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Gmg: “Dono prezioso se torna nel quotidiano in cui vivere il Vangelo”

"È stato bello camminare con voi e vogliamo continuare a farlo - testimonia don Domenico Di Pietropaolo, direttore della Pastorale giovanile diocesana -. Voi giovani siete il futuro della Chiesa, noi ci crediamo veramente. Noi adulti passeremo a voi il testimone e domani sarete voi a portare l'annuncio di speranza del Cristo risorto alle persone"

Lo ha affermato domenica l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa al termine della Gmg diocesana

Monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, pronuncia l'omelia

Sono stati più di 300 i giovani che domenica pomeriggio hanno gremito dapprima la parrocchia di San Pietro apostolo e poi il vicino Santuario della Divina Misericordia a Pescara, vivendo con partecipazione ed entusiasmo la 37ª Giornata mondiale diocesana della gioventù dal tema “Maria si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39) in preparazione alla 38ª Giornata mondiale della gioventù – dallo stesso tema – che avrà luogo a Lisbona (Portogallo) dall’1 al 6 agosto 2023.

I 300 giovani riuniti nella parrocchia di San Pietro apostolo

Dopo un momento di accoglienza e balli, ospitati nel salone parrocchiale di San Pietro, i giovani si sono recati nella chiesa soprastante per ascoltare alcune testimonianze di servizio, a partire dall’esperienza di una volontaria del Banco alimentare che, sabato 26 novembre prossimo, sarà impegnata nella Giornata nazionale della Colletta alimentare per raccogliere alimenti per i bisognosi all’interno di uno dei tanti supermercati abruzzesi aderenti, insieme a migliaia di altri volontari: «Papa Francesco – afferma la volontaria Sara, citando le parole del Papa -, nell’ultima Giornata mondiale dei poveri ha detto che “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche attraverso il coinvolgimento diretto che non può essere delegato a nessuno”. Ecco, la Colletta alimentare è proprio questo, con un gesto concreto si aiuta chi ha più bisogno. Quello che a me mi ha colpito è la gratuità con cui tutte le persone che partecipano alla Colletta alimentare, hanno nel mettersi al servizio degli ultimi e farlo vuol dire fare un incontro concreto con Cristo, perché Papa Francesco ci ricorda che Dio vive proprio negli ultimi. E la gratuità credo che sia la caratteristica principale dell’essere cristiani, perché noi per primi abbiamo ricevuto gratuitamente innanzitutto la vita. Per cui vi invito a partecipare alla Colletta alimentare per fare esperienza proprio di questo, di quanto sia bello e di quanto riempie il cuore spendersi nel servizio vero il prossimo».

Alessio, del gruppo Work in progress

Dopo ha presto la parola Alessio: «Faccio parte di un gruppo di ragazzi che si chiama “Work in progress“. È partito tutto, parlando di me, dalla parrocchia di Sant’Agostino di Città Sant’Angelo. Siamo veramente un gruppo un po’ variopinto e quello che ci lega è fare servizio. Di questo brano, mi è sempre rimasta impressa l’ultima parte del Vangelo che dice che “Maria prese e andò”. È quello che ci viene chiesto un po’ a tutti, di non rimanere fermi, ma ci viene chiesto di sporcarci le mani, di non tenerle in tasca, di metterle al servizio di qualcun altro. Una frase di Papa Francesco che porto dentro è “La vita non serve se non si serve”. E fare servizio tante volte è incontrare il povero e scoprirci, noi per primi, poveri. Una frase che diceva sempre Madre Teresa è cheSiamo tutti troppo poveri, perché tutti bisognosi di amore”. È sporcarsi le mani, mettersi al servizio di qualcun altro. Tante volte pensiamo di essere noi a fare qualcosa per gli altri e invece, ci accorgiamo che per primi veniamo curati in quello che stiamo facendo. Quindi il mio augurio è che possiate, in qualche modo, sperimentare il servizio. Tante volte pensiamo che dovremmo fare chissà cosa e invece il primo posto in cui, magari, potremmo fare servizio è in casa nostra o con degli amici in classe o, magari, semplicemente sorridendo a chi incontriamo per strada. Tante volte può essere più d’aiuto questo che chissà quali gesti platonici. E quindi il mio augurio è questo che possiate sperimentare anche voi la bellezza che il servizio riesce a dare e quanto può far bene, ad ognuno di noi, fare qualcosa per l’altro».

