Dalla cultura per l’uomo alla cultura dell’uomo
Il prossimo Sinodo è un'occasione importante per provare percorsi rinnovati di evangelizzazione, nello spirito del Concilio Vaticano II
Il momento che stiamo vivendo -pur nella sua complessità- si è già rivelato un momento di Grazia: il Popolo di Dio, attraverso i suoi Pastori, è chiamato a riunirsi e riflettere nel Sinodo che partirà il prossimo 9 ottobre, dal titolo Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione.
Uno dei principali obbiettivi indicati nel documento preparatorio è il seguente: «accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale»; si tratta di un passaggio assai ambizioso, ma che dimostra come la Chiesa tutta non si ripieghi mai su sé stessa, ma sappia puntare in alto.
Come declinare concretamente un tale proposito? Nelle (poche) righe che seguono vorrei provare a ri-pensare la questione, partendo da alcune considerazioni relative allo status quaestionis.
Le riflessioni sul nostro contesto sociale, culturale e religioso occupano pagine e pagine di libri e riviste, e non è questo il luogo per tentare anche semplicemente di elencarle tutte; vorrei sottolineare solo un aspetto, relativo alla Fede nelle nostre città odierne, descritto dal cardinal Gianfranco Ravasi in un suo discorso a Bilbao, nel 2018: «[vi scorgiamo] il cosiddetto “apateismo”, cioè l’apatia religiosa e l’indifferenza morale per le quali che Dio esista o meno è del tutto irrilevante, così come nebbiose, intercambiabili e soggettive sono le categorie etiche». Su questo aspetto molto si è scritto, ma poche sono state le risposte a mio giudizio convincenti e vorrei provare attraverso una piccola provocazione a rovesciare il problema: e se i veri apatici non fossimo noi cristiani? Disinteressati all’ascolto e alla comprensione di quanto emerge da quel mutamento d’epoca già descritto da Papa Francesco, e che vede incisi tra l’altro anche nuovi paradigmi socio-culturali? E se non stessimo sempre riproponendo col solito linguaggio e con le solite proposte la Verità Rivelata, che per sua natura è al contrario sempre nuova? Nel concreto: quante riunioni, quante parole, quanti eventi che organizziamo hanno poi la capacità di essere feconde dal punto di vista della Fede in Cristo? In sostanza: e se il problema fosse la lingua? Se non la capissimo perché ci limitiamo ad usare i nostri vecchi parametri e categorie, per “misurare” qualcosa che è totalmente altro?
Un unico esempio: si tende a pensare la nostra società come afflitta dalla condanna degli strumenti digitali, incapace quindi di relazione e di prossimità; in realtà la questione pare diversa: ha probabilmente ragione Alessandro Baricco, che in The Game (Einaudi, 20213)-un libro vivamente consigliato a tutti!- ha sottolineato che ciò che abbiamo vissuto negli ultimi anni e viviamo adesso non sia una mera “rivoluzione digitale”, ma una “rivoluzione mentale”: è cambiato il modo di pensare e gli strumenti tecnologici non sono che la manifestazione concreta di questo mutamento, nulla più.
Mentre noi ci limitiamo a descrivere il contesto, le cose accadono e le chiese si svuotano. Come provare a invertire la tendenza? Molte sarebbero (e sono) le proposte in campo, ma una delle più efficaci sarebbe quella di re-investire massicciamente sugli istituti culturali e su una vera pastorale della cultura come mezzo di evangelizzazione e di dialogo sociale; ripartendo da luoghi come archivi, biblioteche e musei che sono, ad esempio, strumenti che la società e in particolare la componente giovanile anche extra-ecclesiale conosce e riconosce, e allo stesso tempo sono fondamentali all’interno del tessuto ecclesiale. Si tratta in pratica di veri “testimoni di futuro”: capaci di parlare la lingua della società contemporanea (del futuro), grazie ai servizi e alle professionalità messe in campo per rispondere alle necessità dell’uomo d’oggi, ma depositaria di tesori di fede e bellezza che l’homo indifferens (definizione di Ravasi) sovente non conosce e che hanno invece ancora molto da dirgli, per aiutarlo a ritrovare la sua condizione di uomo di relazione, e quindi di Figlio di Dio. Anche con lo smartphone in mano.
LINK UTILI:
Documento preparatorio del Sinodo:
https://www.synod.va/it/news/documento-preparatorio.html
Discorso di Ravasi del 2018, a Bilbao:
http://www.cultura.va/content/dam/cultura/docs/pdf/ravasi/Bilbao.pdf