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“Continuerò a svolgere il mio servizio, mettendomi in ascolto dei poveri”

"Il mio auspicio, che è anche la mia preghiera di questi giorni al Signore - afferma don Marco Pagniello, neodirettore di Caritas Italiana -, è quello di poter lavorare facendolo in comunione, insieme, nel rispetto delle diversità e delle opinioni altrui. Spero tanto di poter continuare questo lavoro di comunione all’interno della Caritas e di tutte le Caritas diocesane

È l’auspicio espresso da don Marco Pagniello, sacerdote pescarese nuovo direttore di Caritas Italiana

Don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana

Dopo essere stato nominato a margine dell’ultima Assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale italiana, lo scorso 25 novembre, don Marco Pagniello inizierà ufficialmente mercoledì 15 dicembre il mandato di direttore di Caritas Italiana. Il sacerdote pescarese, già direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne dal 2006 al 2020 e attuale responsabile dell’Area Politiche sociali e promozione umana dell’organismo pastorale della Cei, subentrerà all’attuale direttore di Caritas Italiana monsignor Francesco Soddu, nel frattempo divenuto il nuovo vescovo di Terni. Prima di iniziare questo suo nuovo servizio, don Marco si è raccontato ai microfoni e ai taccuini di Radio Speranza e La Porzione.it.

Don Marco, quali sono le tue prime sensazioni a pochi giorni da questa tua importante nomina?

«Per me è sempre un motivo di gioia rendere grazie al Signore, insieme alla mia Chiesa diocesana, per quanto sta facendo con me nella mia storia per questa nuova chiamata al servizio attraverso i poveri. Un impegno grande, ma una responsabilità che sono certo di poter portare avanti perché sostenuto dalla preghiera di tanti di voi, spero di tutti, che fate parte della Chiesa diocesana».

Sei sostenuto dalla preghiera della tua Chiesa diocesana, ma anche dalla tua grande esperienza maturata fin dal 2006 quando l’arcivescovo Valentinetti ti chiamò a diventare il nuovo direttore della Caritas diocesana. E poi le tue esperienze di delegato regionale Caritas in supporto alla Chiesa aquilana devastata dal terremoto, poi ripetuta anche nelle Marche anch’esse devastate dal sisma pochi anni dopo. E ancora la tua esperienza di coordinatore nazionale delle rete degli empori solidali di Caritas Italiana: cosa ti aspetti ora da questo tuo nuovo incarico?

«Mi aspetto di continuare a svolgere il mio servizio con molta umiltà, in ascolto dei poveri custodendo lo spirito del Vangelo e con sempre maggiore creatività. Queste sono le indicazioni che Papa Francesco ci ha consegnato, in occasione del 50° anniversario di Caritas Italiana. A noi tocca semplicemente custodire quanto il Papa ci ha consegnato, per fare in modo che tutte le Caritas che sono in Italia possano aiutare le Chiese diocesane a vivere il Vangelo della carità».

Intervenendo al Giubileo degli operatori della carità e del volontariato, sabato 30 ottobre scorso al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, hai affermato “Noi siamo un pezzo di Chiesa e siamo chiamati, come Caritas diocesane e delegazioni regionali, ad essere lievito dentro le nostre Chiese diocesane, perché abbiamo da consegnare, da condividere meglio uno stile, che ancora oggi è fondamentale, soprattutto in questo tempo di cammino sinodale. L’attenzione all’inclusione, l’attenzione a camminare insieme, l’attenzione all’ascolto, l’attenzione al discernimento, rappresentano il nostro patrimonio di questi 50 anni”. Rileggendo ora queste parole, potrebbero essere gli intenti del tuo nuovo mandato…

«Certamente, in continuità da quanto fatto dai miei predecessori. L’intuizione di San Paolo VI, che quando fondò la Caritas Italiana, voleva un organismo pastorale. Non voleva semplicemente un ente che facesse assistenza. Noi non siamo un’altra cosa rispetto alla Chiesa, siamo parte di una Chiesa in cammino e che in questi anni ha maturato una grande esperienza di ascolto e servizio, che deve saper condividere anche con gli altri pezzi che formano la Chiesa. Nell’immagine bella del corpo di Cristo, noi siamo una parte di questo corpo che funziona se funzionano le altre membra. Dovremmo fuggire sempre la tentazione di isolarci, di pensarci altro, di paragonarci a quanti fanno il servizio ai poveri limitandosi a questo e facendolo anche bene. Noi siamo chiamati ad altro. Come ricordavi, siamo chiamati ad essere lievito nella nostra Chiesa, affinché tutte le nostre comunità possano crescere nell’essere includenti, che includono e non escludono».

