Salvataggio migranti Sea Watch: “Quello che conta è la vita umana”
"Non è possibile – ammonisce Luca Negro - lasciare ai singoli Stati la responsabilità di gestire questa situazione. Non ci sarà soluzione, se non con un accordo e una progettualità comune di tutti i Paesi dell’Unione europea"

«Alcuni politici hanno tentato di dire più volte “salvataggi in mare no, perché in questo modo ci si collude con i trafficanti del mare e corridoi umanitari sì”. Noi invece rispondiamo “guardate, che si tratti di corridoi umanitari o di persone salvate in mare, quello che conta è la vita umana”».
Lo ha affermato stamani, intervistato dall’agenzia di stampa Sir, il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) Luca Negro, spiegando il motivo che ha spinto la Federazione e la diaconia valdese a farsi carico di una decina di profughi della Sea-Watch: «Il fatto – osserva – che siamo noi, con la Comunità di Sant’Egidio, a promuovere i corridoi umanitari e sempre noi ad avere l’onore di accogliere queste persone naufraghe in mare, dà un senso di continuità a diverse forme di solidarietà».
Alcune persone andranno a Scicli, in Sicilia, dove la Federazione ha una struttura. Altre saranno collocate in strutture della diaconia valdese: «Non abbiamo ancora deciso precisamente dove – precisa Negro -, perché prima di trasferirle vogliamo conoscere le persone e capire le esigenze. Il tutto sarà realizzato senza oneri dello Stato, ma grazie all’8xmille della Chiesa valdese e con la solidarietà internazionale delle nostre Chiese».
Dunque, tutto è bene quel che finisce bene?: «Sì e no – replica il presidente della Fcei -. Credo, cioè, che noi abbiamo inflitto un’inutile sofferenza a un gruppo di persone che potevano, probabilmente, evitare di stare 20 giorni in mare. Poi resta da capire cosa succederà alle altre persone che rischiano di essere naufraghe in mare. Sembra che qui la soluzione sia quella di fare pressione sulle Ong, perché rinuncino a questa operazione di salvataggio in mare».
E anche la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, invoca un protagonismo maggiore dell’Unione europea nella gestione dei salvataggi in mare: «Non è possibile – ammonisce Luca Negro – lasciare ai singoli Stati la responsabilità di gestire questa situazione. Questo rimbalzo continuo di responsabilità non può continuare. Noi crediamo, quindi, che bisogna puntare ad una soluzione sul piano europeo. Questo è il futuro. Non ci sarà soluzione, se non con un accordo e una progettualità comune di tutti i Paesi dell’Unione europea».