“Il nostro mondo ha urgente bisogno di ritrovare l’armonia”
"Ovunque occorre - sottolinea il Papa - che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo. Una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli"

Da ieri Papa Francesco è arrivato in Kazakhstan per compiere il suo 38° viaggio apostolico e partecipare al 7° Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali in programma oggi e domani. Intanto ieri, al suo arrivo, ha rivolto un primo discorso alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico riuniti presso l’Auditorium della Qazaq Concert Hall di Nur-Sultan: «Il nostro mondo – esordisce il Papa – ha urgente bisogno di ritrovare armonia». A tal proposito il Pontefice ha fatto riferimento alla dombra, uno strumento musicale a corde tipico in questo terra, «tanto estesa quanto antica – osserva -, nella quale vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia. Preparandomi a questo viaggio, sono venuto a sapere che alcune versioni della dombra erano già suonate in epoca medioevale e che essa, lungo i secoli, ha accompagnato i racconti musicati di saghe e opere poetiche, collegando il passato al presente. Simbolo di continuità nella diversità, ritma dunque la memoria del Paese, e richiama così all’importanza, di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in corso, di non trascurare i legami con la vita di chi ci ha preceduto, anche attraverso quelle tradizioni che permettono di fare tesoro del passato e di valorizzare quanto si è ereditato. Penso, ad esempio, alla bella usanza qui diffusa di cuocere, il venerdì mattina, sette pani in onore degli antenati».
Da qui un primo appello del Santo Padre: «In questa terra – afferma -, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso. La memoria del Kazakhstan, che Papa Giovanni Paolo II, qui pellegrino, definì “terra di martiri e di credenti, terra di deportati e di eroi, terra di pensatori e di artisti”, reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza. Come non ricordare, in particolare, i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni? Ma i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione».
Quindi Papa Bergoglio ha ricordato le due anime del paese kazako: «Quella asiatica e quella europea – sottolinea -, che ne fanno una permanente missione di collegamento tra due continenti, un ponte fra l’Europa e l’Asia, un anello di congiunzione tra Oriente e Occidente. La fonte del successo è l’unità: i circa centocinquanta gruppi etnici e le più di ottanta lingue presenti nel Paese, con storie, tradizioni culturali e religiose variegate, compongono una sinfonia straordinaria e fanno del Kazakhstan un laboratorio multi-etnico, multi-culturale e multi-religioso unico, rivelandone la peculiare vocazione, quella di essere Paese dell’incontro. Sono qui per sottolineare l’importanza e l’urgenza di tale aspetto, al quale sono chiamate a contribuire in modo particolare le religioni; perciò avrò l’onore di prendere parte al settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali». Questo il riconoscimento di Papa Francesco che indica la rotta da seguire: «Una laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode – afferma -, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose».

A tal proposito, il Papa ha citato la Costituzione del Kazakhstan, Paese laico che «prevede la libertà di religione e di credo. Le religioni, infatti, mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile. È un bisogno inscritto nel nome di questo popolo, nella parola “kazako” che evoca proprio il camminare libero e indipendente. La tutela della libertà, aspirazione scritta nel cuore di ogni uomo, unica condizione perché l’incontro tra le persone e i gruppi sia reale e non artificiale, si traduce nella società civile principalmente attraverso il riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri». Da qui l’ulteriore apprezzamento espresso dal Pontefice: «Per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte – ricorda -, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme».
In seguito, Bergoglio ha rilanciato la necessità di perseguire un cammino democratico, citando quello in corso nel Paese asiatico: «Il sostegno alla democrazia – rilancia -, costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi. Si tratta di un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro. La fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate. Ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo. Una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche – ogni Paese al mondo ne ha bisogno – di misure di contrasto alla corruzione. Lo stile politico realmente democratico è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi e populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli».
E ancora, Francesco ha parlato della necessità di avere una certa sicurezza economica: «Che qui – ricorda – all’inizio dell’anno è stata invocata in regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà. È una sfida che riguarda non solo il Kazakhstan, ma il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale. Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore. Il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace».
A precedere Papa Francesco in Kazakhstan, nel 2001 è stato San Giovanni Paolo II: «Qui – sottolinea Bergoglio – venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali. A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio. È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti».
In chiusura, il Pontefice ha espresso il suo “vivo apprezzamento” per la scelta di rinunciare alle armi nucleari: «Che questo Paese – constata – ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto. Insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani. La Santa Sede vi è vicina in questo percorso: subito dopo l’indipendenza del Paese, trent’anni fa, sono state allacciate relazioni diplomatiche e sono lieto di visitare il Paese nell’imminenza di questo anniversario. Assicuro che i cattolici, presenti in Asia centrale fin da tempi antichi, desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra».