“Ripetiamo con Maria ‘Eccomi Signore, avvenga per me secondo la Tua parola’”
Nella messa per i giovani, presieduta ieri sera nel Santuario della Divina Misericordia a Pescara, l’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti ha ripreso il messaggio della pagina biblica della quarta domenica di Avvento: «Il Signore ci visita – premette il presule -. Ha visitato Elisabetta, attraverso la camminata frettolosa di Maria, ha visitato Betlemme, la più piccola dei capoluoghi di Giuda. Visita noi perché “un corpo mi hai preparato”, così come ci dice l’autore della lettera agli Ebrei. Ma molto spesso non lo abbiamo accolto, non abbiamo riconosciuto la sua visita».
Nell’omelia, l’arcivescovo Valentinetti si è soffermato sul far comprendere la portata spirituale e teologica che si nasconde dietro la visita di Maria ad Elisabetta: «Cioè – spiega – la visita di Dio, Dio visita il suo popolo. Ma qual è il luogo privilegiato della visita del Signore? Qual è il cuore privilegiato dal Signore. Il brano precedente a quello si San Luca è quello dell’annunciazione. Dio visita una vergine, una ragazzina. Maria aveva sì e no 16 anni quando riceve quell’annuncio e quando concepisce e partorisce il Figlio di Dio. Dio non visita le persone potenti, non visita le regine, visita una povera fanciulla di Nazareth promessa sposa a un uomo della Casa di Davide chiamato Giuseppe. E il segno che l’angelo dà a Maria è “Elisabetta, tua parente, pur essendo anziana e sterile, aspetta un figlio”. Dio è capace di visitare la sterilità, Dio è capace di tramutare la sterilità in fertilità. Dio visita coloro che venivano disprezzati. Una donna sterile, in Israele, veniva disprezzata. E il Signore, nella sua bontà, si è ricordato di questa serva e visita la sua vita, la sua persona».
E non solo: «La pagina del Libro di Michea – continua l’arcivescovo di Pescara-Penne – ci ha detto che Dio visita una città, Betlemme. E qual è la caratteristica di questa città? La piccolezza. Così piccola da essere, tra i villaggi di Giuda quella che, “da te uscirà per noi Colui che deve essere il dominatore di Israele”. Allora è vera la parola del canto di Maria “Abbatte i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati, rimanda i ricchi a mani vuote, soccorre Israele suo servo ricordandosi della sua misericordia”. L’ingresso di Dio nella storia, la visita di Dio nella storia, non è una visita potente. È una visita alla ricerca degli ultimi, degli ultimi degli ultimi, dei piccoli e dei più piccoli dei piccoli, di coloro che hanno la possibilità – grazie alla piccolezza e all’umiltà di avere un cuore aperto -, di avere un cuore aperto, di avere un cuore generoso. La generosità di Maria, all’annuncio dell’angelo, la fa mettere in viaggio per andare a trovare la parente che, forse, aveva bisogno di lei. L’umiltà di Elisabetta, nel momento in cui Maria entra nella sua casa… “A che debbo che la madre del Signore venga a me”. “Signore – direbbe qualcun altro – non sono degno che tu entri sotto al mio tetto, ma dì soltanto una parola…”».
A questo punto il presule si è chiesto il perché di tutto questo: «La recondita volontà di Dio – spiega – è che doveva preparare un corpo, doveva preparare una realtà umana, profondamente umana “Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, un corpo mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Ecco, io vengo a fare la Tua volontà”. Dio entra nella storia con un corpo dentro una storia di umiltà, dentro una storia di piccolezza, dentro una storia di non conoscenza. Addirittura, dentro la storia di una sterilità che diventa fecondità e di una verginità che, misteriosamente, diventa l’ingresso del Figlio di Dio dentro l’umanità. Dio ci visita e come ci trova? Superbi? Gonfi e tronfi d’orgoglio? Pieni di presunzione? Dio non viene, Dio ha bisogno di questo corpo. Dio ha bisogno di quel corpo e di quella verità. Che possiamo ripetere anche noi, con Maria, “Ecco, sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la Tua parola”».