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Vocazioni: “Necessitano di cuori di padri e madri aperti, compassionevoli e saldi”

"San Giuseppe - sottolinea il Papa - rappresenta un’icona esemplare dell’accoglienza dei progetti di Dio. La sua è però un’accoglienza attiva. Mai rinunciatario o arrendevole, egli non è un uomo rassegnato passivamente. Il suo è un coraggioso e forte protagonismo. Possa egli aiutare tutti, soprattutto i giovani in discernimento, a realizzare i sogni di Dio per loro. Possa egli ispirare l’intraprendenza coraggiosa di dire ‘sì’ al Signore, che sempre sorprende e mai delude!"

Lo ha affermato Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale per le vocazioni di domani

Papa Francesco

«Le vocazioni hanno bisogno di cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze». Ne è convinto Papa Francesco che ha dedicato il messaggio per la Giornata mondiale per le vocazioni, in programma domani 25 aprile, al tema “San Giuseppe: il sogno della vocazione”: «Di questo hanno bisogno il sacerdozio e la vita consacrata, oggi in modo particolare, in tempi segnati da fragilità e sofferenze dovute anche alla pandemia, che ha originato incertezze e paure circa il futuro e il senso stesso della vita – sottolinea il Papa citando la Patris corde e definendo San Giuseppe “una figura straordinaria, al tempo stesso tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi” -. San Giuseppe non strabiliava, non era dotato di carismi particolari, non appariva speciale agli occhi di chi lo incontrava. Non era famoso e nemmeno si faceva notare. I Vangeli non riportano nemmeno una sua parola. Eppure, attraverso la sua vita ordinaria, ha realizzato qualcosa di straordinario agli occhi di Dio. Dio vede il cuore e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. A questo tendono le vocazioni, a generare e rigenerare vite ogni giorno».

Dunque, di San Giuseppe il Pontefice ha fatto l’elogio della sua sobrietà: «Dio – spiega il Santo Padre – non ama rivelarsi in modo spettacolare, forzando la nostra libertà. Egli ci trasmette i suoi progetti con mitezza; non ci folgora con visioni splendenti, ma si rivolge con delicatezza alla nostra interiorità, facendosi intimo a noi e parlandoci attraverso i nostri pensieri e i nostri sentimenti. E così, come fece con San Giuseppe, ci propone traguardi alti e sorprendenti. I sogni portarono Giuseppe dentro avventure che mai avrebbe immaginato. Il primo ne destabilizzò il fidanzamento, ma lo rese padre del Messia; il secondo lo fece fuggire in Egitto, ma salvò la vita della sua famiglia. Dopo il terzo, che preannunciava il ritorno in patria, il quarto gli fece ancora cambiare i piani, riportandolo a Nazareth, proprio lì dove Gesù avrebbe iniziato l’annuncio del Regno di Dio. In tutti questi stravolgimenti, il coraggio di seguire la volontà di Dio si rivelò dunque vincente».

Questo il grande pregio del patrono della Chiesa universale: «San Giuseppe ci viene incontro con la sua mitezza, da Santo della porta accanto – osserva Papa Bergoglio -. Al contempo la sua forte testimonianza può orientarci nel cammino. Tutti nella vita sognano di realizzarsi. Ed è giusto nutrire grandi attese, aspettative alte che traguardi effimeri – come il successo, il denaro e il divertimento – non riescono ad appagare. In effetti, se chiedessimo alle persone di esprimere in una sola parola il sogno della vita, non sarebbe difficile immaginare la risposta “amore”. È l’amore a dare senso alla vita, perché ne rivela il mistero. La vita, infatti, si ha solo se si dà, si possiede davvero solo se si dona pienamente. San Giuseppe ha molto da dirci in proposito, perché, attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato, ha fatto della sua esistenza un dono».

Ma per seguire l’esempio di San Giuseppe occorre avere fede, un’azione non facile da intraprendere: «Non c’è fede senza rischio – avverte Papa Francesco -. La chiamata divina spinge sempre a uscire, a donarsi, ad andare oltre – aggiunge ancora il Papa riferendosi a San Giuseppe, che «si lasciò guidare dai sogni senza esitare» -. Solo abbandonandosi fiduciosamente alla grazia, mettendo da parte i propri programmi e le proprie comodità, si dice davvero “sì” a Dio. E ogni “sì” porta frutto, perché aderisce a un disegno più grande, di cui scorgiamo solo dei particolari, ma che l’Artista divino conosce e porta avanti, per fare di ogni vita un capolavoro. In questo senso, San Giuseppe rappresenta un’icona esemplare dell’accoglienza dei progetti di Dio. La sua è però un’accoglienza attiva. Mai rinunciatario o arrendevole, egli non è un uomo rassegnato passivamente. Il suo è un coraggioso e forte protagonismo». Da qui l’auspicio del Santo Padre: «Possa egli aiutare tutti, soprattutto i giovani in discernimento – afferma -, a realizzare i sogni di Dio per loro. Possa egli ispirare l’intraprendenza coraggiosa di dire ‘sì’ al Signore, che sempre sorprende e mai delude!».

