Cei: “Esplose faglie sociali tra i più ricchi e i sempre più poveri”
"Occorrono - sottolineano i vescovi italiani - politiche adeguate e coraggiose, capaci di sostenere cittadini e famiglie, in particolare i più fragili, e di dare anima e corpo alla ripresa"

È stata presentata ieri la relazione conclusiva del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana, che si è svolto a Roma dal 22 al 24 marzo per la sua sessione primaverile: «Il difficile momento che l’Italia e il mondo intero stanno attraversando a causa della pandemia e del suo drammatico ‘effetto domino’ sulla salute, sul lavoro, sull’economia e sull’educazione – scrive la Cei – è stato al centro della riflessione dei vescovi che hanno ancora una volta espresso la loro preoccupazione per la tenuta sociale del Paese». In particolare, i vescovi rilevano l’esplosione di vere e proprie “faglie sociali” tra i più ricchi e i sempre più poveri. Un fatto che richiama a un forte senso di responsabilità che deve accomunare le istituzioni, sia quelle civili sia quelle religiose».
Da qui la richiesta dei presuli di «una maggiore presenza, materiale e spirituale, per evitare che la forbice delle disuguaglianze continui ad allargarsi, recidendo certezze e prospettive, compromettendo lo sviluppo dell’intero sistema nazionale e gettando nelle braccia della criminalità e dell’usura chi non vede una via d’uscita. Occorrono politiche adeguate e coraggiose, capaci di sostenere cittadini e famiglie, in particolare i più fragili, e di dare anima e corpo alla ripresa».
A tal proposito, i vescovi italiani indicano una proposta concreta da attuare per coloro che si trovano in situazioni debitorie: «Promuovere – illustra il Consiglio episcopale permanente – un’efficace rete di supporto e di consiglio che permetta loro di orientarsi correttamente ai primi segnali di crisi senza attendere l’aggravarsi di situazioni difficili. Bisogna poi elaborare progetti innovativi ed efficaci che aiutino quei piccoli imprenditori la cui attività, pur essendo momentaneamente in crisi, mostra però una sostenibilità prospettica». Inoltre, i presuli hanno posto l’attenzione sulla questione occupazionale: «Che non può più essere disgiunta da quella ambientale – sottolineano -. Solo mettendo in campo azioni concertate e concrete – hanno evidenziato i membri del Consiglio permanente – si può dunque parlare di futuro in termini realistici e possibili». Tra gli altri temi trattati anche quello della denatalità, con l’impegno di «restituire fiducia e speranza ai giovani», la povertà educativa e l’importanza della campagna vaccinale, «da sostenere e implementare».
E nel Consiglio episcopale permanente si è discusso anche sul cammino sinodale a cui, dopo l’invito di Papa Francesco, la Chiesa italiana è avviata: «Questo tempo, segnato da una certa stasi e dalla fatica diffusa – osservano i vescovi della Cei -, può diventare terreno fertile per stimolare, accompagnare e orientare la rigenerazione, rafforzando quanto di buono e di bello è già in atto, riaccendendo la passione pastorale, prendendo sul serio l’invito a rinnovare l’azione attraverso un costante discernimento comunitario. Per i vescovi, è il momento di abbandonare quelle sovrastrutture che sanno di stantio e di ripetitivo, di recuperare il senso della verifica e il valore della progettualità che impongono scelte concrete, a volte di rottura o, comunque sia, non in linea con il ‘si è sempre fatto così’. Un modus operandi che può aprire responsabilmente all’ascolto del cambiamento d’epoca e iniziare a camminare insieme. In quest’ottica, il cammino sinodale, sollecitato da Papa Francesco, non si configura come un percorso precostituito, ma come un processo scandito dal ritmo della comunione, da slanci e ripartenze. Se la grande sfida è la conversione missionaria della pastorale e delle comunità, ciò che serve è un metodo sinodale che aiuti a mettere a fuoco il mutamento in corso, a intercettare le istanze delle diverse componenti del popolo di Dio, a valorizzare le peculiarità pastorali delle Regioni ecclesiastiche e delle diocesi, delle parrocchie e delle realtà ecclesiali tenendo in considerazione la storia, la ricchezza e i bisogni dei rispettivi contesti. Sarà importante mettersi in ascolto attento delle persone e dei territori per entrarvi in relazione, coglierne le paure e le attese, scorgervi la presenza di Dio».
Infine è emersa ancora una precisazione sul cammino sinodale: «Più che un contenuto – concludono i presuli -, il cammino sinodale deve configurarsi come uno stile capace di trasformare il volto della Chiesa che è in Italia. Il sogno, condiviso, è che ogni comunità possa acquisire uno stile sinodale. In quest’orizzonte, è necessario combattere ogni autoreferenzialità e individualismo, non avere paura di mettersi in discussione e di rendere i laici protagonisti di un cammino che ha nell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco la bussola e nell’esperienza del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze una base da cui partire». La questione del cammino sinodale, delle sue modalità di attuazione e dei tempi di realizzazione sarà discussa durante la prossima Assemblea generale, che dovrebbe svolgersi a Roma dal 24 al 27 maggio 2021.