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“Essere testimoni credenti credibili è la radice della vocazione”

"Se ti sposi - sottolinea monsignor Tommaso Valentinetti -, se ti fai prete, frate, monaca, qualsiasi cosa fai e qualsiasi storia devi affrontare nella tua vita, “tu seguimi perché se io voglio che lui resti finché io vengo, a te che importa?”. Cioè non lasciarti suggestionare dalle vicende, dalle situazioni, dalle circostanze, l’importante è la sequela. Chiediamo questa grazia di essere fedeli a questa sequela con la nostra umanità, con la nostra vita che, spesso, viene provocata nell’intimità della fede, ma aggrappiamoci alla roccia della fede con tutte le nostre forze"

Lo ha affermato venerdì l’arcivescovo Valentinetti nella veglia diocesana di preghiera per le Vocazioni

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia

“L’Europa ha bisogno di nuovi confessori della fede e della bellezza del credere, di testimoni che siano credenti credibili”. Da questa frase, tratta dal testo “Nuove vocazioni per una nuova Europa” a cura della Pontificia Opera per le vocazioni ecclesiastiche, secondo l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti è possibile trarre la radice di ogni vocazione: «Essere testimoni credenti credibili – cita il presule – , ecco la radice delle vocazioni, ecco perché vale la pena seguire il Signore, se seguire il Signore mi fa un credente credibile. Qui si gioca tutta la nostra storia, tutta la nostra vita. Si gioca nella fede». La fede che ha fatto da filo rosso che ha unito le tre testimonianze ascoltate venerdì 6 maggio, in occasione della veglia di preghiera diocesanaospitata nella chiesa di San Luigi Gonzaga a Pescara alla vigilia della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni di ieri.

Don Domenico Di Pietropaolo, direttore della Pastorale vocazionale diocesana

Un appuntamento a cui centinaia di giovani pescaresi si sono preparati, prendendo parte ad una settimana vocazione chenei giorni scorsiha visto l’equipe diocesana della Pastorale giovanile e vocazionale tenere un incontro per ogni singola forania diocesana (a Spoltore, Cepagatti, Collecorvino, Montesilvano, Pescosansonesco e Castiglione Messer Raimondo), secondo il tema scelto dall’Ufficio nazionale Vocazioni della Conferenza episcopale italiana, “Fare storia”: «Un tema – ricorda don Domenico Di Pietropaolo, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile e vocazionale -, tratto dall’esortazione apostolica di Papa Francesco “Fratelli tutti”, che mette a fuoco l’orizzonte della vocazione come responsabilità. Proprio per questo nell’immagine molto bella, che accompagna la giornata, c’è una penna che passa nel telaio a ricordare come la vocazione sia intessuta attraverso una fitta trama di relazioni che sola permette lo scorrere della vita di Dio, la vita nella carità. Il tessuto è composto da un ricamo e richiama proprio la bellezza di cui è possibile riempire la vocazione. E quest’ultima non ha solo un’utilità tecnica, non solo serve a qualcosa, ma è da spendere per qualcuno».

La video-testimonianza di don Graziano Della Volpe

Così come hanno fatto i tre testimoni, due in video e uno in presenza, che hanno condiviso la loro esperienza nella veglia vocazionale di venerdì. Un’esperienza unita dal comune denominatore della fede. Il primo è stato don Graziano Della Volpe, giovane sacerdote ordinato nel 2019, la cui vocazione presbiterale è scaturita da un pellegrinaggio in Terra santa guidato dall’arcivescovo Valentinetti: «È bello essere prete – afferma -, è bello seguire il Signore Gesù, Colui che è risorto, Colui che ci dona la vita. E a te che ti trovi in difficoltà – aggiunge parlando ai giovani presenti -, che ti trovi in un momento di crisi, di discernimento, di paura, non avere paura. Segui Gesù, Lui è la via, la verità e la vita. Non avere paura di dire sì, di lasciare tutto, perché tutto quello che si lascia si ritroverà in gioia, pace e amore verso Dio e gli uomini».

I giovani, e non solo, presenti nella chiesa di San Luigi

La stessa gioia che ha trovato suor Maria Francesca, monaca carmelitana scalza del Monastero di Pescara da 25 anni. Di origine romana, la suora ha scoperto la sua vocazione ascoltando la testimonianza di quella che sarebbe poi divenuta una consorella, partecipando ad una veglia vocazionale durante una Giornata mondiale della gioventù: «La vocazione – osserva la sua suor Maria Francesca – è stare davanti a Dio per tutti, stare con Gesù in una comunità che prega per la Chiesa e per il mondo, perché tutti incontrino l’amore di Cristo, perché questo è il cuore di ogni vocazione. Ogni vocazione nella Chiesa è bella e preziosa. La vocazione al matrimonio, al sacerdozio, alla vita consacrata, ma anche alla missione di essere cristiani nel mondo, nella vita di ogni giorno. Ognuna di queste vocazioni ha un cuore e ce l’ha ripetuto Papa Francesco, poco tempo fa, che la vocazione della Chiesa è quella di annunciare il Vangelo. Questa è la gioia della Chiesa: accogliere Gesù e annunciarlo agli altri. Vi voglio lasciare una frase, a me molto cara, di San Giovanni Paolo II “Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”, perché Lui è veramente il grande amore della nostra vita ed è la nostra gioia. Vi porto tutti nel cuore e vi abbraccio nella preghiera».

