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Concezione dell’emigrazione nel Beato Giovanni Battista Scalabrini

Il Beato Giovanni Battista Scalabrini fondò nel 1892 la Congregazione dei Missionari per gli emigrati con il nome di Missionari di San Carlo, più conosciuti come Scalabriniani, oggi attivi nell’apostolato a favore degli emigrati in 21 Paesi nel mondo. La visione di Scalabrini si fonda sulla convinzione che l’assistenza a favore degli emigranti debba essere integrale: partire dall’azione religiosa per arrivare alla tutela morale, sanitaria e sindacale. A tutti deve essere garantita la «libertà di emigrare», a patto che un altrettanto inalienabile criterio regoli il fenomeno immigratorio: le leggi devono sempre bandire del tutto «l’emigrazione indotta da agenti di emigrazione senza scrupoli», veri sensali di carne umana che spogliano il povero emigrante dal luogo di partenza a quello di arrivo. Ieri come oggi.

Emigrazione e Chiesa. L’attualità del binomio che rimbalza tra spaccature e convergenze sulle pagine di cronaca, svolgendo e riavvolgendo pensieri sempre uguali, ci suggerisce di tirare un lungo respiro di memoria per raccontare la storia del beato Giovanni Battista Scalabrini, nato a Como l’8 luglio 1839. Fu uomo, sacerdote, parroco, vescovo, fondatore nel 1892 della Congregazione dei Missionari per gli emigrati con il nome di Missionari di San Carlo, conosciuti nel mondo come Scalabriniani. Tra i tanti meriti fu soprattutto un uomo di Chiesa con una precisa concezione del fenomeno migratorio di cui vale la pena sottolineare i principali elementi.

Ingresso nella diocesi di Piacenza il 13 febbraio 1876.

Manifestando una forte attrattiva per la vita missionaria dai primi anni di sacerdozio, Scalabrini ne fece il fulcro della sua azione pastorale nella popolosa chiesa di San Bartolomeo alla periferia di Como, di cui fu nominato parroco nel 1870, e, quando Pio IX lo nominò vescovo di Piacenza nel 1876, a soli 36 anni, egli impresse subito alla diocesi un indirizzo pastorale innovatore, operando su due direttrici convergenti: la formazione del clero e l’istruzione del popolo. Organizzò l’insegnamento del catechismo in forma di scuola, anche per gli adulti. Nel 1876 fondò il Catechista Cattolico, la prima rivista catechistica italiana, diventata poi nazionale, e realizzò nel 1889 il primo Congresso Catechistico al mondo da cui uscì un testo catechistico unico, l’istituzione della cattedra di catechetica nei seminari, la compilazione di manuali per catechisti, la diffusione di biblioteche catechistiche circolanti. L’attività missionaria si espresse innanzitutto come fedeltà al mandato originario della tradizione apostolica: istruire religiosamente per educare cristianamente. Eppure il carisma di Scalabrini si distinse sopratutto per la capacità mostrata nel comprendere e condividere i problemi degli operai e dei contadini della diocesi di Piacenza, tanto da dare impulso a diverse iniziative di previdenza e mutuo soccorso come la fondazione nel 1879 di un Istituto per l’assistenza e la scolarizzazione delle sordomute.

Il vero punto di svolta nella sua già intensa attività missionaria avvenne quando egli ebbe modo di conoscere da vicino i problemi umani, sociali, morali, giuridici e religiosi di numerosi migranti interni stagionali che si recavano ogni anno da Piacenza nelle province piemontesi e lombarde per la monda del riso: ne risultavano nel 1892 emigrati più di 28.000, su un popolazione di circa 260.000 abitanti. A Scalabrini fu subito chiaro che l’assistenza a favore degli emigranti dovesse essere integrale: partire dall’azione religiosa per arrivare alla tutela morale, sanitaria e sindacale. A tal fine fondò a Piacenza nel 1887 un Istituto di missionari dedito all’assistenza degli italiani emigrati, a cui egli, il 15 marzo del 1892, diede il nome di Missionari di San Carlo. Il 14 novembre del 1887 Leone XII con il breve Apostolico Libenter agnovimus approvò la fondazione in Piacenza dell’Istituto di uomini consacrati nell’apostolato a favore degli emigrati nel mondo. La casa madre dell’Istituto, nella quale venivano formati i missionari, fu denominata Istituto Cristoforo Colombo in onore di colui che, oltre ad essere eccelso navigatore, seppe portare la fede attraverso il mare.

