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(E)lezioni storiche

Il 25 settembre si torna a votare: nonostante il personalismo e l'astensionismo oramai imperante, la storia pare suggerirci altro.

A. Lorenzetti, "Allegoria del buon governo", 1338-1339, Siena

Lo scioglimento delle Camere dovuto alle dimissioni del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ci ha portato diritti alla convocazione delle elezioni politiche, il prossimo 25 settembre; si tratta della prima volta nella storia repubblicana di un’elezione di questo tipo praticamente ancora in estate. Premesso che si tratta di un grande esercizio di democrazia, l’appuntamento elettorale porta con sé l’avvio della campagna elettorale e di conseguenza della dialettica fra le diverse forze politiche in campo, che al suo avvio pare connotarsi per una certa confusione, che riguarda sia le alleanze (necessarie a seguito della legge elettorale in vigore), sia i programmi.

Il 22 luglio scorso il Cardinale presidente della Cei, l’arcivescovo Matteo Zuppi ha espresso le sue considerazioni in merito alle elezioni, ricordando in particolare: «l’ indispensabile interesse superiore [che] impone di mettere da parte quelli personali o individuali, per affrancare la politica da tatticismi ormai, peraltro, incomprensibili e rischiosi per tutti»,così come ha indicato la necessità di rivolgere lo sguardo: «alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli, che indichino anche, se necessario, sacrifici, ma diano sicurezza e motivi di speranza». E inoltre che «è un tempo nel quale dobbiamo ricostruire il senso di comunità, in cui […] occorre un “contributo costruttivo” da parte di tutti, specialmente di chi sceglie di impegnarsi nella vita politica. E ci auguriamo siano tanti e con tanta e profonda motivazione per il bene comune».

La nota di Zuppi sottolinea probabilmente i punti nodali per una sana e costruttiva dialettica politica, ma proprio il ribadire di questi concetti ne dimostra l’insussistenza o l’inconsistenza nelle dichiarazioni attuali dei decisori politici. Com’è possibile che dopo una pandemia (ancora in corso), la guerra ai danni dell’Ucraina, l’aumento delle disuguaglianze sociali e la carenza di lavoro, queste necessità non siano ancora diventate chiare? Potrebbero essere indicati, tra gli altri, due comportamenti che vengono da lontano e che hanno contribuito a generare una certa staticità dell’azione politica: da un lato  – come ricorda appunto anche Zuppi- la permanenza di una logica personalistica all’interno dei partiti, ove l’importante è esserci, a prescindere da quali siano i programmi e gli obiettivi (così verrebbe da leggere tutta la serie di scissioni verificatesi nell’arco di questa legislatura); allo stesso modo bisognerebbe tener conto della crescita esponenziale nelle ultime tornate elettorali dell’astensionismo: in una democrazia è, infatti, disonesto scaricare le responsabilità addosso ai soli politici, visto che alla fine i partiti al potere sono comunque votati dal popolo.

Personalismo e astensionismo, possiamo leggerli come due delle principali tendenze che ancora oggi dividono decisori politici e cittadini, creando così degli ostacoli notevoli alla ricostituzione di un senso di comunità, tante volte evocato anche da Papa Francesco e oggi più che mai necessario.

Il 7 e 8 maggio di cinquant’anni fa (1972), il Paese andò ad elezioni anticipate, in un contesto assai complicato (la bomba alla Banca dell’Agricoltura; gli scontri in piazza; la nascita di una “maggioranza silenziosa” volta a combattere l’ascesa di anarchia e comunismo ecc.), ma in quelle elezioni andò al seggio il 93% degli aventi diritto: il popolo italiano dimostrò una grande resistenza e soprattutto una precisa coscienza del periodo difficile che si trovava ad affrontare.

Ecco che la storia ci indica come al di là di ogni più fosca previsione, i cittadini italiani siano sempre capaci di grande partecipazione, se chiamati a riscoprire il legame inscindibile fra azione politica e cittadinanza, fra politica e bene comune. Ed è su questi punti che i partiti farebbero bene a insistere, così come indicato da Zuppi e dallo stesso Mattarella.

Siamo in un contesto certamente difficile al quale siamo arrivati rosicchiando lentamente il nostro senso del dovere e soprattutto il nostro senso di autoefficacia, visto che come ci insegna il grande scrittore Josè Saramago in un libro fondamentale (in questo periodo soprattutto), come Saggio sulla lucidità: «sono le piccole crepe nella vernice delle convenzioni, e non le rivoluzioni spettacolari che, con lentezza, ripetizione e costanza, finiscono per far crollare il più solido degli edifici sociali».

Ma la risalita è possibile, come abbiamo sperimentato in Italia diverse volte, e perché come cantava Giorgio Gaber: anche se non ci sentiamo italiani, per fortuna o purtroppo lo siamo.

About Luca Mazzocchetti (50 Articles)
Nato il 2 luglio del 1985. Studia Lettere moderne all'Università "G. D'Annunzio"di Chieti e poi Didattica dell'italiano come L2 e LS presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere nella sede di Pescara della stessa Università. Ha frequentato la Scuola vaticana di biblioteconomia. Bibliotecario professionista, membro del Comitato Esecutivo Regionale dell' AIB (Associazione Italiana Biblioteche), sezione Abruzzo; docente di scuola secondaria e già professore dell'ISSR "G. Toniolo" di Pescara; direttore della biblioteca "Carlo Maria Martini" e dell'archivio storico dell'Arcidiocesi di Pescara - Penne. Ha scritto diversi articoli per riviste professionali, come "Biblioteche oggi" e "Bibelot: notizie dalle Biblioteche toscane".