Povertà educativa: “Il 54% dei ragazzi svantaggiati è insufficiente in italiano”
"In questa fase di grandi difficoltà - sottolinea Marco Rossi-Doria, vice presidente di Con i bambini - i ragazzi dovrebbero rappresentare il fulcro di qualsiasi ripartenza. Dobbiamo loro grandi opportunità. Con la pandemia le disuguaglianze sociali ed educative crescono e aggravano una situazione caratterizzata da grandi divari strutturali"

Sono le condizioni di partenza ad incidere sui divari educativi. Lo ha rilevato il rapporto nazionale “Scelte compromesse. Gli adolescenti in Italia, tra diritto alla scelta e povertà educativa minorile” dell’Osservatorio #conibambini, promosso da Openpolis e Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Ed è proprio nell’adolescenza, secondo il rapporto presentato ieri online, che emergono in modo forte i divari negli apprendimenti: «Troppo spesso collegati con l’origine sociale – continua l’analisi -, che avranno un’influenza nella successiva scelta di abbandonare la scuola. L’abbandono scolastico prima del tempo, più frequente dove ci sono fragilità sociali, è l’emblema di un diritto alla scelta che è stato compromesso. E spesso non è che la punta dell’iceberg. Dietro ogni ragazzo e ragazza che lascia la scuola anzitempo, ci sono tanti fallimenti educativi che non possono essere considerati solo problemi individuali o delle istituzioni scolastiche. Sono fallimenti per l’intera società nel preparare la prossima generazione di adulti».
Del resto, i dati parlano chiaro: «Chi ha alle spalle una famiglia con status socio-economico-culturale alto – spiega lo studio -, nel 54% dei casi raggiunge risultati buoni o ottimi nelle prove di italiano. Per i loro coetanei più svantaggiati, nel 54% dei casi il risultato è insufficiente. E i 2/3 dei figli con entrambi i genitori senza diploma non si diplomano a loro volta». Questo spiega dove si trovano, geograficamente, anche i cosiddetti “neet” (coloro che non studiano, non lavorano e non lo cercano): «I giovani che non lavorano e non studiano – precisa il rapporto – spesso si concentrano nelle zone socialmente ed economicamente più deprivate».
Ma è anche la cittadinanza un fattore che interviene nel determinare il divario educativo dello studente: «È del 25,2% – approfondisce lo studio dell’Osservatorio #conibambini – il divario tra l’abbandono dei giovani con cittadinanza straniera e i loro coetanei. In Italia un adolescente su 12 ha una cittadinanza diversa da quella italiana. Poco meno di 200mila persone, contando i minori stranieri dai 14 anni in su. Oltre 300mila ragazze e ragazzi, se si considerano i residenti tra 11 e 17 anni. Nel caso degli adolescenti senza la cittadinanza italiana, sono diversi i segnali che indicano come particolarmente forte la minaccia della povertà educativa. Dalle difficoltà di inserimento nel percorso scolastico, alle disuguaglianze nell’accesso agli indirizzi delle scuole superiori. Fino all’abbandono precoce degli studi, fenomeno particolarmente preoccupante tra i giovani».
E già dal 2019 c’è anche la povertà economica a determinare quella educativa: «Il 9,2% delle famiglie con almeno un figlio – prosegue lo studio – si trovava in povertà assoluta (contro una media del 6,4%). Quota che tra i nuclei con 2 figli supera il 10% e con 3 o più figli raggiunge addirittura il 20,2%». Ma non solo: «Ci sono anche i divari territoriali e nella condizione abitativa – rilevano i dati -, con il 41,9% dei minori vive in una abitazione sovraffollata».
Un’ulteriore criticità è inoltre rappresentata dai divari tecnologici: «Prima dell’emergenza – denota lo studio – il 5,3% delle famiglie con un figlio dichiarava di non potersi permettere l’acquisto di un computer. E appena il 6,1% dei ragazzi tra 6-17 anni viveva in una casa con disponibilità di almeno un pc per ogni membro della famiglia. L’esperienza della pandemia è stata ed è spesso tuttora vissuta in modo molto diverso sul territorio nazionale, con effetti che gravano soprattutto sui minori e le loro famiglie».

Da qui l’invito a rimettere i ragazzi al centro: «In questa fase di grandi difficoltà – ammonisce Marco Rossi-Doria, vice presidente di Con i bambini -, i ragazzi dovrebbero rappresentare il fulcro di qualsiasi ripartenza. Dobbiamo loro grandi opportunità. Con la pandemia le disuguaglianze sociali ed educative crescono e aggravano una situazione caratterizzata da grandi divari strutturali. La povertà educativa, come evidenzia il report, ha spesso origine in queste disparità, non solo economiche, ma sociali e culturali. È un fenomeno che non può riguardare solo la scuola o le singole famiglie, ma chiama in causa l’intera ‘comunità educante’ perché riguarda il futuro del Paese».
Dunque la responsabilità di questo divario educativo, non può essere attribuita ai giovani: «Non dovremmo criminalizzare i ragazzi, come spesso accade, per alcuni comportamenti devianti o relegarli ad un ruolo passivo – conclude Rossi-Doria -. Credo fortemente che siano una generazione migliore, hanno dimostrato grande senso di responsabilità, dovrebbero partecipare attivamente alle scelte che incidono sul futuro loro e, di conseguenza, del Paese».