Migranti, tre interrogativi per capire che Società stiamo costruendo

Sono state migliaia le adesioni nelle piazze fisiche delle città e in quelle digitali dei social all’iniziativa di Libera, Gruppo Abele, Arci, Anpi, Legambiente a cui si è unita anche l’Azione Cattolica. Una manifestazione in cui siamo stati tutti invitati ad indossare una maglietta rossa per lanciare il messaggio “Fermiamo l’emorragia di umanità”, un gesto simbolico per ricordare le migliaia di bambini morti in mare negli ultimi anni insieme a tutti coloro che cercavano una vita migliore attraversando con disperazione il Mediterraneo: una maglietta rossa, come spiega Don Luigi Ciotti, con cui «arrivano tanti bambini, vestiti così dalle madri nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori».
Di contro, l’iniziativa ha visto la sua nemesi nelle polemiche sollevate da chi quel gesto proprio non lo ha sopportato. Dalla politica e dalla Società civile sono montati cori di fastidio e accuse di ipocrisia, fiumi di biasimo e invettive veicolate dalle più recenti opinioni dal sapore vetusto a cui la Storia ha già dato la sua severa condanna.
Al dolore della morte si aggiunge quello inferto da chi, pur ricoprendo posizioni autorevoli e capaci di influenzare l’opinione pubblica, non si cura delle conseguenze dei propri atti, dichiarazioni, proclami, giustificando il proprio pensiero con sciatta dietrologia, come ad allontanare le immagini di quei corpi senza vita in balia delle correnti, autoassolvendosi per passare oltre, senza guardare.
Oggi, nel qui ed ora, la nostra Società ci sta offrendo l’opportunità di capire chi siamo, ci sta chiedendo di scegliere da che parte stare, niente più ambiguità, nessuna ignavia. Scegliere, farlo in fretta e assumersene la responsabilità.
“Domani sarò ciò che oggi ho scelto di essere” scrive James Joyce in Poesie da un soldo e proprio da qui bisogna partire, per capire chi oggi siamo come cittadini, comunità cristiana, membri della società civile ed esseri pensanti, riflettendo sulle risposte ai tre seguenti interrogativi:
Davvero vogliamo ridurre ad un gioco politico-ideologico il dramma dei naufragi e delle migliaia di uomini, donne e bambini morti in mare?
Che fine ha fatto l’empatia, quel sentimento che di fronte alla sofferenza e alla morte ci fa dire “Adesso basta”?
Vogliamo davvero consegnare alle generazioni future un mondo ed una società ineducata alla solidarietà, votata all’indifferenza e all’odio capzioso di chi vorrebbe muri di xenofobia e razzismo?