Chiara, del Laboratorio di evangelizzazione di strada “Io cerco te”

In seguito è stata Chiara, che insieme a Daniele cura il Laboratorio di evangelizzazione di strada “Io cerco te”, a raccontare la sua esperienza: «Non vi preoccupate – afferma, rivolgendosi ai ragazzi – anch’io appena sentii questa “parolaccia”, evangelizzazione di strada, mi spaventai perché non sapevo di cosa si trattasse e sembrava, chissà cosa. Alla fine noi non ci definiamo un’associazione, semplicemente siamo dei giovani che abbiamo incontrato Gesù vivo nella nostra vita e per questo non ce lo possiamo tenere per noi. Questo è un incontro che non possiamo tenerci per noi. Il brano che ci accompagna in questa giornata ad un certo punto dice “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta”. In quali giorni Maria si alzò? Maria si è alzata quando da lei è andato l’Angelo e le ha svoltato la vita. Le ha fatto la proposta più grande per una donna, quella di diventare madre. Ebbene, in quei giorni Maria è diventata madre del Figlio di Dio. L’incontro con Gesù nella vita è gioia, infatti l’Angelo le dice come prima cosa “Rallegrati, sii felice”. E questo lo è stato anche per la mia vita, anche per me. Quando ho incontrato Gesù è stata gioia pura. La mia vita, come quella di Maria, è cambiata. E, come vi dicevo prima, questa è una gioia che non puoi tenere per te, perché non ce la faccio a contenerla. Immaginiamo ancora di più quanto lo sia stato per Maria che ce l’aveva proprio dentro e perciò lei subito si alza in fretta e va da Elisabetta. Va veloce, non aspetta tempo, perché Gesù non se lo può tenere per sé. E vi faccio una domanda, secondo voi fra Elisabetta, che è al sesto mese di gravidanza, e Maria, che invece è agli inizi della gravidanza. Tra le due, chi è la più a rischio, Maria o Elisabetta? Maria è più a rischio, perché? Il bambino dentro di lei è ancora piccolo e ancora fragile. Però, ciononostante, Maria corre, si alza in fretta e va verso una regione montuosa per portare la salvezza, per portare Gesù. È questo, ogni volta, quello che facciamo noi quando scendiamo in strada perché noi, ogni volta che lo facciamo, rischiamo, rischiamo di perderci la faccia. Rischiamo di prenderci le parole. Rischiamo tanto, perché voi immaginate il sabato sera, che magari state con i vostri amici a divertirvi e arrivano due sconosciuti che vi dicono “C’è la chiesa aperta e c’è Gesù che vi vuole incontrare”. Le reazioni possono essere le più disparate. Però per noi questo ne vale la pena. Ma sapete perché ne vale la pena rischiare? Perché noi siamo il frutto del rischio più grande nella storia, perché il primo che ha rischiato con noi è stato proprio Dio che ha mandato il Figlio e lo ha lasciato morire per noi, per portarci la salvezza. E quindi se lo ha fatto Dio, perché non possiamo farlo noi? Per te oggi per cosa ne vale la pena rischiare? Vi lascio con questa domanda, rispondete liberamente, con sincerità, nel vostro cuore. Se vi va, se vi va di rischiare, vi aspettiamo sabato prossimo alle 16 in piazza Sacro Cuore ci sarà l’evangelizzazione di strada. Non vi preoccupate, perché nel caso vi forniamo ci sarà una formazione, quindi pregheremo insieme, poi vi sarà spiegato cosa fare. Ma se invece non te la senti, perché pensi che Gesù lo devi ancora incontrare, sabato sera alle 21 pregheremo insieme nel Santuario della Divina misericordia».

