Migranti: “In Italia superare la sindrome dell’emergenza per un’accoglienza diffusa”
Alla fine del 2020 vivevano in Italia 128 mila rifugiati in senso ampio, cioè beneficiari di uno status di protezione: poco più di 2 rifugiati ogni 1.000 abitanti. I dati di altri Paesi europei sono superiori: Francia, quasi 7 per 1.000 abitanti, Grecia, quasi 10 per 1.000, Germania, 14 per 1.000, fino alla Svezia, 25 per 1.000. Alla fine di ottobre 2021 si trovavano in accoglienza in Italia 80.486 fra richiedenti asilo, rifugiati e migranti

Sono state circa 53 mila le persone migranti giunte in Italia nel periodo gennaio-ottobre 2021, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo 2020, anno dei lockdown per la pandemi. Il dato emerge dal Report 2021 su “Il diritto d’asilo” a cura della Fondazione Migrantes, presentato ieri a Roma: «I dati sul numero crescente, negli ultimi due anni, di rifugiati e migranti che sbarcano in Italia sulla rotta del Mediterraneo centrale – si legge sullo studio – possono essere liberati da allarmismi e dai cliché della propaganda politica, se li si considera su una scala temporale un poco più ampia». Questo considerando il fatto che sono un terzo degli oltre 159 mila registrati sempre nel medesimo periodo del 2016 e meno della metà rispetto al 2017. Ciò che allarma di più sono invece i morti e dispersi stimati (per difetto) nel Mediterraneo centrale fra gennaio e i primi giorni di novembre 2021: 1.225 persone (più numerosi dei morti e dispersi registrati in tutto il 2020 sulla rotta), o la “cifra record” dei migranti (oltre 28.636 sempre in questo 2021 fino al 6 novembre) che la Guardia costiera “libica” finanziata dall’Italia e dall’Ue «sta intercettando in mare e riportando in quello che continua ad essere, intatto, l’inferno di Libia oppure i devastanti fattori di sradicamento che soprattutto in Africa e in Asia mettono in fuga milioni di persone».
Sulla rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia, almeno nel periodo agosto 2020-luglio 2021 la Libia è tornata ad essere il principale Paese di partenza, prima della Tunisia. Ma rispetto al 2019-2020 è cresciuta di molto anche la quota di arrivi in Italia da una rotta anomala come quella dalla Turchia, che nell’anno ha totalizzato quasi il 14% delle persone sbarcate, contro l’8% di un anno prima. La Tunisia è ormai da alcuni anni il principale Paese d’origine delle persone sbarcate nel nostro Paese. In seconda posizione, da due anni, il Bangladesh. Ma nelle posizioni successive, nel 2021 hanno guadagnato peso l’Egitto (terzo Paese, arrivi quasi quadruplicati rispetto al 2020) e l’Iran (quinto Paese, mentre nel 2020 era solo il decimo). La Costa d’Avorio si conferma invece come il principale Paese d’origine subsahariano (quarta posizione).
Sul fronte domande d’asilo, l’anno scorso sono riuscite a presentarla in Italia appena 26.963 persone, facendo registrare un crollo del 38% rispetto all’anno precedente. Fra gennaio e gli ultimi giorni di agosto, il 2021 ha registrato circa 30.500 richiedenti protezione, +93% rispetto allo stesso periodo del 2020. Alla fine del 2020 vivevano in Italia 128 mila rifugiati in senso ampio, cioè beneficiari di uno status di protezione: poco più di 2 rifugiati ogni 1.000 abitanti. I dati di altri Paesi europei sono superiori: Francia, quasi 7 per 1.000 abitanti, Grecia, quasi 10 per 1.000, Germania, 14 per 1.000, fino alla Svezia, 25 per 1.000. Alla fine di ottobre 2021 si trovavano in accoglienza in Italia 80.486 fra richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Nel 2021 fra i principali Paesi di provenienza almeno cinque sono tra i più insicuri del pianeta: Pakistan, Nigeria, Egitto, Somalia e Mali. L’Africa è tornata ad essere nel 2021 il principale continente d’origine di coloro che cercano protezione nel nostro Paese (58% del totale, contro il 30-40% dei due anni precedenti, in cui prevalevano i richiedenti asiatici).
