Guerra, Caritas: a Pescara accolti 400 ucraini, 63 famiglie e 97 minori
"Abbiamo fatto tutta una serie di attività di inclusione e integrazione – spiega Luigina Tartaglia, responsabile dell’Ufficio Promozione Mondialità della Caritas diocesana di Pescara-Penne -, quindi di supporto e sostegno alle popolazioni presenti sul territorio. Lo abbiamo fatto con l'idea che, comunque sia poteva essere un modo non solo per aiutarli concretamente e fattivamente, ma anche per dargli un modo diverso di vivere questo tempo in cui si trovano a stare in una in una città, in un Paese che non hanno scelto volontariamente, o meglio, dove si trovano forzatamente"
Dopo un anno di guerra in Ucraina, la Caritas diocesana di Pescara-Penne ha fatto il punto della situazione sulla grande opera di accoglienza svolta a beneficio di tanti sfollati ucraini, attraverso il Progetto “Apri Ucraina”, elaborando il dossier “Emergenza Ucraina” che ha messo nero su bianco i primi risultati di questo lavoro di accoglienza e inclusione, che ha fornito agli accolti la possibilità di ricominciare a vivere a Pescara. In particolare, dal mese di giugno 2022 a febbraio 2023, sono stati 101 i nuclei familiari sostenuti (oltre 400 persone), ascoltati e assistiti mediante la consegna di beni di prima necessità (latte in polvere, omogeneizzati, pannolini, prodotti per le igiene intima e medicinali).
Di questi, 63 famiglie sono state prese in carico in hotel e 38 in case private. 182 sono state le donne accolte, 87 i minori in età compresa tra 1 e 17 anni, 77 gli uomini a cui si sono aggiunti due neomaggiorenni in hotel. Nei luoghi di accoglienza, sono stati inoltre effettuati ascolti e vere e proprie prese in carico, da parte di assistenti sociali e mediatrici culturali, degli ucraini in fuga dal conflitto e presenti sul territorio: «Abbiamo fatto tutta una serie di attività di inclusione e integrazione – spiega Luigina Tartaglia, responsabile dell’Ufficio Promozione Mondialità della Caritas diocesana di Pescara-Penne -, quindi di supporto e sostegno alle popolazioni presenti sul territorio. Lo abbiamo fatto con l’idea che, comunque sia, poteva essere un modo non solo per aiutarli concretamente e fattivamente, ma anche per dargli un modo diverso di vivere questo tempo in cui si trovano a stare in una in una città, in un Paese che non hanno scelto volontariamente, o meglio, dove si trovano forzatamente».
Gli esperti hanno provato a capire e a strutturare progettualità con le persone intenzionate a restare a lungo sul territorio, senza escludere gli altri ai quali sono stati comunque garantiti aiuti e servizi di prossimità. La prima difficoltà emersa dall’ascolto è stata la difficoltà di comunicare, da cui è conseguita l’avvio di un corso di lingua italiana per adulti e minori (nei locali parrocchiali di San Giovanni apostolo a Montesilvano, a cui hanno partecipato 25 corsisti. Da ottobre sono stati avviati anche due corsi di italiano, distinti per livello di conoscenza della lingua). Gli altri bisogni emersi sono stati quello di socializzazione, l’inserimento scolastico dei minori, l’accesso e l’accompagnamento a cure mediche (soprattutto odontoiatriche), l’iscrizione ad attività ricreative per minori (calcio, musica, disegno), l’iscrizione a corsi di formazione (corsi di cucina), l’inserimento lavorativo, bisogno di prodotti per l’igiene personale e medicinali. Il problema maggiore che è emerso dai colloqui allargati è stato quello della mancanza di occasioni per potersi integrare ed interagire con gli italiani, data dalla mancanza di disponibilità economica.