Alessio, volontario della Comunità di Sant’Egidio

E poi c’è stata la testimonianza di Alessio, un giovane impegnato nella Comunità di Sant’Egidio: «Oltre che oltre che facente parte della Comunità – racconta il giovane ventunenne -, inoltre sono scout e questo ovviamente ha influito molto sul mio percorso. Noi facciamo servizio e lo facciamo in maniera molto semplice. Andiamo a trovare i nostri “amici”. Solo che non andiamo a trovare il classico amico, noi andiamo a trovare qualcuno che vive per strada. Qualcuno che, nella sua vita, ha fatto questa scelta o che ha avuto la sfortuna di trovarsi per strada e di non avere un tetto sopra la testa, venendo a mancare anche l’affettività di una persona che gli sta vicino, nonché il cibo nel piatto. E qui entriamo in gioco noi, che ci vediamo ogni venerdì sera per andare a trovare i nostri amici. Nella zona di Porta Nuova c’è Mario, un signore italiano di 71 anni o 72 anni che vive in una baracca formata da lamiere. E questo signore, oltre che particolarmente simpatico, ama un sacco informarsi su quello che gli succede ogni giorno, infatti ascolta sempre la radio. Un po’ anche per avere quella sensazione di parlare con qualcuno. Noi siamo andati venerdì sera l’ultima volta ed è stato è stato bello come la prima. Lui ci ha ringraziato per essere lì e questo suo ringraziamento mi ha fatto letteralmente scoppiare di gioia. È stata un’emozione unica e lo sarebbe stato anche se non mi avesse ringraziato, perché alle volte questo servizio non ripaga subito. Andiamo a trovare anche Linus e il fratello, due persone che vivono alla sotto la stazione di Porta Nuova, che non parlano né l’italiano né l’inglese e anche loro sono alcolisti. È difficilissimo comunicare con loro, alle volte quasi impossibile. Spesso non riescono a distinguere la persona che hanno davanti, non riescono a capire neanche l’argomento del quale si parla, eppure continuiamo ad andare da loro, a dargli quel panino, a portargli delle scarpe, un giubbino. Per cui voglio esortarvi a non abbattervi mai davanti alle difficoltà che incontrate durante il servizio. E voglio ricordarvi l’esempio di Maria che, davanti all’Angelo che le chiese di essere la madre di Dio, ha risposto “Eccomi”».

Lorenza, volontaria della Comunità di Sant’Egidio nella “Scuola della pace”

Della Comunità di Sant’Egidio fa parte anche Lorenza che insegna nella “Scuola della pace”, un progetto del movimento che supporta i ragazzi che vivono nella periferia difficile di Rancitelli: «Il nostro servizio – spiega – è un’attività di doposcuola, ma anche di aiuto, accoglienza ed educazione per tutti i bambini che vivono in una zona difficile di Pescara, avendo dei disagi culturali, sociali ed economici. Non è facile raccontare tutto questo nemmeno con la mia famiglia o con le persone a me più care. “Pensi di cambiare la vita di quei bambini? Lo sai che dopo due ore di doposcuola si dimenticano tutto? Pensi di poter insegnare a un bambino che non si ruba? Loro useranno sempre la violenza per ottenere una cosa. Lo sai che a 16 anni finiranno la scuola e non faranno nulla nella vita? Come glielo spieghi ad un bambino che la sua famiglia, in carcere, ha sbagliato?”. Ecco, capite che non è facile. Però posso dirvi che anch’io, dieci anni fa, se non avessi incontrato Antonella la mia vita non sarebbe cambiata, non avrei scoperto di voler fare l’insegnante e, magari, non avrei saputo come affrontare dei drammi successi nella mia vita. Quindi oggi sono qui per raccontarvi il sorriso dei bambini quando ci vedono. Posso raccontarvi di quando una volta un bambino mi disse che voleva fare il pugile e poco dopo, invece, mi confessò che voleva essere poliziotto. Posso raccontarvi della prima volta che i bambini hanno scoperto la tombola, di quando hanno scoperto che a Natale non nasce Babbo Natale, ma Gesù. Posso raccontarvi tante cose, però bisogna entrare nella vita dell’altro e tante esperienze vanno vissute. Quindi vi volevo dire che abbiamo bisogno di persone che ci credono come noi, con noi».

