Vocazione sacerdotale e familiare: “Sono i due pilastri della Chiesa”
"Vogliamo essere accoglienti - sottolinea l'arcivescovo Valentinetti -, vogliamo essere pieni d’amore, vogliamo essere misericordiosi, vogliamo essere dentro un cammino di fede sempre più approfondito per chi vive questa dimensione di vita e d’amore. Noi non scomunicheremo nessuno, non cacceremo nessuno, ma saremo ben lieti di una testimonianza sempre più bella e più viva, di una testimonianza che non si pone con spocchiosità o rivendicazioni di supremazia, ma che si pone come dolce accompagnamento amoroso dentro la storia della Chiesa e dell’umanità"

Sabato sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Pescara, ha celebrato la santa messa – animata dai Cori riuniti dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne diretti da Roberta Fioravanti – in conclusione del X Incontro mondiale delle famiglie in coincidenza con il suo 45° anniversario di ordinazione sacerdotale. Due eventi, questi ultimi, che a detta del presule formano un binomio perfetto: «Celebro volentieri il mio 45° anniversario di sacerdozio con questa conclusione dell’Incontro mondiale delle famiglie – spiega –, perché non c’è differenza tra la vocazione sacerdotale e quella familiare che sono i due pilastri della Chiesa, sono due pilastri che mantengono in piedi la comunità cristiana. Che cos’è un sacerdote senza le famiglie e cosa sono le famiglie senza un sacerdote nell’edificazione di una comunità?».

Da qui l’esortazione del presule: «E allora – invita l’arcivescovo Valentinetti – rivediamo un attimo i nostri schemi nella valorizzazione, che senza dubbio è stata sempre fatta, della vocazione sacerdotale ma nella valorizzazione della vocazione familiare. È tanto più importante oggi riaffermarla dentro una storia e una realtà di vita, che vede sempre dimensioni diversificate su questo ambito dell’unione sponsale. Sacramento nella fede della Chiesa è l’unione dell’uomo e della donna. Non può essere altro. Sacramento è, era e resta l’unione dell’uomo e della donna in vista della procreazione dei figli, in vista dell’amore reciproco, in vista della mutua assistenza in un cammino di fede. Certo, noi non siamo come i discepoli che – nel momento in cui entrarono nel villaggio dei samaritani e non vollero accogliere Gesù – volevano far scattare saette dal cielo. Noi non vogliamo far scattare delle saette su nessuno. Vogliamo essere accoglienti, vogliamo essere pieni d’amore, vogliamo essere misericordiosi, vogliamo essere dentro un cammino di fede sempre più approfondito per chi vive questa dimensione di vita e d’amore. Noi non scomunicheremo nessuno, non cacceremo nessuno, ma saremo ben lieti di una testimonianza sempre più bella e più viva, di una testimonianza che non si pone con spocchiosità o rivendicazioni di supremazia, ma che si pone come dolce accompagnamento amoroso dentro la storia della Chiesa e dell’umanità».
Quindi l’arcivescovo di Pescara-Penne ha fatto riferimento alla recenti parole di Papa Francesco in merito alla castità: «Rendo grazie al Signore – aggiunge – per i miei 45 anni di sacerdozio vissuti nel dono del celibato e della castità, per quel che il Signore mi ha dato di poter vivere. Ma solo per grazia, non perché la mia castità sia superiore a quella dei coniugi, perché la stessa castità piena d’amore che Papa Francesco ha richiamato nella relazione pre-matrimoniale è dono di grazia, è dono educativo, è dono di lungimiranza ed è dono per il Regno di Dio». Da qui la preghiera di affidamento di monsignor Tommaso Valentinetti: «Ci accolga il Signore, perché vogliamo ripresentare a Lui le nostre vite, perché le trasformi in benedizioni per l’umanità intera e per l’avvento del Regno. Amen».

