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Sinodo: “Siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa”

"Le Chiese - riconosce il cardinale Zuppi - hanno dato voce ad una pluralità di soggetti, che hanno mostrato il valore della fede vissuta come esperienza domestica. Questa varietà di soggetti e la loro partecipazione responsabile nelle dinamiche ecclesiali, mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla Cei stessa"

Lo ha affermato ieri il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, introducendo i lavori del Consiglio episcopale permanente

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, presiede il Consiglio episcopale permanente Ph: Cristian Gennari/Siciliani

Terminerà domani a Roma il Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana, iniziato ieri con l’introduzione del cardinale presidente Matteo Zuppi che ha esordito iniziando a parlare del Sinodo della Chiesa: «Riconoscere con sincerità le difficoltà ecclesiali e sociali – indica il porporato -, credendo, però, che siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa, aprendo nuove e coraggiose prospettive di futuro. Per questo occorre passione, visione profetica, libertà evangelica e intelligenza della comunione, generosa responsabilità e gratuità nel servizio. La sinodalità è tutt’altro che rinuncia o omologazione al ribasso! Dobbiamo sapere riconoscere i tanti segni della sua predilezione e dei doni che ci sono affidati e accettare la vera sfida che è costruire comunità, case dove abiti il Signore Gesù e sua Madre, nostra Madre, la Chiesa».

Avviando la seduta, il cardinale Zuppi ha riutilizzato la metafora dell’inverno, già pronunciata durante il Consiglio episcopale permanente, che si è tenuto il 20 settembre scorso a Matera, «per individuare – precisa Zuppi – alcune fragilità e sofferenze del nostro tempo e della nostra gente: inverno dell’ambiente, della società, dei divari territoriali, della denatalità, dell’educazione. Inverno secondo alcuni irreversibile». Per questo occorre avere una “sguardo dal basso”: «Per commuoversi – spiega il cardinale – e farsi carico delle fatiche dei più poveri, ma anche impegnarsi in uno “sguardo lungo”, per costruire con generosità e intelligenza, pensando al dopo di noi, per comunicare la speranza cristiana che con fiducia pensa che tutto possa cambiare e il deserto fiorire. Credo che questa sia la nostra prospettiva odierna».

Non è mancato poi un riferimento alla pandemia di Covid-19, ormai sostanzialmente alle spalle: «La pandemia – osserva il presidente della Cei – ha fatto affiorare alcune debolezze ecclesiali più o meno latenti. Non le dobbiamo osservare con pervasivo pessimismo, con quella sottile tentazione di fermarci solo sulle difficoltà, sui limiti, con quell’incredulità pratica di sapere solo vedere i problemi, interpretandoli anche in maniera raffinata, ma senza credere che siano occasione per l’opera di Dio. Non dimentichiamo le tentazioni dello gnosticismo e del pelagianesimo, indicate da Papa Francesco. E non dobbiamo nemmeno correre dietro la ricerca illusoria e ipocrita di comunità perfette, ma riconosciamo nella nostra fragilità e contraddizione, i tanti comportamenti virtuosi, che non dobbiamo dimenticare né perdere perché dono dello Spirito».

E a proposito della pandemia: «Sempre con una indispensabile cautela – precisa il cardinale Matteo Zuppi – possiamo dire che ci troviamo ormai nella stagione postpandemica, come l’Organizzazione mondiale della sanità ha preannunciato. La dolorosa stagione del Covid, ci impone un impegno forte per trasformare la sofferenza in consapevolezza e sapienza umana ed ecclesiale».

Il Consiglio episcopale permanente della Cei – Ph: Cristian Gennari/Siciliani

Questa la conclusione del porporato che, facendo riferimento al messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, ha individuato gli effetti sociali a lungo termine del Covid: «Un malessere generale – sottolinea l’arcivescovo di Bologna – che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà. E la pandemia ha toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento».

E con la pandemia, e la necessità del distanziamento fisico, anche la comunicazione è cambiata, essendo stata mediata dagli strumenti informatici. Ma per il presidente dei vescovi italiani, questa è una stagione da archiviare: «Considerando la stagione della pandemia – conferma il cardinale -, dobbiamo evitare che il ricorso alla comunicazione digitale, così importante durante l’isolamento, sostituisca la presenza e diventi funzionale all’individualismo e alla patologia della paura. È opportuno terminare con tante trasmissioni informatiche che inducono a chiudersi».

