Vangelo: “Urge che sia annunciato, vissuto e innervato nella società”
"Certamente il cammino non è semplice – ammette l'arcivescovo Valentinetti -, né vogliamo peccare di pelagianesimo, volendo pensare di fare tutto noi. Siamo ben lieti e ben coscienti che è il Signore che ci precede, che è Lui davanti a noi e con lui la schiera dei martiri e dei santi. Particolarmente la presenza di San Cetteo, che si è fatto uomo di pace dentro questa storia, di questo territorio come vescovo e si è fatto martire per amore, così come abbiamo avuto modo di meditare e contemplare ieri sera nell'oratorio sacro. Ci assista la sua intercessione e lo sguardo sempre vigile e materno della Vergine Maria"
È stata una santa messa molto partecipata, quella presieduta ieri sera dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti in occasione della festa liturgica di San Cetteo vescovo e martire, patrono di Pescara e della sua arcidiocesi, in una Cattedrale di Pescara gremita.
Una santa messa, animata dai Cori riuniti dell’Arcdiocesi di Pescara-Penne diretti da Roberta Fioravanti, impreziosita dalla benedizione apostolica di Papa Francesco sulla comunità pescarese, impartita attraverso il presule che nell’omelia ha riflettuto, innanzitutto, su di un passaggio fondamentale per arrivare a contemplare Dio fino in fondo, attraverso l’esempio di San Cetteo: «La considerazione della vita di un martire che è stato anche pastore – afferma il presule – ci invita immediatamente, attraverso la pagina del Vangelo, a puntare i nostri occhi sul mistero dell’innalzamento del Figlio dell’uomo “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che io sono. Io sono colui che sono”. Sono le parole della rivelazione di Javhè a Mosè al roveto ardente. Gesù riprende in quella parola e dice, “Io sono, ma potrete contemplare questa mia presenza e questa mia divinità solo se saprete guardare attraverso il mistero della Croce, quando io sarò innalzato”. E tutti coloro che hanno identificato la loro vita, il nostro San Cetteo, al mistero della Croce si sono associati a questa verità fondamentale. Una verità che fa liberi, che dà la possibilità di essere totalmente scevri da ogni compromesso e col peccato e con il potere e con l’ingiustizia e con la cattiveria ed essere capaci veramente di essere totalmente figli, figli nel Figlio, figli dell’unico Padre. E contemplando questo mistero di croce e di risurrezione, la prima lettura ci ha chiamati all’idea di Cristo pastore».
E da questo presupposto è giunto un primo richiamo ai credenti: «San Cetteo – ricorda l’arcivescovo Valentinetti – è stato vescovo di questa comunità locale e oggi più che mai, la comunità deve interrogarsi su che cosa significa, su che cosa è doveroso camminare come pecore dietro il buon pastore. E la comunità deve cercare le strade per ritrovare le pecore perdute e per far sì che nessuna pecora si allontani dall’ovile. La profezia di Ezechiele, che poi anticipa la bellissima recita del salmo responsoriale “Io sono il Buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” – la pagina del Vangelo nel capitolo 10 di San Giovanni – ma la meditazione, specialmente importante in questo tempo di percorso sinodale, per me vescovo, per voi cari confratelli sacerdoti, per tutti gli operatori della pastorale della catechesi, della liturgia, della carità e dell’evangelizzazione, la capacità di andare in cerca, di riunire e consolidare il gregge che c’è stato affidato. Il Santo Padre Papa Francesco ha indetto il percorso sinodale sì per ascoltare, perché si potesse capire che cosa dentro il popolo di Dio e fuori del popolo di Dio si potesse pensare nel cammino di fede, ma ci ha dato questo percorso sinodale per essere capaci di rigenerarci come Chiesa. Di rigenerarci e di riprendere un cammino sicuramente non facile dopo gli eventi pandemici, ma sicuramente fondamentale e importante, perché il Vangelo urge che sia annunciato, urge che sia vissuto, urge che sia innervato dentro la storia di questa società e dentro la storia della nostra Chiesa».
Un cammino non semplice: «E allora – suggerisce l’arcivescovo di Pescara-Penne -, ci sovvenga la parola di San Paolo apostolo agli efesini… “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, prendete l’armatura di Dio. State dunque ben fermi, cinti i fianchi, con la verità. Rivestiti della corazza della giustizia, avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo, lo zelo, l’attenzione di passione dentro la storia delle nostre comunità per ripropagare il Vangelo. Tenete sempre in mano lo scudo della fede e, soprattutto, portate l’elmo della salvezza e la spada a doppio taglio che è lo Spirito Santo”. Cioè la parola di Dio che deve essere ricustodita nel cuore di ogni persona, di ogni famiglia, delle comunità e di questa santa madre Chiesa».
