Dialogo cattolici-ebrei: “Come disse Pio XI, siamo tutti spiritualmente semiti”
"Quando si insinua un seme di odio e violenza nella società - osserva Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma -, il sistema di uno Stato crolla. Dobbiamo raccontare la storia, contro ogni negazionismo e fake news che in futuro possano negare quanto è realmente accaduto"

«Una giornata importante, per abbattere i muri dell’odio in ogni sua forma, riconoscersi fratelli, azzittire i “profeti di sventura». È stata presentata così la XXXI Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che si è celebrata ieri nelle diocesi italiane alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) e a pochi giorni dal Giorno della memoria (27 gennaio).
Varie le iniziative (incontri e tavole rotonde) messe in campo soprattutto per approfondire la conoscenza delle radici ebraiche della fede cattolica: «Negli ultimi anni – spiega don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso – sul tavolo dell’amicizia e della fraternità sono stati aperti alcuni rotoli delle Meghillot. Nel 2020 verrà aperto quello del Cantico dei Cantici. Ci auguriamo che attorno a questi tavoli possano sedersi donne e uomini di generazioni diverse. Ci sta a cuore consegnare e trasmettere alle nuove generazioni i testi sacri dai quali e grazie ai quali conosciamo le nostre radici, senza i quali la nostra civiltà non solo si impoverisce, ma rischia di essere in balia dei profeti di sventura che sono sempre pronti ad alzare la cresta. Dai cori vergognosi negli stadi agli atti di vero e proprio vandalismo contro luoghi di culto ebraici e della memoria». Rispetto a tutto ciò, don Savina è stato categorico: «I fatti di antisemitismo e di antigiudaismo di questi ultimi giorni – sottolinea – ci fanno conoscere la drammatica realtà. L’indifferenza e l’ignoranza vanno combattute con tutte le nostre forze, a partire dalla corretta conoscenza dei testi delle Scritture».
E a spiegare ulteriormente il significato della Giornata di approfondimento del dialogo tra ebrei e cristiani cattolici è stato monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo: «Gesù era ebreo, come lo erano Maria, Giuseppe e gli apostoli – ricorda il presule, intervistato dall’agenzia di stampa Sir -. Siamo tutti – come disse Pio XI in tempi molto tragici – spiritualmente semiti. Vogliamo invitare le comunità a vivere e capire il mondo ebraico come una realtà di uomini e donne che sono in mezzo a noi e che vivono una lunga tradizione di fede, che è all’origine della nostra fede cristiana».
Del resto, presentando la Giornata, il presule ha rilanciato dati preoccupanti. Nel 2016 sono stati postati on line 382 mila post antisemiti, 43,6 post all’ora, uno ogni 83 secondi. Di questi, 2.700 sono apparsi sui social network italiani. Si è anche calcolato che nel periodo di tempo 1-24 gennaio 2018, sono stati pubblicati 23 post all’ora per complessivi 550 post giornalieri che contenevano espressioni antisemite e neonaziste, 4,5 post all’ora e 108 post giornalieri che negavano la Shoah: «Spero che l’Europa – commenta monsignor Spreafico – abbia imparato la lezione del dramma della guerra. 70 milioni di morti, 6 milioni di ebrei sterminati, senza dimenticare che con loro furono uccisi anche 500 mila zingari, oltre agli oppositori politici, preti e tanti altri. Spero davvero che questa memoria sia viva ancora oggi, ma averla viva oggi vuol dire anche preservarci dal ritornare ad una mentalità di esclusione dell’altro. L’antisemitismo non è altro che l’espressione più tragica di una forma di esclusione che diventa nella nostra società odio per lo straniero, insofferenza per l’immigrato, razzismo, scarto di chi è più debole, più povero, di chi è anziano. Ce ne sono tante di esclusioni nel nostro mondo. Troppe».
Per combattere queste dinamiche, il presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo ha indicato due vie, l’incontro e l’amicizia: «La prima – approfondisce – è la via maestra. Dobbiamo incontrarci per conoscerci e ascoltarci. La via dell’amicizia è via di dialogo e nel dialogo provare a costruire una cultura in cui, nella differenza, proviamo a capirci e aiutarci insieme a costruire una cultura pacifica nel mondo in cui siamo».
Un appello, quest’ultimo, che il vescovo di Frosinone ha rivolto in modo particolare ai giovani che in 400, ieri, si sono riuniti nell’aditorium diocesano ciociaro: «Cari giovani – esorta il vescovo -, siate contro un modo di vivere basato sull’odio e che spesso nasce on line per espandersi nella vita reale. Quando metti “mi piace” a un demente che scrive un post di odio sei complice. La complicità aumenta l’odio e fa vivere male tutti».
Quindi monsignor Ambrogio Spreafico ha messo in evidenza come «l’antisemitismo sia naturalmente da rigettare. Dal Concilio Vaticano II, da Giovanni XXIII fino a Francesco, abbiamo riscoperto le nostre radici ebraiche per costruire una storia comune, grazie alla fede, pur nelle diversità. Se oggi le religioni hanno compreso, pur con fatica, che la differenza arricchisce, si va affermando una religione laica identitaria “contro” l’altro, che rappresenta un grande pericolo sociale. Il dialogo non è cedevole, ma porta ad accogliere e apprezzare la convivenza nella diversità».
Al centro del dibattito – sulle radici di ebraismo e cristianesimo, la loro realtà attuale in Italia e la sfida per il dialogo – è stata poi la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello: «Non è importante tanto dare definizioni – afferma -, ma comprendere, così da poter dialogare e lasciare le porte aperte. Il significato dell’appartenenza al popolo ebraico ha origini lontanissime e ci identifica intorno a una fede e a modelli di vita e regole quotidiane. Oggi siamo una voce che in Italia si connota su valori sociali e culturali».
Ai giovani, la Dureghello ha testimoniato come la necessità di studiare trasmessa dalla cultura ebraica «ha reso quasi nullo il numero di analfabeti ed è stata in contrasto con l’ignoranza del popolo su cui alcuni potenti e ideologie, nei secoli, hanno basato il proprio dominio. Quando si insinua un seme di odio e violenza nella società, il sistema di uno Stato crolla. Per questo lavoriamo con monsignor Spreafico per il dialogo e la sensibilizzazione delle nuove generazioni. Dobbiamo raccontare la storia, contro ogni negazionismo e fake news che in futuro possano negare quanto è realmente accaduto».