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“Annunciamo il Vangelo, rendiamo visibile Cristo all’umanità smarrita”

"Il Sinodo non è altro che questo – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti -, ritessere rapporti umani con tutti. Incontrare gli uomini in modo umanissimo. Questa è la prima regola. Incontrare gli uomini, le donne del nostro tempo, con la nostra umanità, con la totale umanità. Poi essere persone affidabili, la cui umanità è credibile. E chiaramente, se è credibile la nostra umanità, sarà credibile anche la nostra fede. Essere presenti agli altri, fare dono della propria presenza in continuazione, forse senza nulla da dire, ma con un'attenzione amorosa che fa capire alle persone il nostro amore e la nostra dedizione"

Questa l’esortazione dell’arcivescovo Valentinetti, proclamata ieri sera nella messa crismale presieduta nella Cattedrale di San Cetteo

L'arcivescovo Valentinetti alita sul crisma consacrandolo
L’arcivescovo Valentinetti versa l’olio di Capaci donato dalla Polizia di Stato

Quest’anno tra gli olii santi che i sacerdoti della Chiesa di Pescara-Penne useranno per impartire i sacramenti, ci sarà anche quello proveniente dagli ulivi piatati nel terreno dove, il 23 maggio 1992, avvenne la Strage di Capaci nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani per mano di Cosa nostra. È stato consegnato ieri sera, nel corso della messa crismale che ha avuto luogo in una gremita Cattedrale di San Cetteo a Pescara, da due agenti della Polizia di Stato in servizio presso la Questura del capoluogo adriatico all’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, che l’ha versato nelle anfore che contenevano il sacro crisma (usato nei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine sacro, ottenuto mescolando olii e profumi), poi consacrato con l’alito, l’olio per l’unzione degli infermi, l’olio per ungere i catecumeni che stanno per ricevere il battesimo: «Una bottiglia di quell’olio – sottolinea il presule -, che nasce sulla terra di chi ha servito la patria per la legalità, viene donato a tutte la comunità diocesana».

Una liturgia eucaristica solenne, quella presieduta dall’arcivescovo Valentinetti e concelebrata dai sacerdoti dell’arcidiocesi che hanno rinnovato le promesse sacerdotali, animata dal Coro diocesano diretto da Roberta Fioravanti, particolarmente carica di significato: «Ecco quanto è bello e quanto è soave – esordisce l’arcivescovo – che i fratelli vivano insieme e da fratelli e sorelle vogliamo vivere questa divina liturgia, per sentirci veramente popolo di Dio, un regno di sacerdoti che sono stati chiamati tutti, presbiteri e laici, ad annunciare le meraviglie dell’amore del Signore».

Mons. Giuseppe Di Falco, vescovo emerito di Sulmona-Valva

E nel salutare i presbiteri presenti, monsignor Valentinetti ha rivolto un pensiero speciale al vescovo emerito di Sulmona-Valva monsignor Giuseppe Di Falco: «Questo – annuncia il presule – è un anno importante per la sua vita. Il prossimo 29 giugno ricorrerà il settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Pensate, per settant’anni ha vissuto questa liturgia, ha fatto le promesse sacerdotali quando era presbitero nella diocesi di Chieti e accolto le promesse sacerdotali del clero di Sulmona, quando è stato vescovo di quella diocesi. La Provvidenza ce lo fa ospitare nella nostra Chiesa locale e, questa sera, gli promettiamo preghiere per il suo cammino, di ringraziamento al Signore e soprattutto benedizione della sua vita e della sua preghiera per la sua diocesi di origine, che è la Diocesi di Chieti, ma anche per questa sposa che abbiamo nel cuore, che è la Diocesi di Pescara-Penne».

L’arcivescovo Valentinetti pronuncia l’omelia

Quindi l’omelia del presule, dedicata tanto ai sacerdoti quanto ai diaconi e ai laici presenti e protagonisti del cammino della Chiesa: «Non so se ci rendiamo conto, fratelli e sorelle carissimi – afferma -, che facciamo parte di questa stirpe sacerdotale di cui ci ha parlato il Libro dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo, che siamo un regno e sacerdoti per il suo Dio e Padre, ma anche nella pagina del Libro del profeta Isaia c’è il riferimento, “Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio, sarete detti”. Questo è vero particolarmente per noi che abbiamo ricevuto gli ordini sacri, ma è vero per tutto il popolo di Dio, che è un popolo regale, sacerdotale e profetico in forza del santo battesimo che ognuno di voi ha ricevuto. Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù ci ha fatto questo dono, ci ha fatto questo regalo e quando nella sinagoga di Nazareth ha detto “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato con i vostri orecchi”, l’ha detto perché quello Spirito che è sceso su di Lui, che ha lo ha costituito figlio di Dio e Signore, riconosciuto Figlio di Dio e Signore, quello spirito veniva comunicato anche a tutti coloro che per la fede credono. E noi questa sera vogliamo sentirci assolutamente quel popolo sacerdotale, regale, profetico».

