Vocazione: “Cammino di coerenza e pace per capire di essere figli di Dio”
"Quando avremo camminato tutti i giorni della nostra vita - ricorda l'arcivescovo Valentinetti -, vuoi come presbitero, vuoi come credente impegnato, vuoi come sposo, vuoi come sposa, vuoi come religioso, vuoi come religiosa, sapremo che quando il Signore si manifesterà definitivamente, sì, il Pastore glorioso che apparirà sulle nubi del cielo, noi saremo simili a lui perché lo vedremo faccia a faccia"

Che cos’è la vocazione? Rispondendo a questo interrogativo, che si è posto ieri sera nel Santuario della Divina Misericordia a Pescara dove ha presieduto la santa messa – concelebrata con il direttore della Pastorale giovanile diocesana di Pescara-Penne don Domenico Di Pietropaolo e don Roberto Grifaci – in occasione della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha toccato il punto più alto e sentito della sua omelia: «Qui ci sono tutti i nostri seminaristi – ricorda – che si stanno preparando, se il Signore vorrà, a diventare presbiteri, pastori del gregge dell’unico pastore che è Gesù Cristo. Ma che cos’è la vocazione? È un lampo di genio? È un’illuminazione improvvisa? È una catastrofe che si abbatte sulla nostra coscienza e sulla nostra vita? No, la vocazione è un cammino che trova una primissima, piccolissima luce che diventa sempre più evidente, che diventa sempre più vera, che cresce man mano che la sequela di questo Pastore, insieme a tutto il gregge, diventa sempre più un cammino di coerenza e di pace, che ci fa rendere conto di una verità che ci è stata annunciata nella seconda lettura, cioè che siamo figli di Dio perché la prima vocazione è quella, la coscienza di essere figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato».

Un concetto, quest’ultimo, che il presule ha poi spiegato prendendo ad esempio la propria esperienza personale: «Se io, quando ero ragazzo – riflette -, avessi dovuto pensare di diventare sacerdote – sì, qualche volta ci avevo pensato ma poi questo pensiero è più volte tornato e più volte è svanito. Poi è cresciuto, poi si è radicato -, se avessi dovuto pensare che il Signore mi chiamava a vivere il mio servizio episcopale in una Chiesa locale, fratelli, sorelle, non ci avrei mai pensato. Ma la sequela è stata diuturna (che si protrae a lungo), è stata sempre alla ricerca, non si è mai accontentata di una certezza immediata. È andata sempre avanti fin quando il Signore non ha manifestato in pienezza la sua volontà. E infine, quando avremo camminato tutti i giorni della nostra vita, vuoi come presbitero, vuoi come credente impegnato, vuoi come sposo, vuoi come sposa, vuoi come religioso, vuoi come religiosa, sapremo che quando il Signore si manifesterà definitivamente, sì, il Pastore glorioso che apparirà sulle nubi del cielo, noi saremo simili a lui perché lo vedremo faccia a faccia. Adesso, come le pecore, abbiamo la testa china e non alziamo ancora lo sguardo. Ma quel giorno lo sguardo sarà chiaro e lui si farà vedere e noi lo loderemo, lo ringrazieremo e lo benediremo, perché ci ha tirato a sé con legami di bontà e noi saremo stati docili a questi legami e avremo consegnato e consegneremo la nostra vita nelle sue mani».
Quindi l’auspicio dell’arcivescovo Valentinetti: «Che il Signore dia a tutti noi – afferma -, sempre, giovanissimi, giovani, adulti e anziani – perché io comincio ad essere tale – questa certezza che questa sequela dev’essere sempre più forte e decisa, fino a quel giorno. E allora sarà gioia senza fine».