Zuppi, tra gli effetti ritardati del Covid, ha poi ricordato anche il «disagio psichico che fa soffrire tantissime persone, spesso giovani e che ci chiede di ritrovare un senso di comunità, di relazione, di intelligente e forte attenzione alla fragilità». Successivamente, il cardinale Zuppi è tornato anche sull’ennesima strade di migranti avvenuta sulle coste crotonesi di Cutro, in riferimento anche ai sopravvissuti: «Ringrazio di cuore – attesta il presidente della Cei – quanti si sono prodigati in loro aiuto, manifestazione di tanta umanità e la Chiesa di Crotone che ha mostrato il volto di madre della nostra Chiesa».

A tal proposito, il porporato ha rilanciato l’appello già pronunciato a Matera, rivolto «ai politici – afferma -, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali. Le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, i migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale. È davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi».

Infine, il cardinale Matteo Zuppi è tornato a parlare del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, al quale sarà dedicata la prossima Assemblea generale della Cei, che sta affrontando la transizione dalla fase dell’ascolto a quella del discernimento: «Nessuno si illude – riconosce Zuppi – che vi sia la soluzione ad ogni difficoltà, né che questo processo sia vissuto da tutti con il medesimo slancio. Quanti si sono coinvolti in questo cammino, a cominciare dai referenti diocesani fino ai componenti del Comitato e della Presidenza del Cammino sinodale, ci raccontano la soddisfazione del percorso fatto insieme, che sta educando progressivamente tutti i protagonisti a uno stile spirituale e pastorale nuovo. Le Chiese hanno dato voce ad una pluralità di soggetti, che hanno mostrato il valore della fede vissuta come esperienza domestica. Questa varietà di soggetti e la loro partecipazione responsabile nelle dinamiche ecclesiali, mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla Cei stessa».

Da qui l’appello del presidente della Cei: «Penso necessario – rilancia – che non si perda lo slancio di vitalità e creatività, che nel tempo della pandemia ha generato pratiche pastorali nuove nelle forme e nei contenuti. La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale, si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria, della chiamata e dell’invio di ognuno, che si misura con le domande, le sfide, con la necessità di diffondere una cultura cristiana come chiave per capire e consolare la tanta sofferenza. La pandemia ha posto tutti bruscamente dinanzi ad alcune domande esistenziali fondamentali, come il senso della morte, il perché del dolore innocente, il valore tutto umano della vita dal suo inizio alla sua fine, l’importanza della gratuità, la fragilità. Mi piace immaginare una Chiesa che si faccia carico di queste domande e offra luce e speranza per nuove motivazioni che affranchino dalla paura».

Nella parte finale dell’introduzione, il cardinale Zuppi è poi tornato sul decimo anniversario di pontificato di Papa Francesco: «Le sue parole e i suoi gesti – riflette il porporato – sono diventati per noi un programma ecclesiale e ci offrono anche un linguaggio che avvicina tanti ed è comprensibile a tutti. Le sue parole e il riferimento al discorso di Firenze, restano per noi una preziosa indicazione, segnano l’urgenza di tanto impegno pastorale insieme a tutto il popolo che ci è affidato e ci spingono a intraprendere con coraggio e responsabilità il nostro cammino ecclesiale».

Queste le parole di riconoscenza espresse, a nome della Chiesa italiana, dal cardinale Matteo Zuppi al Pontefice: «Conosciamo i suoi discorsi e i suoi documenti ufficiali, che hanno inciso in profondità nella vita delle nostre comunità – ricorda Zuppi -. Abbiamo imparato ad apprezzarlo nei suoi gesti simbolici, come la preghiera del 27 marzo 2020 in una piazza San Pietro deserta o come il bacio ai piedi dei leader del Sud Sudan, chiedendo il loro sforzo per la pacificazione di quella terra. Ne abbiamo colto ancora l’impegno esplicito per la pace in Ucraina, ma anche nei tanti focolai di guerra sparsi per il mondo. Si è mostrato vicino alle popolazioni martoriate dalle calamità naturali, come il terribile terremoto che ha recentemente colpito la Turchia e la Siria. Ha denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza” e si è mostrato attento a quanti sono costretti a migrare nella speranza di una vita migliore, rischiando e spesso purtroppo perdendo la vita stessa. Ha sempre invitato a non accontentarsi del “si è sempre fatto così” ed ha piuttosto spronato a realizzare una Chiesa in uscita, proiettata verso le periferie esistenziali. Papa Francesco ha assunto alcuni tratti di San Giuseppe: vediamo in lui la cura dell’altro, la custodia dei più deboli, la solidità della fede quotidiana e il coraggio di sognare la Chiesa di oggi e di domani». E proprio con una preghiera dedicata dal Santo Padre al patrono della Chiesa universale, a chiusura della lettera apostolica Patris corde, il presidente Zuppi ha concluso la sua introduzione al Consiglio episcopale permanente.

About Davide De Amicis (4523 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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