Paolo, secondo di sette figli in una famiglia del Cammino neocatecumenale

Infine è stata la volta di Paolo, ventunenne, secondo di sette figli nati all’interno di una famiglia appartenente al Cammino neocatecumenale: «Il Signore – racconta il giovane – ha voluto fare con me un’altra storia che non è quella dei miei genitori, perché la fede che mi avevano provato a trasmettere non bastava, non aveva delle radici solide, io dovevo ancora fare un’esperienza di Dio nella mia vita. Se devo parlare del Cammino e di Dio, devo parlare per forza della mia vita. Io sono il secondo di sette figli e non è facile perché il demonio mi ha sempre catechizzato per cercare questo amore che non sentivo da Dio, non sentivo dai miei genitori. Quindi ho pensato nella mia vita di dover superare per il primogenito. Pietro era perfetto, andava bene a scuola, era più forte di me a calcio e il demonio mi faceva vedere che i miei volevano più bene a lui che a me. Allora, dopo di me, un anno dopo, sono nati due gemelli, Giacomo e Andrea, e qui il demonio subito m’ha detto “Ecco qua, i tuoi genitori ti stanno subito non calcolando più. Ora devono pensare ad altre due e tu sei già passato già passato avanti”. Quindi io avevo davanti un fratello perfetto, dietro due gemelli e quindi mi sentivo un po’ solo, non amato. Dopo è nato il mio quinto fratello, che si chiama Stefano e ha la Sindrome di Down. Lui è stata la mia salvezza, la salvezza della mia famiglia. Però non ho pensato sempre questo. Stefano era dire alla società palesemente che la mia famiglia fa schifo, che Dio non mi amava, io ero il secondo, non potevo essere primo, né potevano “calcolarmi” i miei genitori perché erano nati altri due figli dopo. E poi arriva Stefano che palesemente nella società è un errore e l’ho pensato, perché non potevo nasconderlo. E questa è stata tutta una catechesi del demonio per dire che Dio non mi che non mi ama, che se Dio esiste, perché doveva farmi questo? Perché mi doveva far nascere una famiglia numerosa, che i tuoi non hanno né tempo per te e molte volte non ti possono venire a vedere le partite, non ti possono comprare quello che vuoi. Poi nasce uno con la sindrome di Down, Dio non esiste, se esiste fa schifo. E cosa c’entra tutto questo col Cammino e con e con Dio? Dio è una buona notizia. Come in questo Vangelo che abbiamo letto, entra nella vita di Maria e gli dice “Sarai madre di Gesù”. Pure nella mia vita è entrato ed è stata una buona notizia. È l’unico che è riuscito a sconfiggere la morte. Perché io questo affetto per riempire questo buco ho iniziato a cercarlo nelle ragazze usandole. Ho avuto una relazione di un di un anno con un ragazza che non è andata a finire bene. Era una relazione malata, piena di tradimenti con amici, familiari ecc… E ho iniziato a drogarmi, a fare uso d’alcol serio tutti i giorni e col Covid sono andato in depressione e pensavo che non aveva senso la vita. Ho pensato anche, molte volte, di ammazzarmi, perché tanto se nessuna mi ama e questa vita non ha senso, il paradiso non esiste, Dio non esiste, finirla oggi o domani è uguale. Ma il Signore parla nella morte, perché Maria non aveva un compagno, era giovane, gli ha donato la vita. Elisabetta era sterile, era vecchia, non poteva averlo un figlio, era impossibile. E quello in cui credo io è veramente un Dio dell’impossibile, che quello che poteva fare con me, lo poteva fare solo con me. Quello che deve fare con Stefano lo farà solo con Stefano, Andrea, Giacomo, Pietro, mamma e papà. Però è l’unico che è riuscito a sconfiggere la morte della mia vita, la mia sofferenza. E quindi devo ringraziare Cristo, semplicemente questo».