Nel 2020 si è più che dimezzato, rispetto all’anno precedente, il numero di richiedenti asilo esaminati dalle Commissioni territoriali: da 95.060 mila a 42.604. Nel 2021 hanno ottenuto un esito positivo in Commissione territoriale il 40% circa dei richiedenti protezione, contro il 24% del 2020. Si va dal 9% per la nazionalità tunisina al 97,5% per quella afghana. Molto basse le incidenze per le tre cittadinanze principali: Pakistan 33%, Nigeria 30% e Bangladesh 13%. Sono 2.040 le persone assistite (per quattro quinti donne e ragazze) che nel 2020 hanno usufruito del programma nazionale di emersione, assistenza e integrazione sociale contro la tratta di esseri umani, di cui 1.500 di nazionalità nigeriana (72%). Nella maggior parte dei casi le persone assistite sono state aiutate a liberarsi dallo sfruttamento di tipo sessuale (1.599 persone). Ma quasi 300 erano soggette a quello lavorativo.
Ed erano 9.661 i minori stranieri non accompagnati (Msna) “presenti e censiti” in Italia alla fine di settembre 2021. Erano invece 5.979 alla stessa data del 2020 e dunque sono cresciuti del 62%. Si tratta di 9.385 ragazzi e bambini (97%) e 276 ragazze e bambine (3%). Tra tutti i richiedenti asilo in Italia l’ultimo triennio vede un 15-17% di minorenni, con una tendenza all’aumento (il 17% è stato registrato nel periodo gennaio-agosto 2021). Sono 5.211 i richiedenti protezione under 18 (accompagnati e non accompagnati) registrati nel 2021 fino al 24 agosto. Sono soprattutto bangladesi, tunisini, egiziani, albanesi, pakistani, ivoriani, guineani, somali, eritrei e afghani. Uno su tre è accolto in Sicilia; seguono Friuli-Venezia Giulia (il “terminal” italiano della rotta balcanica), Lombardia e Puglia. 5.639 sono i nuovi Msna segnalati in territorio italiano nel primo semestre 2021 (erano stati 8.939 in tutto il 2020). Principale regione d’arrivo, la Sicilia (3.354 segnalazioni, 60% circa del totale), seguita per gli arrivi via terra sulla rotta balcanica dal Friuli-Venezia Giulia e dalla Lombardia. Nel semestre sono approdati in Italia, in seguito ad eventi di sbarco, il 62,5% dei Msna: 3.522 fra ragazzi e bambini. I minori soli che si sono allontanati dall’accoglienza nel primo semestre 2021 sono stati 1.912, con un andamento crescente di mese in mese: sono soprattutto tunisini, afghani, guineani, ivoriani, pakistani ed eritrei. Quasi uno su quattro sono bambini o ragazzi di 7-15 anni. In tutto il periodo 2014-2021 la cittadinanza più numerosa fra i minori non accompagnati richiedenti asilo nell’Ue, è di gran lunga quella afghana: nel 2015 ha rappresentato oltre la metà di tutti i non accompagnati richiedenti asilo (richiedenti ”per la prima volta”), fra 2017 e 2020 è cresciuta dal 18% al 41% e nel primo semestre 2021 è tornata a sfiorare il 50%, con ben 3.870 fra ragazzi e bambini. Nel 2020 i minori non accompagnati afghani (5.500 in tutta l’Ue) hanno chiesto protezione soprattutto in Grecia, Belgio e Romania. Il secondo gruppo più numeroso sempre nel 2020 è stato quello dei bambini e ragazzi fuggiti dalla Siria, cresciuti del 75% ancora fra 2018 e 2020.
