“Non temete piccolezza e aridità: è lì che Dio viene a visitarci”
"Convertirsi, allora - spiega il Papa -, vuol dire andare al di là di quello che i nostri istinti ci dicono e i nostri pensieri fotografano, perché la realtà è più grande dei nostri istinti, dei nostri pensieri. La realtà è che Dio è più grande, è lui il più grande"

Dopo aver visitato i rifugiati ospitati nell’hot-spot di Lesbo, oggi pomeriggio Papa Francesco ha concluso la sua seconda giornata del viaggio apostolico in Grecia presso il Megaron concert hall di Atene, dove ha presieduto la santa messa alla presenza di circa duemila fedeli: «Dio sorprende, le sue scelte sorprendono – afferma nell’omelia -. Non rientrano nelle previsioni umane, non seguono la potenza e la grandezza che l’uomo abitualmente gli associa. Dalle righe del Vangelo – spiega in riferimento al Vangelo odierno, incentrato sulla figura di San Giovanni Battista – emerge una sottile ironia. Dai piani alti, dove dimorano i detentori del potere, si passa improvvisamente al deserto, a un uomo sconosciuto e solitario. La redenzione non inizia a Gerusalemme, ad Atene o a Roma, ma nel deserto. E questa strategia paradossale ci dona un messaggio molto bello. Avere autorità, essere colti e famosi non è una garanzia per piacere a Dio; anzi, potrebbe indurre a insuperbirsi e a respingerlo. Serve invece essere poveri dentro, come povero è il deserto».
Tutto ciò avviene per una ragione specifica, che si spiega con il “paradosso del deserto” al centro dell’omelia odierna: «Dio, adesso come allora – chiarisce il Papa -, volge lo sguardo dove dominano tristezza e solitudine. Possiamo sperimentarlo nella vita. Egli, spesso, non riesce a raggiungerci mentre siamo tra gli applausi e pensiamo solo a noi stessi; ci riesce soprattutto nelle ore della prova. Ci visita nelle situazioni difficili, nei nostri vuoti che gli lasciano spazio, nei nostri deserti esistenziali. Nella vita di una persona o di un popolo non mancano momenti in cui si ha l’impressione di trovarsi in un deserto. Ed ecco che proprio lì si fa presente il Signore, il quale spesso non viene accolto da chi si sente riuscito, ma da chi sente di non farcela. E viene con parole di vicinanza, compassione e tenerezza. Predicando nel deserto, Giovanni ci assicura che il Signore viene a liberarci e a ridarci vita proprio nelle situazioni che sembrano irredimibili, senza vie d’uscita. Non c’è dunque luogo che Dio non voglia visitare. E oggi non possiamo che provare gioia nel vederlo scegliere il deserto, per raggiungerci nella nostra piccolezza che ama e nella nostra aridità che vuole dissetare! Non temete la piccolezza, perché la questione non è essere piccoli e pochi, ma aprirsi a Dio e agli altri. E non temete nemmeno le aridità, perché non le teme Dio, che lì viene a visitarci!».
Da qui l’invito a convertirsi del Pontefice: «Non è uno sforzo morale – puntualizza il Santo Padre -, quasi fosse solo un frutto del nostro impegno. Significa pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. Il problema sta proprio qui, nel basare tutto sulle nostre forze. Qui si annidano pure la tristezza spirituale e la frustrazione. Vorremmo convertirci, essere migliori, superare i nostri difetti, cambiare, ma sentiamo di non esserne pienamente in grado e, nonostante la buona volontà, ricadiamo sempre. Proviamo la stessa esperienza di San Paolo che, proprio da queste terre, scriveva “In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Convertirsi – approfondisce Bergoglio, facendo riferimento all’etimologia greca del verbo – è pensare oltre, andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. Penso proprio agli schemi che riducono tutto al nostro io, alla nostra pretesa di autosufficienza. O a quelli chiusi dalla rigidità e dalla paura che paralizzano, dalla tentazione del “si è sempre fatto così”, dall’idea che i deserti della vita siano luoghi di morte e non della presenza di Dio». Convertirsi, allora, vuol dire andare al di là di quello che i nostri istinti ci dicono e i nostri pensieri fotografano, perché la realtà è più grande dei nostri istinti, dei nostri pensieri. La realtà è che Dio è più grande, è lui il più grande».
Ma non solo: «Convertirsi – insiste ancora Papa Francesco – significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla. Convertirsi è rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. È non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi. Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di lui, perché è lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a lui il primo posto. Ecco la conversione. Al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo. Non chiede di più».
Infine la preghiera del Papa: «Chiediamo la grazia di credere che con Dio le cose cambiano – afferma -, che lui guarisce le nostre paure, risana le nostre ferite, trasforma i luoghi aridi in sorgenti d’acqua, chiediamo la grazia della speranza. Perché è la speranza che rianima la fede e riaccende la carità. Perché è di speranza che i deserti del mondo sono assetati oggi». Da qui l’invito ad essere «Testimoni di speranza, seminatori di gioia intorno a noi! – conclude il Papa – La speranza non delude mai. Non solo quando siamo contenti e stiamo insieme, ma ogni giorno, nei deserti che abitiamo. Perché è lì che, con la grazia di Dio, la nostra vita è chiamata a convertirsi e a fiorire. In tanti deserti nostri o dell’ambiente, lì è chiamata a fiorire. Che il Signore ci dia la grazia e il coraggio di prendere questa verità».