Quindi la conclusione di monsignor Tommaso Valentinetti: «Certamente il cammino non è semplice – ammette -, né vogliamo peccare di pelagianesimo, volendo pensare di fare tutto noi. Siamo ben lieti e ben coscienti che è il Signore che ci precede, che è Lui davanti a noi e con lui la schiera dei martiri e dei santi. Particolarmente la presenza di San Cetteo, che si è fatto uomo di pace dentro questa storia, di questo territorio come vescovo, e si è fatto martire per amore, così come abbiamo avuto modo di meditare e contemplare ieri sera nell’oratorio sacro. Ci assista la sua intercessione e lo sguardo sempre vigile e materno della Vergine Maria. Amen».
I CIATTE’ D’ORO A DON MARCO PAGNIELLO, LAURINO CIRCEO (ALLA MEMORIA) E A PATRIZIA CIABURRO
Quella di ieri è stata una giornata di festa per la Chiesa di Pescara-Penne che, nella festa liturgica del patrono di Pescara e della sua arcidiocesi San Cetteo vescovo e martire, è stata protagonista anche nel rito laico della consegna delle onoreficenze civiche dei Ciattè e dei Delfini d’oro che 14 pescaresi illustri e valorosi hanno ricevuto, su indicazione della Commissione dei saggi presieduta dal sindaco Carlo Masci, per aver dato lustro alla propria città facendone sede della propria vita o comunque vivendo al di fuori dei suoi confini.
È stato così che tra questi, nella sala consiliare del Comune di Pescara, ha ricevuto il Ciattè d’oro innanzitutto il direttore di Caritas italiana – già direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne – don Marco Pagniello con questa motivazione: “Per la esemplare testimonianza e il qualificato impegno verso i poveri e gli ultimi nella Caritas diocesana e nazionale, in pieno spirito evangelico di fraterna solidarietà, perseguendo l’inclusione sociale attraverso il rapporto sinergico tra il variegato mondo del volontariato e le istituzioni”. Il premio è stato conferito ad un emozionato don Marco dal sindaco Carlo Masci, unitamente al presidente del Consiglio Comunale Marcello Antonelli e al consigliere comunale Francesco Pagnanelli: «Ringrazio per la motivazione per il quale oggi ricevo questo riconoscimento – commenta il presbitero -, che naturalmente condivido con la Caritas diocesana di Pescara, con la Chiesa di Pescara. Perché quanto realizzato nei miei anni di servizio qui e è stato possibile perché tanti hanno creduto in un progetto, in un sogno e lo abbiamo realizzato insieme. Mi permetto semplicemente di ricordare la grande sfida di quegli anni, innanzitutto con la costruzione della Cittadella dell’accoglienza Giovanni Paolo II. Pescara aveva bisogno di un luogo per accogliere i senza dimora e tanti poveri e, anche grazie all’aiuto dell’amministrazione comunale e della Fondazione Pescarabruzzo, l’abbiamo realizzato. Un luogo che dice la carità, l’impegno di tutta la città, non soltanto della Caritas diocesana. E poi, e qui sono provocatorio come sempre, questo luogo mi ha visto ogni tanto battagliare con le varie amministrazioni che si sono succedute. In quegli anni abbiamo sperimentato come la co-progettazione tra l’ente pubblico e l’ente privato e noi come Caritas ha dato tanto frutto. Spero che questo modo di lavorare continui nella mia città, ma soprattutto sempre di più sia un modo di fare per tutto il nostro Paese. Grazie».