Allargando la visuale all’Unione europea allargata a 27 paesi, ai primi giorni del mese scorso la stima (minima) dei migranti morti e dispersi nel Mediterraneo ha già superato il totale del 2020, 1.559 contro 1.448. Le vittime sono soprattutto nel Mediterraneo centrale, sulla rotta che conduce verso l’Italia e Malta, ma è impressionante il quadro che emerge dalla rotta atlantica verso le isole Canarie, territorio spagnolo: quasi 900 morti di cui si è avuta notizia nel 2020, il quadruplo rispetto al 2019, e già altri 900 quelli del 2021 (dato ai primi di novembre). Le isole Canarie sono dunque divenute una nuova e pericolosissima rotta, con oltre 23 mila arrivi nel 2020 contro i 2.700 dell’anno precedente (nove volte tanti), e numeri ancora in crescita nel 2021. Il rischio per rifugiati e migranti di perdere la vita sulla rotta delle Canarie fra 2019 e 2021 ha raggiunto livelli prossimi a quello toccato nel 2019 nelle acque del Mediterraneo centrale, il più elevato in questi anni sulle frontiere dell’Ue: un morto o disperso ogni 12 arrivi. In totale, il primo semestre di quest’anno ha visto chiedere asilo nell’Ue circa 200mila persone, in pratica quante nel primo semestre 2020.
E a proposito di Europa, su questo è intervenuto il presidente della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego: «In Europa – l’appello dell’altro prelato, che presiede anche la Commissione episcopale per le migrazioni della Cei – servono politiche realistiche che aprano canali di migrazione legale, per togliere finalmente terreno ai trafficanti e riuscire a far diminuire il numero dei morti sia nel mare che via terra. Queste politiche di ingresso legale, ci aiuterebbero a chiudere finalmente i campi di prigionia in Libia e i campi di contenimento lontano dagli occhi e lontani dal cuore che abbiamo ai confini europei». In seguito, monsignor Perego ha rivolto un ulteriore appello, volto ad «alimentare i canali di ricollocamento dai campi profughi e dalle situazioni di tensione verso l’Europa (1.400.000 le richieste, poco più di 20.000 gli arrivi in tutta Europa)». Anche i corridoi umanitari, che hanno portato circa 4.000 persone in Europa (di cui 3.000 in Italia), «sono un segno importante – riconosce -, ma non sufficiente e talora rischiano di risultare un alibi di fronte alle nostre responsabilità politiche».

All’Italia ha quindi rivolto una richiesta ben precisa: «Superare una sorta di sindrome dell’emergenza che caratterizza le politiche migratorie – afferma il presidente della Fondazione Migrantes – sia rispetto a numeri gestibili che abbiamo in accoglienza, sia rispetto al numero degli arrivi, promuovendo l’accoglienza diffusa nei territori e superando finalmente i Cas (centri di accoglienza straordinaria) e le limitazioni che si nascondono dietro la preoccupazione della sicurezza. È arrivato il momento di offrire sempre più spazio in tutti i luoghi di pensiero ed elaborazione delle politiche, non solo all’accoglienza, ma all’integrazione dei rifugiati».
E dal punto di vista dell’accoglienza, il contributo specifico della Conferenza episcopale italiana è stato importante di recente: «Negli ultimi anni – ricorda monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei – la Chiesa che è in Italia ha garantito oltre 700 posti di accoglienza per i profughi giunti da Kabul con i ponti aerei e, recentemente, la Cei ha firmato un nuovo protocollo con il governo italiano per l’apertura di un corridoio umanitario da Iran e Pakistan per trasferire in Italia, in modo legale e sicuro, rifugiati afghani».
Quindi il presule ha commentato il report della Fondazione Migrantes: «Questo rapporto – afferma – entra nel merito della mobilità forzata, cioè quella delle persone che si confrontano sia nel loro Paese di origine sia durante il tragitto con privazioni, torture e violazioni dei diritti. Queste purtroppo non cessano neanche alle porte o dentro l’Unione europea. Mai come quest’anno c’è una contraddizione – uno scandalo – stridente e conclamata tra le parole di Papa Francesco e le immagini che ci arrivano dalle diverse frontiere marine e terrestri del nostro continente, ad esempio la situazione in Grecia, le violenze e le umiliazioni lungo la rotta balcanica, i campi di confinamento, le navi con le persone appena salvate in mare tenute fuori dai porti, i migranti e i rifugiati bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia tenuti a distanza con idranti e lacrimogeni. E poi i tanti che non riescono neanche più ad arrivare ai confini di questo continente, morti in mare o morti in terra di freddo o rimandati nei campi di prigionia in Libia». Monsignor Russo ha infine auspicato che «gli ostacoli verso un noi sempre più grande, possano essere superati attraverso il riconoscimento dell’altro e del valore dell’accoglienza».