Covid-19, scuola: “Nel mondo i ragazzi ne hanno persa 74 giorni in un anno”
"In Italia – precisa la nota ong, facendo riferimento ai dati sulla frequenza in presenza degli alunni nelle scuole di ogni ordine e grado - gli studenti si sono trovati a frequentare i loro istituti scolastici anche per molto meno della metà dei giorni teoricamente previsti"
Mentre le scuole italiane sono state già chiuse o stanno chiudendo sotto i colpi della variante inglese di Covid-19, per arginarne il contagio, a pagarne le spese dal punto di vista del diritto all’istruzione sono ovviamente gli studenti: «A un anno dall’inizio della pandemia di Covid-19 – rileva Save the children, attraverso i dati diffusi in occasione del primo anniversario dall’inizio della pandemia -, bambini e adolescenti di tutto il mondo hanno perso in media 74 giorni di istruzione ciascuno, più di un terzo dell’anno scolastico medio globale di 190 giorni». È quanto emerge dai dati diffusi oggi da Save the Children, in occasione dell’anniversario della pandemia di Covid-19. A livello globale, si stima che 112 miliardi di giorni di istruzione siano stati persi complessivamente e che siano stati i bambini più poveri del mondo a essere colpiti in modo sproporzionato».
E non è tutto, perché una nuova analisi condotta dall’organizzazione umanitaria – a livello internazionale su 194 Paesi e diverse regioni – ha dimostrato che «i minori in America Latina, nei Caraibi e nell’Asia meridionale hanno perso quasi il triplo dell’istruzione dei coetanei dell’Europa occidentale». Insomma, un quadro desolante: «Quasi un anno dopo la dichiarazione ufficiale della pandemia globale – rileva Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the children Italia -, centinaia di milioni di bambini e adolescenti rimangono fuori dalla scuola. La più grande emergenza educativa della storia ha ampliato il divario tra i Paesi e all’interno dei Paesi stessi, come quello tra le famiglie più ricche e quelle più povere, tra i bambini che abitano nelle aree urbane e quelle rurali, tra i rifugiati o sfollati e le popolazioni ospitanti, tra i minori con disabilità e quelli senza. È necessario agire in modo strutturato e globale, per garantire che non siano i più piccoli a pagare il prezzo di questa pandemia».
Anche il quadro italiano non è da meno: «In Italia – precisa la nota ong, facendo riferimento ai dati sulla frequenza in presenza degli alunni nelle scuole di ogni ordine e grado – gli studenti si sono trovati a frequentare i loro istituti scolastici anche per molto meno della metà dei giorni teoricamente previsti». L’indagine ha preso in esame 8 capoluoghi di provincia non con l’obiettivo di fare una classifica di merito, ma di fotografare la situazione ad oggi, anche in vista di nuovi possibili provvedimenti di chiusura delle scuole, in considerazione dell’aggravarsi della situazione sanitaria: «Nel corrente anno scolastico, da settembre 2020 a fine febbraio 2021 – illustra l’organizzazione -, i bambini delle scuole dell’infanzia a Bari, per esempio, hanno potuto frequentare di persona 48 giorni sui 107 previsti, contro i loro coetanei di Milano che sono stati in aula tutti i 112 giorni in calendario. Gli studenti delle scuole medie a Napoli sono andati a scuola 42 giorni su 97, mentre quelli di Roma sono stati in presenza per tutti i 108 giorni previsti. Per quanto riguarda le scuole superiori, i ragazzi e le ragazze di Reggio Calabria hanno potuto partecipare di persona alle lezioni in aula per 35,5 giorni contro i 97 del calendario, i loro coetanei di Firenze sono andati a scuola 75,1 giorni su 106. La pandemia che lo scorso anno ha costretto gli studenti a interrompere bruscamente la loro presenza a scuola tre mesi prima della conclusione dell’anno scolastico, ha duramente segnato anche nel 2020/21 la loro possibilità di frequentare le aule scolastiche. Inoltre, i dati evidenziano forti differenze fra le città, legate all’andamento del rischio di contagio così come alle differenti scelte amministrative. I numeri rilevati si riferiscono alle giornate scolastiche vissute in presenza, evidenziando quei territori dove gli studenti hanno fruito di periodi più lunghi di didattica a distanza, con le difficoltà che questo ha comportato in termini di accessibilità e per la perdita di opportunità relazionali dirette tra pari e con i docenti».
Queste disparità non possono lasciare indifferenti: «Sappiamo bene – sottolinea Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – quanto le diseguaglianze territoriali abbiano condizionato in Italia, già prima della pandemia, la povertà educativa dei bambini, delle bambine e dei ragazzi, a causa di gravi divari nella offerta di servizi per la prima infanzia, tempo pieno, mense, servizi educativi extrascolastici. Ora anche il numero di giorni in cui le scuole, dall’infanzia alle superiori, hanno garantito l’apertura nel corso della seconda ondata Covid mostra una fotografia dell’Italia fortemente diseguale e rivela come proprio alcune tra le regioni particolarmente colpite dalla dispersione scolastica, già prima della pandemia, siano quelle in cui si è assicurato il minor tempo scuola in presenza per i bambini e i ragazzi. Il rischio è dunque quello di un ulteriore ampliamento delle diseguaglianze educative».
Da qui l’appello di Save the children: «Anche alla luce dei nuovi sviluppi della pandemia – esorta la Milano -, occorre mettere la scuola concretamente al primo posto, facendo ogni possibile sforzo per assicurare la prevenzione e la tutela della salute per gli studenti e il personale scolastico e mantenere le scuole aperte in sicurezza, ricorrendo alla didattica a distanza solo nei casi di acclarata impossibilità di proseguire le lezioni in aula. Allo stesso tempo, è necessario predisporre programmi e risorse che sin da subito e nel medio e lungo periodo – compreso il periodo estivo – consentano ai bambini e ai ragazzi dei contesti più deprivati che hanno subìto più a lungo periodo la lontananza dalla scuola e le maggiori difficoltà nella didattica a distanza, di poter superare questo gap di apprendimento e di socialità. La scuola non può essere lasciata da sola di fronte a questa sfida ed è essenziale il coinvolgimento di tutte le risorse civiche e associative dei territori, con lo sviluppo dei patti educativi di comunità. Nel momento in cui tutte le categorie del Paese denunciano, comprensibilmente, la perdita di fatturato economico del proprio settore, occorre prestare attenzione ad una perdita meno visibile nell’immediato, ma estremamente grave per il futuro di intere generazioni».
Un contesto, quest’ultimo, confermato dal vissuto e dalle emozioni provate nell’anno trascorso dalle ragazze e ragazzi beneficiari del progetto “Fuoriclasse” di Save the Children per il contrasto della dispersione scolastica, raccolte in un video diffuso oggi dall’organizzazione.