Un altro Ciattè d’oro, alla memoria, è stato poi conferito ad un grande personaggio vicino alla Chiesa pescarese come Laurino Circeo, indimenticato docente, direttore didattico, diacono e fondatore della sottosezione pescarese dell’Unitalsi, premiato con la motivazione “Insegnante e direttore didattico con straordinaria passione umana e cristiana ha dedicato tutto il suo qualificato impegno di vita alla scuola alla Chiesa quale diacono e in favore di ammalati e disabili per spirito dell’autentica “città solidale”. A ritirare il premio è stato il figlio Cesare, unitamente alle sue tre sorelle: «Vorremmo mostrare, molto semplicemente, l’immagine di nostro padre, che molti di voi forse hanno conosciuto. È venuto a mancare sette anni fa e dei suoi 90 anni, ne ha passati 61 a Pescara, dall’anno in cui era nata mia sorella Rita, due anni dopo di me. Pescara era una città che a lui ha dato tanto e verso la quale ha cercato disobbligarsi, perché ha soddisfatto tutte le sue aspirazioni. Fu perfino giornalista, un periodo, nei primi anni ’60. Ma fondamentalmente fu maestro elementare, dal ‘63 direttore didattico. Il servizio era alla base della sua vita e quindi questa diaconia, secondo la parola greca, poi fu istituzionalizzata perché nel ‘77, anno del celebre Congresso eucaristico qui a Pescara, fu ordinato diacono nella chiesa di San Cetteo e oggi, appunto, qui ricordiamo San Cetteo. Il servizio nella scuola, gli alunni per lui dovevano essere aiutati a crescere in cultura, ma anche nella capacità di essere solidali: Pescara città solidale. E istituì un premio intitolato a nostra madre Angela, che era venuta a mancare nell’89 per i ragazzi e i bambini che si facevano carico, in classe, dei ragazzi, dei compagni più svantaggiati. Poi da diacono, soprattutto, come si è detto nella motivazione, lavorò molto oltre che nella scuola, da direttore didattico e anche nell’Unitalsi a favore dei malati e dei disabili. Il suo testimone, dopo 25 anni che era stato presidente dell’associazione di Pescara – ha partecipato ancora fino agli ultimi anni. È morto a novant’anni, ma fino all’anno prima era andato a Lourdes –, un anno fa è passato a mia sorella Rita, che si occupa adesso della sottosezione di Pescara. Grazie a tutti vi saluto Evviva Pescara».
Al di là della Chiesa di Pescara-Penne, anche il mondo del volontariato ha visto riconosciuto il suo impegno attraverso il Ciattè d’oro consegnato alla presidente del Centro di aiuto alla vita e fondatrice del Movimento per la vita a Pescara Patrizia Ciaburro, premiata con la motivazione “Con la forza del sorriso e del sentimento di solidarietà, ha portato un aiuto e un conforto nelle case di coloro che più avevano bisogno di un sostegno e di una relazione sociale, con particolare attenzione a famiglie e anziani”: «Grazie a tantissimi che vedo qui presenti – ringrazia commossa – e a tutte quelle persone che hanno lavorato e si sono impegnate perché questa manifestazione stupenda, ancora una volta, abbia dato un tocco in più al Comune, all’amministrazione di Pescara. Non so se tutti lo sanno, ma dal 1981 ad oggi abbiamo aperto a Pescara una un’associazione, il Movimento per la vita e il Centro di aiuto alla vita, che si è occupata – in questi 41 anni – di assistere, promuovere e difendere la vita umana, come diciamo noi, dal concepimento alla morte naturale. Ecco perché quest’anno, per esempio, ci siamo dedicati in estate al sostegno di 10 anziani soli per tutto il periodo estivo. Questo è stato un progetto nuovo per noi. Spero che il sindaco e l’amministrazione lo possano replicare, perché gli anziani che abbiamo sostenuto a domicilio sono stati molto, molto contenti. Da sola non avrei potuto fare nulla se non avere la scintilla iniziale nel 1981. Ma devo ringraziare tutti gli operatori, i volontari, le mamme, i bambini che sono nati. Proprio in questi giorni ce n’è uno nella culletta termica, nel reparto di Neonatologia a Pescara, che è nato bellissimo, ma con una piccola difficoltà respiratoria. E chi vuole, faccia un pensiero per questo bimbo, grazie».
DON WINDEL PASTORIZA E’ CITTADINO ITALIANO
Un’altra nota lieta è stata la concessione della cittadinanza italiana a cinque neodiciotteni e ad un sacerdote, il parroco della Beata Vergine Maria del Rosario di Pescara – di origini filippine – don Windel Pastoriza: «Giuro di essere fedele alla Repubblica – afferma don Windel, ripetendo il giuramento – e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato». Emozionato il presbitero, neocittadino italiano, ha impartito la benedizione ai presenti – per intercessione di San Cetteo – sotto gli occhi attenti e felici del vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, monsignor Francesco Santuccione.