Daniele, seminarista

E poi ha raccontato la sua storia Daniele, un seminarista trentacinquenne che – da giovane studente, musicista e fidanzato – è stato sempre attratto dal dono di sé che il sacerdote fa al prossimo, alla comunità, a tal punto da fare discernimento presso l’Ufficio diocesano Vocazioni prima e da entrare in Seminario poi: «Questi ultimi – racconta – sono stati anni belli, perché ho potuto riscoprire una relazione di intimità con il Signore. E poi la comunità, stare con i fratelli, per me è sempre un banco di prova. Come vi ho detto, il Signore mi sta donando nuovi fratelli per crescere nell’ecclesialità, nel condividere la fede con tanti fratelli. Il Signore parla attraverso le persone, la mia famiglia, i sacerdoti che mi hanno parlato spesso con le parole, con le azioni, nel vedere una vita bella, donata, spesa senza riserve. E poi la comunità, il gruppo di ragazzi di Collecorvino, il Seminario m danno tanto. Danno tanto alla mia vita. Questa sera voglio esprimere la mia gratitudine al Signore, verso il Signore, perché mi ha usato misericordia. Io non lo cercavo, ma Lui mi ha cercato e ho visto che l’azione di Dio su di me parte, prima di tutto, da Lui. Questo mi fa camminare con un forte senso di fiducia perché, anche se sono peccatore, sono piccolo e dalla fede molto fragile, ma Lui c’è sempre».

I seminaristi pescaresi

Quindi anche l’arcivescovo Valentinetti, nella sua testimonianza, ha raccontato di quando la fede l’ha provocato. La prima volta quando, da giovane studente dell’Almo Collegio Capranica a Roma, dovette occuparsi di assistere la madre gravemente malata. E poi una nuova provocazione, avvenuta il 20 marzo 2000 ricevendo la proposta di accettare la nomina a vescovo: «Con sole 4 ore per decidere – ricorda il presule, ironizzando -. La mia fede è stata provocata a ragione, perché se avessi saputo quello che mi aspettava avrei detto di no». E poi il dover celebrare, da vescovo di Termoli-Larino, il funerale dei 27 bambini morti sotto le macerie della scuola di San Giuliano di Puglia devastata dal sisma: «Vidi un paese distrutto», ricorda. Un’altra esperienza dolorosa è stata la morte della cara sorella: «Dal punto di vista della salute – racconta monsignor Valentinetti – avevamo vissuto tante battaglie insieme e vederla morire così, non mi andava proprio». E poi la stessa istituzione che l’ha accolto dapprima come sacerdote e poi come vescovo, la Chiesa, l’ha provocato nella fede in un momento della sua vita: «La Chiesa istituzione – confida – mi ha fatto sentire non tanto il volto di una madre, ma quanto quello di una matrigna. Però, se avevo di pensato inizialmente di occupare spazi, il Signore mi ha messo ad avviare processi».

Da qui le conclusioni e il messaggio dell’arcivescovo di Pescara-Penne rivolto a tutti: «Se avevo pensato di aver letto già la storia di Dio nella mia vita – ammette -, ho capito che Lui la sta ancora scrivendo. Ciò che è importante, in questo, è far sì che il fare storia corrisponda a quell’ultima parola del Vangelo di Giovanni. Sapete qual è? Quando Pietro dice a Gesù, vedendo il discepolo amato, “E di lui, che sarà?”. E Gesù dice “Se voglio che lui resta finché io venga, a te che importa?”. E poi gli spara addosso l’ultima parola: “Tu seguimi, sii alla mia sequela”. Questa è l’unica risposta. Se ti sposi, se ti fai prete, frate, monaca, qualsiasi cosa fai e qualsiasi storia devi affrontare nella tua vita, “tu seguimi perché se io voglio che lui resti finché io vengo, a te che importa?”. Cioè non lasciarti suggestionare dalle vicende, dalle situazioni, dalle circostanze, l’importante è la sequela. Chiediamo questa grazia di essere fedeli a questa sequela con la nostra umanità, con la nostra vita che, spesso, viene provocata nell’intimità della fede, ma aggrappiamoci alla roccia della fede con tutte le nostre forze».

Il servizio di Radio Speranza
About Davide De Amicis (4616 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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