“L’unità non è uniformità, l’essenziale è essere cristiani”
"Le tradizioni - sottolinea don Achille Villanucci - devono diventare una ricchezza, non una barriera. Ci dev’essere stima reciproca, cosa che aumenta sempre più. Aumenta sempre più quel senso di amicizia e fraternità tra i cristiani delle diverse confessioni"
È in corso, da martedì 18 a martedì 25 gennaio, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal tema “In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo” (Matteo 2,2), i cui testi sono stati preparati e pubblicati congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese. Nella Chiesa di Pescara-Penne, come in molte altre diocesi italiane, gli appuntamenti ecumenici previsti sono stati rinviati probabilmente a dopo Pasqua, a causa della recrudescenza della pandemia di Covid-19, ma non per questo si è fermata la preghiera. Ne ha parlato a Radio Speranza e a La Porzione.it il direttore dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, don Achille Villanucci.
Don Achille, innanzitutto qual è il senso del tema scelto per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2022?
«Ogni anno c’è una sottolineatura speciale, che dipende da chi ha preparato il tema e quest’anno sono state le Chiese del Medio Oriente. Ma il primo a pregare per l’unità dei cristiani è stato nostro Signore. Giovanni, nel suo Vangelo, al capitolo 17 cita le parole di Gesù “Padre che siano una sola cosa i discepoli”, in riferimento a chi avrebbe creduto in Lui. Il Signore chi ha chiesto la fraternità, ci ha chiesto di amarci gli uni gli altri e l’unione è una conseguenza di questa fraternità, di questo amore tanto raccomandato da Gesù».
Un dialogo che va avanti da tempo e aumentano i punti di comunione…
«Sì, proprio così. Poi abbiamo Papa Francesco che è un promotore intrepido di unità. Lui, con l’enciclica Fratelli tutti, riporta le parole di Gesù e sottolinea che dobbiamo essere tutti a volerci bene. Comunque, l’unità non è uniformità. Non siamo chiamati ad avere le stesse tradizioni (europei, africani, latino-americani). Non è questo che ci viene chiesto, non è l’uniformità, non ci viene chiesto di realizzare una media Chiesa, ma semplicemente di avere ognuno – con le proprie tradizioni – un bel rapporto con gli altri cristiani. Possono essere protestanti, possono essere ortodossi, possono essere cattolici, l’essenziale è essere cristiani. Le tradizioni devono diventare una ricchezza, non una barriera. Ci dev’essere stima reciproca, cosa che aumenta sempre più. Aumenta sempre più quel senso di amicizia e fraternità tra i cristiani delle diverse confessioni».
Un clima, questo dialogo costruttivo, che poi si respira anche nella nostra diocesi?
«Sì, dove più, dove meno. Abbiamo rapporti molto belli con la Chiesa valdese e metodista, così come con gli ortodossi. Un bellissimo rapporto. Non dobbiamo avere lo stesso modo di fare, la stessa tradizione, non è questa la sostanza. L’essenziale è farlo, con uno stile diverso, da fratelli che si vogliono bene e che aspirano ad una maggiore unità. Un’unità che già c’è, ma che non è mai sufficiente. Poi, magari, c’è chi è insicuro e si arrocca nella propria tradizione, ma questo è un fenomeno trasversale che attraversa tutte le Chiese. Non mancano anche i cattolici che si arroccano nelle loro tradizioni. Dobbiamo essere uniti al Signore e non al modo di esprimere la nostra fede nel Signore. Che ognuno di noi sia fiero della propria tradizione, ma la fierezza e non è contrapposizione. Chi è insicuro, invece, ha bisogno di parlare solo di identità e diventa un’identità non dialogante, ma questo non fa bene a nessuno. Ma a prescindere da questo, il cammino va avanti lo stesso in quanto la voglia di dialogare prevale e prevarrà sempre».
Dunque, causa Covid-19, gli eventi ecumenici pescaresi della Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani sono stati rinviati?
«Sì, le iniziative esterne le abbiamo rinviate, altrimenti ci sarebbero stati scambi di pulpiti. Spesso io vado a predicare alla chiesa valdese, mentre un altro viene a farlo nella nostra comunità cattolica. Tra l’altro era prevista una conferenza sul tema di monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione Cei per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso. Tante iniziative che rinviamo, probabilmente, a dopo Pasqua. Nel frattempo, nulla ci impedisce di pregare individualmente per l’unità dei cristiani. Comunitariamente, dovremo farlo quando la situazione pandemica sarà meno complessa di ora, con tanta gente in quarantena che sarebbe impossibilitata a partecipare».
In conclusione, don Achille, quali sono i tuoi auspici per la prosecuzione del dialogo ecumenico?
I miei auspici sono di proseguire e, anzi, di accelerare ancora di più il dialogo per un maggior senso di fraternità. Cattolici, ortodossi, protestanti, basta che siamo cristiani e che facciamo un’esperienza forte di Dio. C’è tutto da guadagnare da un cristiano che è vicino a Dio»