Don Roberto Goussot, referente della Pastorale vocazionale diocesana

D’altra parte, anche la scelta dell’intraprendere un servizio dipende dalla propria vocazione, tutta da scoprire: «Se siamo qui questa sera è sicuramente perché qualcuno ci ha invitato – osserva don Roberto Goussot, referente della Pastorale vocazionale diocesana -. Ci siamo lasciati condurre da questo invito, allora fare pastorale giovanile significa provare a dare anche un po il senso a quello che facciamo. E se c’è qualcuno di voi che si sta interrogando sul senso della propria vita, della propria esistenza e vuole cercare di dare risposta al desiderio di felicità che si porta dentro, perché guardate questo desiderio di felicità ce l’abbiamo tutti quanti, ma in alcuni momenti della nostra vita può essere più forte e allora forse gli dobbiamo dare voce… Penso che l’età giovane, quella vostra, è l’età più bella per scoprire qual è il nostro posto nel mondo. E penso una cosa che ognuno di voi abbia una chiamata particolare a stare ed abitare in un posto nel mondo. E allora, forse, a volte facciamo fatica a capire qual è il nostro posto, perché possono subentrare tante cose. Ma la Chiesa ci aiuta, no? Con la sua luce ha illuminarci, non abbiate paura di far venir fuori le domande esistenziali che vi portate dentro. Parlatene con i vostri educatori, con qualche amico che un amico saggio che vi può capire e poi, perché no, contattate anche i vostri parroci e se volete anche contattare me, il mio numero i vostri parroci ce l’hanno, ma comunque ve lo facciamo avere anche attraverso gli educatori. Io sono disponibile per un colloquio, una chiacchierata, senza nulla di definitivo, ma semplicemente provare a capire il desiderio di felicità che abbiamo. La Pastorale vocazionale non è nient’altro che questo, non è decidere se sposarvi, diventare sacerdote, eccetera. Ma iniziare a capire come posso dare voce al desiderio di felicità che ci portiamo e che sicuramente ognuno di voi c’è perché se siete qui, siete giovani, avete la gioia del cuore e c’è questo desiderio. Io vi auguro di poterlo cercare, trovare e soddisfare».

Il corteo dei giovani, con la croce diocesana della Gmg, attraversa Corso Umberto

Dopo le testimonianze, i giovani hanno approfondito ulteriormente queste esperienze di volontariato visitando alcuni stand, per poi riunirsi nella vicina piazza Salotto. Da qui, intorno alle 19, guidati dal direttore della Pastorale giovanile diocesana don Domenico Di Pietropaolo e con in testa la croce diocesana delle Gmg, hanno attraversato in corteo Corso Umberto per poi accedere nel Santuario della Divina Misericordia, dove l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha presieduto la santa messa: «L’umanita, sempre – afferma il presule, riflettendo sulle letture della solennità di Nostro Signore Cristo re dell’universo -, le nazioni, i popoli, gli uomini in generale. Molto spesso hanno una grande aspirazione, avere un capo. La pagina del secondo Libro di Samuele che avete ascoltato, non è nient’altro che il desiderio del popolo d’Israele di avere un re. Finalmente lo trovano, Davide. Dopo Davide Salomone, il figlio. Però, ragazzi miei, se studiate la storia del popolo d’Israele, dopo Salomone tutti i re che son venuti dopo, eccettuato qualcuno, un disastro. Se andate a leggere il Libro delle cronache, fa la cronaca di tutti i re. E alla fine dice “E fece ciò che è male agli occhi del Signore”, vi potete immaginare… Da qui, per il popolo d’Israele, nasce un desiderio “Vogliamo un re, ma vogliamo un re buono, vogliamo un re giusto, vogliamo un re che sia veramente un capo, che sia un condottiero”, specialmente quando incappano prima nella dominazione greca e poi nella dominazione romana. Il desiderio, dunque, di avere un re e di identificare questo personaggio nel re che loro chiamavano Mashiach (Messia), che in greco è Cristòs, cioè unto perché il re veniva unto. In questo desiderio accolgono Gesù a Gerusalemme che entra trionfalmente su un’asina. Attenzione, sembrerebbe un gesto di umiltà, ma in realtà non lo è perché i re d’Israele, perlomeno quelli buoni, sono andati tutti alla reggia su un’asina. Era così. Ma, dopo pochi giorni, succede quello che voi avete ascoltato nella pagina del Vangelo. Più volte, in questa pagina, è risuonata la parola “Lui è il re dei giudei. Se tu sei re, salva te stesso”. E poi anche il malfattore gli dice “Non sei tu il Cristo? Il Cristos, l’Unto, il Mashiach? Dunque, salva te stesso e anche noi”. Cioè, praticamente si pretendeva da Gesù che usasse il suo potere divino per poter risolvere una situazione umana difficile, ma anche una situazione che lo vedeva soccombente. Questa da Gesù è giudicata come una tentazione, la tentazione del potere. Gesù nella sua vita, non vi scandalizzate se vi dico questo, ha subìto svariate tentazioni. Il racconto delle tentazioni è una sintesi, ma tre sono state le tentazioni madri. La tentazione del piacere, “Ho fame, dammi da mangiare, il mio corpo ha fame”. La tentazione del possedere. “Ti darò tutti i beni da terra”. Terzo, la tentazione del potere. “Gettati giù, tanto sei il figlio di Dio, sei il Messia, ci saranno angeli che ti raccoglieranno”. San Luca, nel suo Vangelo dice che il demonio portò a compimento tutte le tentazioni e tornò, per tornare a tempo fissato. Sapete qual è il tempo fissato? Questo qui, il momento della croce».