Alcuni sacerdoti concelebranti

Un popolo che ha un obiettivo preciso: «Vogliamo riscoprire ancora una volta questa vocazione – rilancia l’arcivescovo Valentinetti -, in primis io vescovo, voi sacerdoti con me, diaconi, tutti insieme ricordare a noi stessi e con voi, carissimi fratelli e sorelle laici, che questo è il nostro compito, annunciare il Vangelo. Rendere visibile il corpo di Cristo, che è la Chiesa, dentro la storia dell’umanità. Questo è ciò che dobbiamo fare, questa è la nostra chiamata. Particolarmente in questi tempi, rendere visibile il corpo di Cristo che è la Chiesa dentro l’umanità. Un’umanità oggettivamente smarrita, un’umanità affaticata, un’umanità che forse, molto spesso, in tante circostanze, perde la rotta del proprio cammino e della propria esistenza. E non sto qui a fare la geremia per ricordarci tutti i problemi che in questa umanità, in questo tempo stiamo vivendo. Ma noi abbiamo la forza dello Spirito, noi abbiamo questa capacità che ci è stata donata col battesimo e con i sacramenti, per ridire a tutti che Gesù è il Signore, che Gesù è la nostra vita. Fra poco consacrerò ancora una volta il Crisma, benedirò gli olii santi. Saranno riaffidati a noi perché dobbiamo riungere ancora una volta quel corpo di Cristo. Siamo chiamati a riungerlo non tanto e non solamente sacramentalmente, nostro dovere principale e nostro compito vocazionale, ma quanto a riungere quel corpo del Signore forse con lo stesso amore, con la stessa delicatezza, con la stessa attenzione di quella unzione di Betania di cui abbiamo ascoltato lunedì santo la proclamazione del Vangelo. Di quella Maria di Magdala che va ai piedi di Gesù e a quei piedi versa profumo in abbondanza e versando profumo in abbondanza, bagna con le lacrime quei piedi e li asciuga con i suoi capelli. Il corpo di Cristo forse ha bisogno di questo, il corpo di Cristo ha bisogno di questo amore, ha bisogno di questo afflato. Il popolo santo di Dio deve sentirsi coinvolto a ridire questa delicatezza di questa donna al mondo intero. Ma non con le parole, non solamente con le esortazioni, ma con i gesti, con i gesti umanissimi che sono importanti per poter dire, ancora una volta, che il Signore ci ama e che vuole incontrare tutti. E allora, forse, dobbiamo riprendere in mano una storia di umanità, una storia di sensibilità che ci reintroduce dentro il tessuto della realtà».

La Cattedrale di San Cetteo gremita di sacerdoti e fedeli

Da qui un riferimento al Sinodo della Chiesa universale: «Non è altro che questo – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti -, ritessere rapporti umani con tutti. Incontrare gli uomini in modo umanissimo. Questa è la prima regola. Incontrare gli uomini, le donne del nostro tempo, con la nostra umanità, con la totale umanità. Poi essere persone affidabili, la cui umanità è credibile. E chiaramente, se è credibile la nostra umanità, sarà credibile anche la nostra fede. Essere presenti agli altri, fare dono della propria presenza in continuazione, forse senza nulla da dire, senza nulla proferire, ma con un’attenzione amorosa che fa capire alle persone il nostro amore e la nostra dedizione. E infine come singoli, come comunità, come singoli presbiteri, io come vescovo, voi come diaconi e tutto il popolo di Dio, decentriamoci da noi stessi per fare segno a Gesù, solo a Gesù. Attraverso lui indicare Dio che è amore, il nostro amore».

Infine, la preghiera di affidamento del presule: «Ci consegniamo – conclude – queste regole di vita in questa Settimana santa del 2023, ormai spero fuori dalla pandemia, ma con il coraggio di essere rinnovati da una forza potente dello Spirito Santo che, fra poco, ancora una volta scenderà nella consacrazione del crisma e nella benedizione dell’olio. Che il Signore ci conceda di camminare sulle sue vie, amen».

About Davide De Amicis (4496 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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