Siete chiamati ad essere lievito anche in questo difficile tempo di pandemia, che è esplosa quando eri ancora direttore della nostra Caritas diocesana e poi l’hai vissuta, in tutta la sua drammaticità, anche a livello nazionale. Cosa vuole dire dirigere Caritas Italiana in questo tempo e qual è l’impegno che ti aspetta e che aspetta tutti gli operatori, i funzionari e i volontari dell’organismo pastorale della Cei?

«Viviamo un momento difficile, ma comunque un momento in cui Dio sta operando. Lui non smette mai di prendersi cura dei suoi figli. Dio, anche in questo momento, sta operando e sta costruendo un mondo migliore, che però ha bisogno del nostro “sì”. Caritas crede che in questo momento debba più che mai farsi voce di chi non ha voce. Così come indicato da Papa Francesco, non tanto “dando le parole, ma dando la Parola ai poveri e fare in modo che nessuno resti indietro, che nessuno si senta escluso”. Credo che questo sia il compito più grande e lo si può fare attraverso la denuncia, ma anche mediante azioni concrete. Ed ecco che la creatività di tante Caritas che sono in Italia, sicuramente faranno in modo che nessuno resti indietro, che nessuno si senta escluso».

Una nomina, la tua, che arriva nel pieno di un Sinodo da poco lanciato. Così anche la sinodalità, la corresponsabilità, la collaborazione tra i vari livelli della Chiesa, dovranno essere elementi importanti che dovranno caratterizzare il tuo mandato. Ma, concretamente, cosa ti aspetta, cosa c’è nell’agenda del direttore di Caritas Italiana? Da cosa e da dove ripartire per rilanciare il cammino di questo organismo nei tuoi prossimi anni di mandato?

«Intanto dal 15 dicembre inizierò ufficialmente il mio servizio, salutando don Francesco Soddu che – dopo 10 anni – lascia il suo servizio in Caritas Italiana. Avrò bisogno di mettermi in ascolto dei miei collaboratori, in ascolto di quanto i miei superiori mi chiedono e mi chiederanno, in ascolto di quello che la rete Caritas in Italia si aspetta da me. La mia agenda sarà costruita in base a quanto il territorio, le Chiese diocesane, mi consegneranno».

Una nomina, la tua, apprezzata da tutti. Tra i primi messaggi, è arrivata anche una nota di giubilo da parte del presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche Luciano Squillaci, il quale ricordava il tuo grande impegno a Pescara per riscattare e rilanciare i ragazzi emarginati, risucchiati dalle dipendenze. Hai svolto un lavoro importante, sporcandoti le mani e vivendo il dramma delle periferie. Quanto tutto questo inciderà nel tuo nuovo servizio di direttore di Caritas Italiana?

«Noi siamo frutto della nostra storia, di quanto abbiamo vissuto e questo non potrà mai essere cancellato, così come non potranno mai essere cancellati gli incontri che abbiamo fatto. L’incontro con il mondo delle dipendenze è stato uno di quelli che ha segnato la mia storia personale. Tanti amici, usciti dal mondo della dipendenze e della droga, oggi mi ricordano l’importanza di avere qualcuno che possa prendersi cura di chi è in difficoltà. Ringrazio l’amico Luciano Squillaci per le sue parole e non posso far altro che rinnovare l’impegno di Caritas Italiana, affinché sia di stimolo nelle Chiese locali e negli uffici pastorali, per fare in modo che l’attenzione della Chiesa rimanga sempre altra anche in una visione di prevenzione. Non possiamo solo prenderci cura delle ferite. È forse il tempo della prevenzione. Prevenzione di alcune situazioni, di alcuni disagi per poter poi affrontare meglio ciò che si verificherà».

Ti è giunto anche un bell’augurio da parte dell’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, che oltre ad esprimerti la sua vicinanza, ti ha anche detto che ti sarà vicino come un padre. Cosa ti porterai dietro della tua esperienza pescarese e qual è il tuo auspicio per questo nuovo cammino che intraprenderai?

«A Pescara ho imparato a lavorare insieme, a lavorare in equipe e a dare e a ricevere fiducia. L’arcivescovo Valentinetti si è sempre fidato dandomi spazio e libertà. Mi ha sempre guardato da padre restando a debita distanza, pronto ad intervenire quando c’era da intervenire e pronto a lasciarmi andare quando c’era da lasciarmi andare. Penso che questa visione di Chiesa, sia il tesoro più grande che mi porterò dietro della mia esperienza pescarese. Il mio auspicio, che è anche la mia preghiera di questi giorni al Signore, è quello di poter lavorare facendolo in comunione, insieme, nel rispetto delle diversità e delle opinioni altrui. Spero tanto di poter continuare questo lavoro di comunione all’interno della Caritas e di tutte le Caritas diocesane».  

About Davide De Amicis (4613 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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