Molte persone non hanno potuto partecipare ai corsi per l’assenza dei requisiti di accesso (presenza del permesso di soggiorno cartaceo e non del cedolino). Inoltre, per far fronte alla necessità di comunicare e di apprendere la lingua sono stati reperiti corsi di lingua italiana a cui abbiamo iscritto i nostri attivati dagli Enti Formativi Nexus (13 partecipanti ) e Assolavoro ( numero 7 iscritti), che rilasceranno certificati di frequenza. In più si segnalano 2 iscrizioni al Centro provinciale per l’istruzione degli adulti (CPIA). E proprio la scarsa conoscenza della lingua italiana e le alte aspettative degli assistiti, hanno condizionato il loro inserimento lavorativo, veicolato attraverso colloqui di lavoro che hanno provato ad orientare al meglio i richiedenti lavoro. Alla fine molte proposte di lavoro stagionale non sono state accettate, a parte 5 lavoratori impiegati nella raccolta dell’uva, mentre 14 persone sono state inserite in tirocini formativi.
Per l’inserimento scolastico, sono state 13 le iscrizioni effettuate attraverso una mediazione tra genitori e scuole, provvedendo anche all’acquisti dei libri di testo per 5 nuclei familiari all’acquisto del corredo scolastico (zaini, quaderni, astucci completi, grembiuli, colori, set di geometria, album, compasso, cartellina, borraccia, porta merende) per 16 nuclei familiari. Tra gli altri servizi, l’equipe Caritas ha svolto un ruolo di mediazione con i servizi di trasporto scolastico e servizio mensa del Comune per assicurarne la gratuità. Inoltre, è stato favorito l’inserimento dei ragazzi nel tessuto sociale attraverso attività di animazione e oratorio negli alberghi e organizzando attività laboratoriali nei parchi. Ventiquattro minori sono stati segnalati all’Associazione Cesare Di Carlo, che ha collaborato per l’attivazione di un dopo scuola e di un corso di italiano a loro dedicato nella seconda fase del progetto. Tra l’altro, alcuni ragazzi hanno potuto prendere parte ad attività artistiche e sportive, attraverso il coinvolgimento di una scuola di pattinaggio di Montesilvano, la Delfino Curi scuola calcio (a cui sono stati iscritti due bambini) e un’accademia musicale (a cui sono stati iscritti 3 minori), mentre altri 3 minori sono stati iscritti ad altre attività sportive.
Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, 20 accompagnamenti sono stati effettuati presso l’Associazione Cesare Di Carlo, uno presso un cardiologo e un altro presso un pediatra per fissare un appuntamento presso la Neuropsichiatria infantile per il riconoscimento della diagnosi di autismo. E poi 17 accompagnamenti sono stati effettuati nei presidi sanitari di Popoli, Scafa, Pescara e Penne. Ulteriori accompagnamenti sono stati realizzati in collaborazione con la Croce Rossa Italiana. Tra i casi presi in carico, in particolare, è emersa la situazione di una donna anziana con una valvola meccanica al cuore accompagnata per la terapia anticoagulante orale. Si è continuato a sostenere una donna malata di tumore, in cura presso l’ospedale di Pescara, che aveva da poco terminato il ciclo di chemioterapie. Sono stati acquistati farmaci, occhiali da vista, calze a compressione graduata e uno sfigmomanometro.
Un’opera di assistenza fondamentale per questi accolti: «Sono delle persone – racconta Khrystyna Strilchuk, mediatrice culturale ucraina – che hanno una visione di futuro molto precaria, non sanno cosa li aspetta domani, cosa troveranno a casa. Succede che le persone, magari, ci raccontano delle cose che succedono in questo momento a casa loro, oppure non hanno più la casa o hanno i parenti in guerra. Quindi è l’ascolto la cosa più importante che possiamo offrire loro in questo periodo. Per questo abbiamo organizzato anche un corso di italiano, con una ragazza volontaria, importante non solo per far loro imparare la lingua, ma anche per farli ritrovare tra loro a parlare, per impegnarli e aiutarli a non pensare di continuo alla loro situazione».
A tal proposito, a distanza di un anno, il trauma di questa guerra subita emerge sempre più prepotentemente negli accolti: «Abbiamo attivato un supporto psicologico – annuncia Luigina Tartaglia – proprio perché adesso, a distanza di tempo, cominciano ad emergere le prime emozioni forti, le prime difficoltà, i primi traumi, che forse in un primo tempo si erano un po’ tenuti nell’inconscio. Tutto questo soprattutto per agevolare l’elaborazione della rabbia, perché è difficile poter gestire delle emozioni così forti».