Una riflessione importante, questa sulla vocazione sacerdotale e familiare, scaturita dal Vangelo domenicale e in particolare dalla frase “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”: «È la famosa frase – osserva il presule -, il famoso versetto che segna la svolta dei temi nell’Evangelo secondo Luca. Inizia questo grande pellegrinaggio dal capitolo 9 alla fine, verso Gerusalemme. E dice il testo che “prese la ferma decisione”. In verità, il testo greco dice “E indurì il volto verso Gerusalemme”, come se volesse sfidare. È il segno della sfida. Sfidare chi la contraddiceva e sfidare anche il mistero della morte, che lo aspettava, di cui Lui era perfettamente cosciente. E in questo cammino verso Gerusalemme, la sua preoccupazione è sempre la stessa, far sì che il Regno di Dio venga annunciato. Tanto è vero che a questi personaggi che gli si accostano e vogliono seguirlo, ma hanno delle remore, delle preoccupazioni, dice al secondo “Tu va e annuncia il Regno di Dio”. E all’ultimo “Nessuno che mette mano all’aratro e si volge indietro è adatto per il Regno di Dio”. Il Regno di Dio è una dimensione di eternità, ma è anche una dimensione che sicuramente superava il piccolo gruppo degli apostoli, dei discepoli, e supera tutt’ora la dimensione della Chiesa. Noi camminiamo nella Chiesa, ma camminiamo verso il Regno come il dono più bello che possiamo ricevere e come la meta più bella a cui aspirare e che insieme dobbiamo costruire».
Ma per questo cammino, a detta di monsignor Tommaso Valentinetti, ci vuole radicalità: «Gesù – denota – si avvia decisamente verso Gerusalemme con radicalità, con un impegno radicale. Non ha nessuna paura, non ha nessun tentennamento. Sa molto bene che Gerusalemme, attraverso la sua morte e risurrezione, è la porta del Regno. La porta del Regno è il suo tornare al Padre, è tutta l’umanità. Ma coloro che lo seguono hanno altre preoccupazioni, o quelli che vorrebbero seguirlo hanno altre preoccupazioni. Un tale gli disse “Ti seguirò dovunque vada”. Non è vero, “le volpi hanno le loro tane, il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. È la radicalità di una vita senza sicurezze. E l’altro ancora vuole seppellire suo padre e sua madre, ma non perché questo non sia un atto di misericordia dovuto. Il Signore non vuole essere esclusivo. Il Signore però sì, vuole essere il primo. Questo è ciò che conta. E infine l’ultimo “Lascia prima che mi congedi”. No, non è questa la strada, “perché se stai mettendo mano all’aratro e hai dei legami che ti tengono stretto ad altre realtà, non sei adatto per il Regno di Dio”. Dunque, una radicalità a tutta prova».
Da qui un riferimento all’attualità: «Ma – riflette l’arcivescovo Valentinetti -, cari fratelli e sorelle, fino ad oggi nel sentire comune abbiamo sempre pensato che la radicalità evangelica era dei religiosi, delle religiose, dei presbiteri, dei vescovi. L’abbiamo sempre pensato e abbiamo detto, forse, che era la radicalità più vera, più significativa. Quest’oggi, forse, dobbiamo rivedere questo schema. Sì, è vero, c’è una radicalità nel ministero, c’è una radicalità nel dono della vita, ma la vocazione alla famiglia non ha le stesse dimensioni di radicalità? Non ha le stesse dimensioni di ricerca continua di una vita per il Regno e di una dimensione di rinuncia continuamente a se stessi per il bene dell’altro, così come la seconda lettura ci ha detto nella frase centrale “Tutta la legge trova la pienezza in un solo precetto ‘Amerai il prossimo tuo come te stesso’”. E se c’è la tentazione di mordersi e di divorarsi a vicenda, e purtroppo sappiamo molto bene che – molte volte – nella realtà familiare questo accade, qui si parrà la differenza cristiana, la credibilità cristiana, la scelta fatta per amore, solo per amore, insieme nella sequela del Signore, a servizio della vita e della comunità cristiana».

All’inizio e alla fine della Santa messa è intervenuto il direttore della Pastorale familiare diocesana per ringraziare e riassumere la bella giornata di festa vissuta, sabato, dalle famiglie pescaresi nel Parco Villa De Riseis, così come attraverso due incontri formativi nei due sabati precedenti: «Questa sera – afferma don Pierluigi Pistone – con questa celebrazione concludiamo il X Incontro mondiale delle famiglie che si è svolto a Roma con il Papa, a cui ha partecipato una nostra delegazione, e nelle diverse diocesi come questa. Abbiamo vissuto momenti di formazione alla genitorialità, alla vita di coppia, grazie ad esperti che sono venuti ad illuminarci. E poi oggi (sabato) abbiamo vissuto una giornata di festa a Villa De Riseis, ma c’era da festeggiare anche qui con lei (l’arcivescovo Valentinetti). Siamo contenti che questo momento coincida con questa festa che è il suo 45° anno di sacerdozio e una buona parte di quest’ultimo (dal dicembre 2005), l’ha trascorso con noi in pienezza del suo ministero. Grazie per essere con noi e per fare festa con noi e con le famiglie, a cui lei ha sempre dimostrato molta attenzione. Chiediamo a lei e a tutti di portarle sempre nel cuore, essendo le famiglie molto importanti nel cammino di crescita della fede, non solo dei figli, ma anche dei giovani e di tutta la Chiesa».

Al termine della celebrazione ha rivolto i suoi auguri al presule anche il vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, monsignor Francesco Santuccione: «Voglio essere come l’amico dello sposo – spiega – che ricorda a tutti che il Signore ci ha dato monsignor Tommaso Valentinetti come pastore, apostolo in mezzo a noi. Siamo chiamati, lo vogliamo fare sempre di più, a volergli bene, ad ascoltarlo e – in uno stile sinodale – a collaborare con lui perché il Regno di Dio venga in mezzo a noi. Un Regno di gioia, di pace, di benedizione. Auguri eccellenza».

Al momento della benedizione finale, l’arcivescovo Valentinetti ha dato anche un consiglio a tutte le coppie: «Volevo ringraziare anch’io il coro, la direttrice del coro e anche i fiati che hanno impreziosito la celebrazione – conclude -. Il pezzo di violino eseguito (durante la comunione) dal maestro Paolo Morena, lui mi ha chiesto di suonarlo e io ho acconsentito. Sapete perché? Perché la musica risveglia l’amore. Io, quando mi si affievolisce un po’ l’amore, mi metto un bel pezzo di musica e mi ricresce l’amore e la comunione con Dio, in quanto la musica è una delle realtà – abbastanza vicina alla preghiera – che mette in comunione con Dio. Per cui, cari sposi, quando vi si affievolisce l’amore mettete un bel pezzo di musica e vedrete che ricrescerà, soprattutto se si tratta di un bel brano musicale come quello che abbiamo appena ascoltato».