Successivamente, Francesco ha ripreso a tratteggiare l’esempio virtuoso di San Giuseppe: «Il servizio, espressione concreta del dono di sé – ricorda il Papa -, non fu per San Giuseppe solo un alto ideale, ma divenne regola di vita quotidiana. Egli si diede da fare per trovare e adeguare un alloggio dove far nascere Gesù. Si prodigò per difenderlo dalla furia di Erode organizzando un tempestivo viaggio in Egitto; fu lesto nel tornare a Gerusalemme alla ricerca di Gesù smarrito; mantenne la famiglia lavorando, anche in terra straniera. Si adattò, insomma, alle varie circostanze con l’atteggiamento di chi non si perde d’animo se la vita non va come vuole, con la disponibilità di chi vive per servire. Con questo spirito Giuseppe accolse i numerosi e spesso imprevisti viaggi della vita. Da Nazareth a Betlemme per il censimento, poi in Egitto e ancora a Nazaret, e ogni anno a Gerusalemme, ben disposto ogni volta a venire incontro a circostanze nuove, senza lamentarsi di quel che capitava, pronto a dare una mano per aggiustare le situazioni. Si può dire che sia stato la mano protesa del Padre celeste verso il suo Figlio in terra. Non può dunque che essere modello per tutte le vocazioni, che a questo sono chiamate, a essere le mani operose del Padre per i suoi figli e le sue figlie».

Dalle Sacre Scritture, dunque, emerge un’immagine di San Giuseppe assolutamente nitida: «Dai Vangeli emerge come egli visse in tutto per gli altri e mai per sé stesso – ribadisce Bergoglio -. Il Popolo santo di Dio lo chiama castissimo sposo, svelando con ciò la sua capacità di amare senza trattenere nulla per sé. Liberando l’amore da ogni possesso, si aprì infatti a un servizio ancora più fecondo. La sua cura amorevole ha attraversato le generazioni, la sua custodia premurosa lo ha reso patrono della Chiesa. È anche patrono della buona morte, lui che ha saputo incarnare il senso oblativo della vita. Dalla sua disponibilità a servire deriva la sua cura nel custodire». Per questo il Papa ha definito San Giuseppe “custode delle vocazioni”: «“Si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre”, dice il Vangelo – ricorda il Pontefice -, segnalandone la prontezza e la dedizione per la famiglia. Non perse tempo ad arrovellarsi su ciò che non andava, per non sottrarne a chi gli era affidato. Questa cura attenta e premurosa è il segno di una vocazione riuscita. È la testimonianza di una vita toccata dall’amore di Dio. Che bell’esempio di vita cristiana offriamo quando non inseguiamo ostinatamente le nostre ambizioni e non ci lasciamo paralizzare dalle nostre nostalgie, ma ci prendiamo cura di quello che il Signore, mediante la Chiesa, ci affida! Allora Dio riversa il suo Spirito, la sua creatività, su di noi; e opera meraviglie, come in Giuseppe».

Per questo, a detta del Santo Padre, San Giuseppe è l’uomo giusto: «Che nel silenzio operoso di ogni giorno – denota – persevera nell’adesione a Dio e ai suoi piani. In un momento particolarmente difficile si mette a considerare tutte le cose. Medita, pondera. Non si lascia dominare dalla fretta, non cede alla tentazione di prendere decisioni avventate, non asseconda l’istinto e non vive all’istante. Tutto coltiva nella pazienza. Sa che l’esistenza si edifica solo su una continua adesione alle grandi scelte. Ciò corrisponde alla laboriosità mansueta e costante con cui svolse l’umile mestiere di falegname, per il quale non ispirò le cronache del tempo, ma la quotidianità di ogni padre, di ogni lavoratore, di ogni cristiano nei secoli. Perché la vocazione, come la vita, matura solo attraverso la fedeltà di ogni giorno». 

E questa fedeltà quotidiana, che vede in San Giuseppe un fulgido esempio, per il Santo Padre è il segreto della gioia: «Nella casa di Nazareth, dice un inno liturgico – conclude Papa Francesco -, c’era una limpida gioia. Era la gioia quotidiana e trasparente della semplicità, la gioia che prova chi custodisce ciò che conta: la vicinanza fedele a Dio e al prossimo. Come sarebbe bello se la stessa atmosfera semplice e radiosa, sobria e speranzosa, permeasse i nostri seminari, i nostri istituti religiosi, le nostre case parrocchiali!».

About Davide De Amicis (4516 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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