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“Il Bambino è speranza e risposta alle guerre e ai fabbricatori di morte”

"Intercediamo sì – conclude l'arcivescovo Valentinetti -, intercediamo chinati ancora una volta di fronte a questa grotta di Betlemme e invochiamo Spirito Santo e luce per i potenti di questo mondo. Invochiamo Spirito Santo e luce per chi tiene le sorti in mano della cosa pubblica, per chi tiene in mano le sorti del bene comune, perché realmente sulla loro responsabilità grava un’ora pesante e terribile. Non voglio essere profeta di sventura, ma è la ricerca di una preghiera intensa e di un’intercessione, quella che fa parlare stanotte il mio cuore di pastore. Ci assista l’intercessione di Maria e di San Giuseppe, che hanno adorato quel Bambino, e ci insegnino la vera adorazione. Amen"

Lo ha affermato l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa della notte di Natale nella chiesa dello Spirito Santo a Pescara

L'arcivescovo Valentinetti incensa la statua del Bambinello nel presepe della chiesa dello Spirito Santo

È stata un’omelia intensa e disincantata, quella pronunciata stanotte nella messa della notte di Natale presieduta nella chiesa dello Spirito Santo a Pescara. Una riflessione scaturita dall’amarezza per la mancata, almeno per ora, realizzazione della profezia del profeta Isaia proposta dalla prima lettura (Is 9, 1-6) “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti”: «Preparando l’omelia di questa notte – esordisce il presule -, mi sono fatto una domanda. Se questa profezia di Isaia, che abbiamo ascoltato come prima lettura, avesse trovato un riscontro nella vita concreta del tempo di Gesù e se potesse trovare un riscontro concreto nella nostra realtàE sinceramente ho dovuto ammettere che siamo ancora molto lontani da questa profezia, perché ci sono ancora popoli che camminano nelle tenebre, che non ancora hanno visto la grande luce. Ci sono ancora coloro che sono in terra tenebrosa e ci sono popoli che non vivono la gioia, che purtroppo questa bellissima profezia secondo cui “ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco”. Non è vero, i soldati continuano a marciare rimbombando su svariati territori della faccia della terra e ci sono troppi mantelli intrisi di sangue che non sono bruciati e non sono dati in pasto al fuoco».

L’arcivescovo Valentinetti pronuncia l’omelia

Quindi l’interrogativo dell’arcivescovo: «E allora, cosa pensare? Quale può essere la risposta? A questa situazione di caparbietà in cui, molto spesso, versa l’umanità. Quale può essere la risposta a coloro che stanno giocando sulla pelle degli uomini e delle donne, dei tanti conflitti che ci sono sulla faccia della terra? Quale può essere la speranza? Quale può essere l’ammonimento per i tanti fabbricatori di morte che continuano a fabbricare armi sempre più cattive e continuano ad arricchirsi con la guerra e con la cattiveria, unicamente per il bene il possesso personale? Lo stesso Gesù, nascendo in terra d’Israele, fu sottomesso ad un imperatore, Cesare Augusto, che addirittura aveva fatto un censimento, perché si potesse sapere quanti erano i sudditi dell’impero romano. Lui, il Signore della storia, Lui, il Verbo fatto carne, si trova a subire una sorte di suddito sotto il dominatore e quel dominatore, che non sarà Cesare Augusto ma i suoi successori, lo condannerà a morte. Giuseppe e Maria salgono dalla Galilea, da Nazareth alla città di Davide a Betlemme, per obbedire a questo decreto. Per obbedire, forse, ad una legge che Israele non avrebbe mai fatto, perché quando Davide volle fare un censimento, addirittura Dio fece una punizione terribile per Israele. Ma essi vanno, obbedienti forse ancora una volta ad un tiranno, così come tanti oggi obbediscono ai tanti tiranni di turno».

Così, a questo punto, l’arcivescovo Valentinetti si è domandato quale possa essere la risposta, la nostra speranza, l’annuncio di una grande gioia, come affermava il versetto dell’Alleluia:  «La risposta – sottolinea – è ancora una volta un bambino nato nella povertà, nel silenzio, nel nascondimento, ma il Bambino che viene definito da San Paolo – nella Lettera a Tito – “Colui che è portatore della grazia di Dio e della salvezza per tutti gli uomini e che ci insegna a rinnegare le empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà, nell’attesa di quella beata speranza, della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”. Siamo questa notte qui in preghiera, siamo qui a riconfermare questa fede, piccolo gregge, sempre più piccolo gregge, sempre più sparuto, ma con tanta fede nel cuore e con tanto amore per ripromettere fedeltà a questo Bambino. Per ripromettere impegno di ricerca di verità, giustizia, pace e sobrietà. Quella sobrietà, forse dimenticata da tanti, a cui sono costretti i più poveri sempre più poveri e quella sobrietà che i ricchi, sempre più ricchi, disprezzano e non considerano».

I partecipanti alla messa della notte di Natale

Da qui l’invocazione dell’arcivescovo di Pescara-Penne: «Che il Signore allarghi il nostro cuore – prega monsignor Valentinetti -, che il Signore allarghi la nostra mente. Certamente ci sono dinamiche, ci sono situazioni che sfuggono alla nostra capacità di comprensione e di azione. Ma noi, nel nostro piccolo, come sparuto gregge del Signore, vogliamo riconsegnare la nostra vita a quella grotta di Betlemme e lì piegarci ancora una volta in adorazione. “Venite, adoriamo, il Verbo di Dio si è fatto carne”. Vogliamo riconsegnare noi stessi a questa adorazione e vogliamo ridire con forza, con impegno, con pietà, con sincerità e con grande franchezza, che se questo mondo continua su questa strada, ha intrapreso quella sbagliata. Una strada che non porta da nessuna parte, che purtroppo ci è nemica. E scusate se, ancora una volta, faccio riferimento al desiderio di pace facendo eco alle parole di Papa Francesco “Nessuna guerra è sacra, nessuna guerra è indispensabile, nessuna guerra ha mai risolto i problemi dell’umanità, nessuna guerra può ridare sicurezza e pace al cuore, alla mente e alla vita di chi – in questo momento – pensa che con le armi può risolvere i suoi problemi».

Infine ancora un’invocazione dell’arcivescovo Valentinetti: «Intercediamo sì – conclude il presule -, intercediamo chinati ancora una volta di fronte a questa grotta di Betlemme e invochiamo Spirito Santo e luce per i potenti di questo mondo. Invochiamo Spirito Santo e luce per chi tiene le sorti in mano della cosa pubblica, per chi tiene in mano le sorti del bene comune, perché realmente sulla loro responsabilità grava un’ora pesante e terribile. Non voglio essere profeta di sventura, ma è la ricerca di una preghiera intensa e di un’intercessione, quella che fa parlare stanotte il mio cuore di pastore. Ci assista l’intercessione di Maria e di San Giuseppe, che hanno adorato quel Bambino, e ci insegnino la vera adorazione. Amen».

About Davide De Amicis (4619 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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