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“Le piaghe dell’umanità sono quelle di Gesù, curiamole e porteremo la fede”

"Che questo giorno della Divina misericordia – auspica l'arcivescovo Valentinetti – si stampi sempre di più nel nostro cuore. Troveremo il perdono dei peccati, troveremo l’abbondanza dello Spirito, troveremo la gioia di sentirci finalmente salvati e redenti. Non più soli, ma realmente convinti che come popolo santo di Dio, siamo pronti a rendere la nostra testimonianza e soprattutto a ridire a tutti che Cristo risorto è il nostro Signore, è il nostro Dio"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa nella Domenica della Divina misericordia

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia

È stata incentrata sui tre doni fatti ai discepoli da Gesù, apparendo a loro la sera di Pasqua, l’omelia della santa messa nella Domenica della Divina misericordia che l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha presieduto ieri nel Santuario della Divina misericordia a Pescara: «Innanzitutto il dono della pace – spiega il presule -. Più volte saluta i suoi discepoli con la frase “Pace a voi”. Il secondo dono è lo Spirito Santo. Soffiò e disse “Ricevete lo Spirito Santo”. E infine il terzo dono è il perdono dei peccati. “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”. È proprio in forza di questo terzo dono della Pasqua, che San Giovanni Paolo II ha voluto che in questa domenica, particolarmente, si contemplasse la Divina misericordia, facendo tesoro delle rivelazioni di Gesù a Santa Faustina Kowalska. L’effige di Gesù che avete davanti a voi – precisa l’arcivescovo rivolgendosi ai fedeli presenti -, è proprio quella che Santa Faustina ha cercato di descrivere nel momento in cui il Signore gli ha fatto questa rivelazione».

L’altare con ai piedi l’icona della Divina misericordia

Fatta questa premessa, l’arcivescovo di Pescara-Penne è tornato ad approfondire i tre doni essendo essi collegati fra loro: «Ma la misericordia – sottolinea – è connaturale alla pace, perché quale pace è venuto a portare il Signore Gesù? È venuto a portare la pace fra il cielo e la terra. L’uomo non aveva più l’impossibilità di incontrare Dio, l’uomo aveva finalmente superato tutto quel bagaglio di fatica e di difficoltà. Non doveva più ingraziarsi la benevolenza di Dio, perché Dio era benevolo per sua natura. E tutto questo è stato manifestato nella vita stessa di Gesù, che era venuto a mostrare il volto misericordioso del Padre. Ma per accogliere la misericordia, per accogliere il perdono dei peccati, perché questo si potesse perpetuare nel tempo, occorreva che ci fossero uomini i quali accogliessero il dono dello Spirito e fossero pronti a donare misericordia nei confronti di tutta l’umanità. Ed ecco perché i tre regali che Gesù ha fatto quella sera, frutto della sua resurrezione».

Quindi monsignor Valentinetti ha ribadito come questi ultimi siano stati regali impegnativi: «Perché la pace – denota – è quella tra il cielo e la terra, è la pace del cuore, la pace dell’anima, la pace dello Spirito, la pace della mente, la pace tra le persone, fra i popoli. Il perdono dei peccati è la capacità di conversione, di tornare continuamente al Signore, è l’accoglienza del dono dello Spirito. Ma per interpretare attentamente questi tre doni, occorre fare un salto di qualità. Occorre la fede, occorre che colui che vuole mettersi dentro questa lunghezza d’onda abbia la capacità di credere. E nel Vangelo di Giovanni, nell’ultimo versetto della pagina proclamata, abbiamo ascoltato “Molti segni fece Gesù e non sono stati scritti, ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio. E perché credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Ma anche la seconda lettura ha avuto un passaggio importante riguardo a questa prerogativa della fede “Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo e questa è la vittoria che ha vinto il mondo, la nostra fede”».

E paradossalmente, a detta del presule, è proprio Tommaso a doversi considerare un campione della fede: «Che non vuole credere – ricorda -, che non vuole assolutamente accettare come quel Maestro che aveva seguito sulle vie della Palestina – e che purtroppo era stato appeso alla croce – fosse risorto. Pertanto quando gli altri amici gli dicono “Abbiamo visto il Signore”, la sua richiesta è precisa e netta “Se non metto il mio dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non crederò”. Perché Tommaso vuole vedere le piaghe del Signore? Perché le piaghe sono il segno di una realtà umana, che si è totalmente donata fino alla morte. Certo, Tommaso vuole vedere se colui che era stato appeso alla croce, era lo stesso che era apparso ai suoi amici. Ma forse, dentro il desiderio di Tommaso, c’era qualcosa di ancora più profondo. Per acquistare il dono della fede nel Risorto, non bisogna mai smettere di fissare lo sguardo sulle piaghe gloriose di Cristo Gesù. Per avere la fede, bisogna avere il coraggio di guardare le piaghe».

I fedeli presenti nel Santuario della Divina misericordia

Da qui il riferimento all’attualità, con un invito rivolto dall’arcivescovo Valentinetti ai fedeli: «Cari fratelli, care sorelle – esorta -, anche a noi oggi viene chiesto un salto di qualità. Anche a noi viene detto di vivere la fede, anche a noi viene detto “Non siate non credenti, ma credenti. Non siate senza fede, ma siate con la fede”. Ma se vogliamo realmente fare questo scatto di qualità, non possiamo volgere lontano lo sguardo dalle piaghe di Gesù stampate sulla vita dell’umanità. Le piaghe di questo tempo, le piaghe di tanti morti, le piaghe di tante famiglie in difficoltà, nel dolore, che hanno vissuto e vivono il dramma della malattia e della pandemia; il dramma di famiglie che sono entrate in difficoltà economica e di nuovi poveri che si affacciano sempre di più nella nostra società. Non possiamo volgere lontano lo sguardo dalle piaghe dell’umanità, perché esse sono le piaghe di Gesù Cristo e vanno contemplate, curate, amate, lenite, perché così saremo portatori di resurrezione e di fede nella storia dell’umanità. E allora saremo capaci di dire con Tommaso “Mio Signore e mio Dio” e non avremo bisogno di vedere le piaghe solo rappresentate dal crocifisso, ma saremo totalmente immersi in una storia che ci ricorda costantemente quanto sia importante condividere le piaghe, l’amore e la resurrezione di Cristo Gesù».

Infine l’auspicio finale espresso dall’arcivescovo di Pescara-Penne: «Che questo giorno della Divina misericordia – conclude – si stampi sempre di più nel nostro cuore. Troveremo il perdono dei peccati, troveremo l’abbondanza dello Spirito, troveremo la gioia di sentirci finalmente salvati e redenti. Non più soli, ma realmente convinti che come popolo santo di Dio, siamo pronti a rendere la nostra testimonianza e soprattutto a ridire a tutti che Cristo risorto è il nostro Signore, è il nostro Dio».

About Davide De Amicis (4516 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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