Un momento di animazione in piazza Sacro Cuore

A questo punto, l’arcivescovo Valentinetti ha fatto un paragone con la realtà attuale: «Ma la vita – denota -, la nostra vita, la vita degli uomini e delle donne del nostro tempo, la vita della pandemia, la vita della guerra, la vita non solo dell’Ucraina, ma di tutte le realtà che sono sparse nel mondo. Papa Francesco dice che è la terza guerra mondiale a pezzettini. Non è un mistero della Croce, forse, non è il mistero di una umanità, la stessa umanità di Gesù Cristo che continua a soffrire nella storia? Ma si può risolvere la croce, la fatica, le difficoltà attraverso il potere? Ah, non sono bravi i potenti di questo mondo. La pandemia non ce l’hanno tolta, perlomeno dura ancora. La guerra nemmeno ce l’hanno tolta, anzi. Gesù, allora, il re mite, buono, saggio, sapiente che non usa il potere divino per sfuggire a questa drammaticità della vita. Ma in quel momento raccoglie tutte le drammaticità di tutta l’umanità, prima di Lui e dopo di Lui, le inchioda a quella croce tanto da farlo diventare uno spettacolo. Avete ascoltato la pagina del Vangelo? In quel tempo il popolo stava a vedere. E attenzione la parola greca, scusate se uso un po’ i termini originali, ma per capire meglio. La parola greca era “teoria”. Teoria, tradotto in italiano, significa spettacolo. Gesù Cristo fa “spettacolo” di tutto il male che c’è sopra la faccia della terra, lo inchioda la croce e lo porta con sé dentro la tomba. E porta con sé dentro la tomba il male di quei due ladroni, di quei due malfattori, di cui uno si converte apertamente. “Ricordati di me”. Non gli dice neanche “salvami”, gli dice solo “ricordati”. Quante volte abbiamo chiesto al Signore qualche cosa molto insistentemente e forse, avremmo dovuto dire semplicemente “ricordati”? “Ricordati di noi Gesù”. A lui dice, “Non ti preoccupare, perché oggi sarai con me nel paradiso“».

Da qui i poteri di Gesù: «Ha due poteri – sottolinea l’arcivescovo Valentinetti -. Il potere delle chiavi dell’eternità, perché si spalanca l’eternità, diventa la nostra stessa vita. Già oggi per noi, già in questo momento qui c’è un pezzettino di eternità che si spalanca sulla nostra vita. Poi l’altro potere, sapete qual è? La misericordia, “Oggi sarai con me in paradiso”. Io lo dico sottovoce, perché nel Vangelo non c’è scritto, ma sono sicuro che ha fatto misericordia pure all’altro, perché forse aveva subìto dei traumi così brutti nella sua storia! Era così arrabbiato con se stesso e il mondo. Chissà quante cose brutte aveva fatto proprio per questa rabbia che portava dentro! Pensate alle tante situazioni di tanti giovani oggi che sono disadattati nella realtà della famiglia, nella realtà della società e che si arrabbiano e che fanno violenza! Penso a quel poveretto che ha ucciso tre prostitute (a Roma). Ha detto, “Mi ricordo solo il sangue”. Provate a pensare che dramma nel cuore, nella mente devastata di quella persona. Chi può guarire queste ferite? Solo la misericordia!».

