problemi nel dirlo. Che non è poi un problema solo italiana, ma è una cosa abbastanza diffusa questa scarsa considerazione sociale di una professione indispensabile. Però, pur riconoscendo questo, c’è una dimensione che va oltre la qualificazione personale ed è proprio questa vocazione ad essere educatore. Quindi sicuramente una dimensione missionaria o di testimonianza, di dono, di responsabilità che nessun mansionario, nessun contratto – per quanto debba essere ben steso, può prescrivere e garantire».