Chiesa: “Ci siamo allontanati noi da chi definiamo lontano”
"Il problema – sottolinea Zuppi - è imparare a camminare insieme. Non dobbiamo, infatti, andare in ordine sparso. Mettere al centro Gesù, ascoltare i tanti compagni di strada, riscoprire la bellezza del Vangelo oggi, imparare a camminare insieme: sono le sfide che stiamo affrontando. La Chiesa è sinodale in questo senso

A pochi giorni dal primo anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina e a pochi giorni dal decimo anniversario di pontificato di Papa Francesco, il cardinale presidente della Cei ha rilasciato un’interessante intervista all’agenzia di stampa Sir, partendo dalla sua definizione dello stato di salute della Chiesa oggi: «La Chiesa – afferma il porporato – è minoranza creativa, ma è anche popolo. Tante persone che definiamo lontane sono invece vicine, siamo noi che ci siamo allontanati pensando che la colpa fosse di altri. Non abbiamo camminato con loro. Adesso stiamo ritrovando sofferenze, domande e distanze. Ma questo fa bene alla Chiesa. Il Signore non condanna, il Signore salva. Bisogna imparare a vedere e a riconoscere il tanto bene che c’è. Non dobbiamo cercare una Chiesa che non esiste. Nelle nostre contraddizioni e nel nostro peccato, scorgiamo la presenza del Signore ovunque. La santità della porta accanto».
In seguito, il cardinale Zuppi ha fatto un riferimento al Cammino sinodale delle Chiese in Italia: «Il problema – sottolinea – è imparare a camminare insieme. Non dobbiamo, infatti, andare in ordine sparso. Mettere al centro Gesù, ascoltare i tanti compagni di strada, riscoprire la bellezza del Vangelo oggi, imparare a camminare insieme: sono le sfide che stiamo affrontando. La Chiesa è sinodale in questo senso».
Entrando nel merito del decimo anniversario di pontificato di Papa Francesco, che cade a poche settimane dalla scomparsa del Papa emerito Benedetto XVI, il presidente della Cei ha commentato questo avvicendamento: «La Chiesa – osserva Zuppi – procede nella direzione tracciata da Benedetto XVI e raccolta da Francesco. Il passaggio è stato l’Anno della fede, iniziato da Ratzinger e concluso da Bergoglio. La prima enciclica “Lumen fidei”, scritta a quattro mani, è un chiaro messaggio. Non a caso Francesco ha voluto fare sue le parole del predecessore e aggiungere il suo contributo. È un fatto che non si è verificato di frequente nella storia della Chiesa. È un’indicazione importante di continuità. Durante l’Anno della fede, Benedetto XVI si interrogava sulla desertificazione spirituale e ricordava che nel deserto c’è ancora di più il desiderio dell’acqua. Era il suo invito a rimettersi in cammino, senza condannare o prendere le distanze per proteggere la nostra identità chiudendoci in luoghi protetti. Ratzinger ci sfidava a scendere in strada e Francesco ha iniziato a farci vivere questo invito, talora costringendoci, perché a volte preferiamo le belle dichiarazioni senza tradurle in fatti concreti».
E per riavviare il percorso, non servono i grandi numeri: «Non servono tante scarpe per mettersi in cammino – esorta il cardinale -, occorre iniziare a farlo e basta. Papa Francesco, con senso evangelico, ci aiuta a metterci in viaggio. Alcuni possono essere disorientati da questo approccio, ma è un disorientamento sano che ci spinge a mettere al centro Cristo».
Infine, il porporato ha parlato delle relazioni tra Chiesa e istituzioni, rivolgendo un monito al Governo: «La Chiesa parla con le Istituzioni con rispetto e laicità – conclude il cardinale Matteo Zuppi -, ma anche con la libertà necessaria per trovare le risposte alla sofferenza delle persone e rimuovere le cause. Bisogna combattere la povertà, non i poveri. Riavviare l’ascensore sociale che spinge verso il basso. La consapevolezza sofferta della pandemia e della guerra ci deve mettere urgenza, responsabilità e visione. La Chiesa non smetterà di fare assistenza, dando una risposta immediata, ma anche di coinvolgersi affinché la persona sia sempre al centro dello sforzo delle istituzioni».