Quindi monsignor Tommaso Valentinetti ha lasciato un compito ai giovani presenti: «Se avete voglia, naturalmente, di andare a rileggere la seconda lettura che ci dice chi è il re e che cosa ha fatto per noi. Vi leggo una frase… “Ci ha trasferiti (il Padre) nel Regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati”. Voi siete tutti brave persone, tutti bravi ragazzi, tutti quanti, ma nella vita ci può stare che ci perdiamo per strada. Ci può stare che, qualche volta, prendiamo una sbandata. Ecco, non è quello il momento di preoccuparsi troppo, non è quello il momento di disperare, perché siamo stati trasferiti nel Regno del Figlio del suo amore per mezzo del quale abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati».

E ancora l’invito finale: «Buona Gmg a tutti. Spero che molti possano andare a Lisbona, ma buon cammino nella vita soprattutto, perché questa giornata di oggi e la settimana della Gmg sono doni preziosi se ritornano alla vita di tutti i giorni, se ritornano al quotidiano, perché nel quotidiano dobbiamo vivere il Vangelo e nel quotidiano Gesù è il nostro re, ci accompagna e ci rende credibili. Amen».

Don Domenico Di Pietropaolo, direttore della Pastorale giovanile, con la croce diocesana della Gmg

Al termine della giornata, don Domenico Di Pietropaolo ha rivolto il messaggio finale: «Come ha detto il nostro arcivescovo in un’intervista – ricorda il direttore della Pastorale giovanile diocesana -, la Chiesa e tutti noi dobbiamo metterci in ascolto dei giovani. E noi, come Chiesa diocesana, cerchiamo di fare il passo di metterci in ascolto di ognuno di voi. Ringrazio tutta la Consulta di Pastorale giovanile, perché è stato belle condividere questa giornata con tutti i referenti delle associazioni e dei movimenti. È questo lo spirito del Sinodo, camminare insieme, fare comunione. Grazie a tutti i referenti dei movimenti. È stato bello camminare con voi e vogliamo continuare a farlo. Voi giovani siete il futuro della Chiesa, noi ci crediamo veramente. Noi adulti passeremo a voi il testimone e domani sarete voi a portare l’annuncio di speranza del Cristo risorto alle persone. La croce della Gmg, a noi molto cara, è depositata nel Santuario di San Nunzio Sulprizio e ha fatto tutti i pellegrinaggi storici della nostra diocesi, dato che in passato facevamo sempre un pellegrinaggio in memoria di San Nunzio Sulprizio. Noi, se riusciamo, vorremmo riproporlo, a maggio, da Torre de’ Passeri a Pescosansonesco. In questo periodo lasceremo la croce della Gmg qui nel Santuario della Divina misericordia, perché questa è la chiesa dei giovani, il vescovo ha voluto così e noi siamo felici di avere anche la croce della diocesi in questa chiesa. Vi ricordo che ogni domenica celebriamo alle ore 20 con il coro che anima la santa messa. Camminiamo insieme verso Lisbona».

Il servizio di Radio Speranza
La locandina del cammino delle Dieci parole

A tal proposito, sono già partire le iscrizioni per partecipare alla Gmg. I giovani pescaresi, dai 16 anni in su (i minori di 16 anni dovranno essere accompagnati da un adulto), partiranno il 28 luglio in pullman insieme ai loro coetanei delle altre diocesi d’Abruzzo e Molise, per fare tappa dapprima a Lourdes e poi recarsi a Lisbona. Dalla capitale portoghese ripartiranno il 6 agosto, al termine della messa finale di Papa Francesco, ancora una volta facendo una sosta a Lourdes. Inoltre dal 24 novembre, ogni giovedì alle 21 nel Santuario della Divina Misericordia di Pescara, la Pastorale giovanile diocesana darà vita al cammino delle Dieci Parole, basato sull’approfondimento concreto dei dieci comandamenti, rivolto ai giovani dai 18 ai 35 anni. Per informazioni: pastoralegiovanilepescara@gmail.com.

About Davide De Amicis (4550 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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