Su quale concezione del fenomeno migratorio mons. Scalabrini fondò un’attività missionaria impostata con tanto rigore e indubbia temerarietà? Nella Regola di Vita dell’Ordine preparata dal beato sta scritto che: «l’emigrazione è buona e spontanea, essendo una delle leggi provvidenziali che presiedono ai destini dei popoli e al loro progresso economico e morale; buona, perché è una valvola di sicurezza sociale; perché apre i sentieri della speranza, e qualche volta della ricchezza, ai diseredati; perché offre concrete possibilità alla diffusione del Vangelo, allargando il concetto di patria oltre i confini materiali e politici, facendo patria dell’uomo il mondo». Oltre che constatare come la miseria e l’ingiustizia non ne fossero le cause esclusive, dunque, il fenomeno migratorio era considerato espressione di un diritto inalienabile della persona «perchè concorre alla realizzazione di una società in cui convivano persone di razze e ceti sociali diversi, in una comune esperienza di tolleranza, libertà e dignità umana». Secondo Scalabrini, «a tutti doveva essere garantita libertà di emigrare» ma –  come ebbe a sostenere durante numerose conferenze in varie città d’Italia – «le leggi dovevano bandire del tutto la libertà di far emigrare», cioè «l’emigrazione indotta da agenti di emigrazione senza scrupoli, veri sensali di carne umana».

L’interesse di Scalabrini non si limitò al fenomeno migratorio italiano, abbracciando l’esigenze di tutti gli emigrati cattolici nel mondo. Coinvolse nell’Opera di assistenza agli emigrati anche Madre Cabrini e le sue Suore, il cui primo gruppo partì per New York nel marzo del 1889. Nel 1895 diede vita, con lo stesso scopo, a un Istituto religioso femminile che assunse il nome di Suore Missionarie di San Carlo. Per sensibilizzare l’opinione pubblica divulgò dati e fatti del fenomeno migratorio e tenne conferenze in tutta Italia, alternando lunghe visite pastorali ai missionari e agli emigranti negli Stati Uniti, nel 1904, poi in Brasile. Avendo a cuore la tutela umana, sociale e legale dell’esule, stimolò anche il sorgere di locali Comitati di patronato, specialmente nei porti d’imbarco e di sbarco. Nelle vicinanze del porto di Genova, nel 1888, fu istituito un ricovero in cui gli emigranti potessero trovare ospitalità, aiuto nel disbrigo delle pratiche previe all’imbarco, possibilità di incontrare persone amiche, sostegno morale e assistenza sanitaria. Sempre nel porto di Genova, coadiuvato dall’aiuto del missionario P. Francesco Zaboglio, Scalabrini si distinse per un particolare impegno nella lotta contro gli agenti dell’emigrazione che spogliavano il povero emigrante prima in Provincia, poi al Porto e infine sulle navi.

Il 9 novembre 1997, festa della dedicazione della Basilica Lateranense, papa Giovanni Paolo II proclama beato il vescovo e monsignore Giovanni Battista Scalabrini, fissandone la memoria liturgica al primo giugno, data della sua morte.

Pochi mesi prima di morire, il 1 giugno del 1905, da poco rientrato dal Brasile, Scalabrini presentò un lungo memorandum per la Santa Sede nel quale esprimeva la proposta che venisse creato un Dicastero pro emigratis catholicis. Si decise anche ad apportare al Regolamento dell’Istituto una modifica essenziale, introducendo i voti perpetui, da lui ritenuti necessari per una consacrazione completa e definitiva dei missionari al servizio degli emigrati. Dopo la prematura morte del fondatore, l’Istituto conobbe momenti di difficoltà ma, con il tempo, dopo una serie di interventi da parte della Santa Sede, durante il Capitolo generale del 1963 rinacque più forte, allargando il servizio missionario, fino ad allora diretto solo agli emigranti italiani, anche a quelli di altre nazionalità e a tutte le forme di emigrazione. Attualmente i religiosi scalabriniani sono 720 e sono presenti in 21 nazioni [www.scalabriniani.org – consultato: 19/01/2019]. Nel loro apostolato, oltre all’azione pastorale strettamente intesa, rientrano opere sociali di particolare rilievo: centri di prima accoglienza e di assistenza ai migranti più poveri; centro di studi migratori, pubblicazioni di riviste scientifiche, periodici, giornali; case di emigrati anziani; scuole; stazioni e programmi radio; assistenza ai marittimi; uffici di consulenza legale per i migranti.

Su tutto e tutti svetta ancora oggi la concezione del fenomeno migratorio pensata dal Fondatore, luminosa come un faro di carità sapiente per orientarsi nel mare di carne umana in cui affogano i nostri tempi: «La stessa finalità apostolica della nostra missione ci spinge a promuovere la salvezza integrale dell’uomo. Perciò diamo ai migranti, oltre all’assistenza spirituale, il nostro aiuto umano, sociale e culturale. Denunciamo le cause dei mali che li affliggono e lottiamo per eliminarle e per promuovere la loro comunione e partecipazione alla comunità che li accoglie. [Regole di Vita, 7]